La Giornata della Terra è un evento importante non un’esibizione
22 Aprile 2012
Ogni essere umano, a prescindere dalla sua etnia, sesso, salario, o zona del mondo dove vive ha il diritto morale a vivere in un ambiente sano, equilibrato e sostenibile.
Fu in forza di questo principio che il 22 aprile del 1970 20 milioni di cittadini americani si radunarono in una manifestazione di massa rimasta alla storia per la difesa del pianeta. Un movimento universitario inizialmente minoritario ed elitario era riuscito a fare breccia nella coscienza di molti, risvegliando sensibilità e convinzioni poco attente al problema in precedenza.
Da allora, ogni anno la manifestazione si ripete nella speranza di tenere alta l’attenzione dei cittadini e coinvolgere di conseguenza i politici. Vede la luce la Green Generation e con lei, nel 2009, la campagna per arrivare a una società a basso contenuto di carbonio, che utilizzi massicciamente le energie rinnovabili, riducendo per poi annullare del tutto la dipendenza dai combustibili fossili.
E’ il sogno dello sviluppo di un’economia verde che, attraverso l’acquisizione personale di una coscienza educata al consumo responsabile e sostenibile, aiuti lo sviluppo delle popolazioni meno favorite creando milioni di posti di lavoro “verdi”.
Utopia? Realtà di lungo termine? E’ difficile poter dare un giudizio senza rischiare di farsi condizionare, magari in maniera inconscia, dalle proprie convinzioni tecniche, ambientali e, se vogliamo, anche politiche. Si perché purtroppo, e spesso soprattutto in Italia, l’appartenenza o la vicinanza etico-culturale ad un partito condiziona a priori anche le scelte ambientali che dovrebbero, invece, avere valori più alti e trasversali perché coinvolgono valori comuni a tutti senza distinzione di colore o di credo.
Oggi, 22 Aprile, cade per il 2012 la giornata della Terra e ci si aspettano feste e ovazioni su tutto il pianeta; a Napoli addirittura è previsto un megaconcerto così come in molti altri paesi, quasi che la rappresentatività dell’evento (come in molti altri casi) sia appaltata contrattualmente all’esibizione di gruppi rock; apparentemente unici depositari di verità ambientali che dovrebbero essere di tutti e obbiettivo non secondario della classe politica di ogni paese civile.
Ma anche questo fa parte della mediatizzazione di ogni evento importante dove, non si comprende per quale ragione, chi ne avrebbe il dovere si defila appaltando ad altri la sensibilizzazione del “popolo” per di più adottando la via dei circenses: petardi sfavillanti che si spengono nello spazio di una notte e lasciano inalterati i problemi senza fornire soluzioni.
Devo dire che è il concetto stesso della “giornata di qualcosa” che mi lascia perplesso, per l’esperienza che mi porto addosso da troppi anni.
Da piccoli, negli anni 50’ si festeggiava la “giornata dell’albero” e noi delle scuole elementari eravamo accompagnati in qualche zona più o meno desolata delle nostre città dove ci facevano piantare un alberello stento alto pochi centimetri che avrebbe dovuto rappresentare “uno dei tanti” di quel giardino programmato per crescere negli anni: il verde pubblico.
Sono tornato da adulto in quei posti e di verde ne ho visto poco di solito, ma cemento e abitazioni spesso mal fatte molte ne ho viste molte.
Ora il problema ambientale esiste, colpisce le società più evolute ma anche e soprattutto quelle che pudicamente chiamiamo in via di sviluppo; con una differenza che noi ne siamo coscienti e ci possiamo permettere il lusso di porci il problema ambientale cercando di combattere le storture derivate dal nostro stesso sviluppo. Gli altri invece no; la loro condizione è tale che il problema è intrinsecamente di secondo ordine rispetto alla fame, alla mancanza di acqua potabile, alle malattie endemiche, alla povertà. Molto è stato fatto ma ancora di più è da fare: basta guardare i parametri ambientali dell’Africa sud-sahariana, del Corno d’Africa, per non citare che i casi più eclatanti.
E in questi casi, per citare le parole degli intellettuali locali più impegnati come l’economista Dambisa Moyo, quarantenne nata e cresciuta in Zambia, figlia di un minatore sudafricano, con studi a Harvard e Oxford e oggi a capo della Indo-Zambia Bank dopo molti anni passati da analista alla Goldman Sachs: “signori occidentali vi prego di smetterla con gli aiuti, ci fanno male, creano corruzione e impediscono lo sviluppo”. Lo stesso concetto del proverbio cinese che dice che se dai un pesce a un povero lo aiuti per un giorno, se gli insegni a pescare lo aiuti a vivere.
E’ in questo contesto che la giornata della Terra, se affidata soltanto ai circenses, non servirà a nulla, uno dei tanti eventi effimeri dei quali è costellata la nostra esistenza.
Se invece rappresenta un momento di riflessione e di rilancio di un percorso pianificato per fare cose e durare nel tempo, allora rappresenta qualcosa di concreto che va sostenuto.
Le cose stanno cambiando, le malattie endemiche si stanno combattendo e si riduce il loro peso, la povertà regredisce così come la mortalità infantile; ma non dappertutto e ancora oggi più di un miliardo di persone, un settimo della popolazione mondiale, vive in condizioni subumane mentre in giro si festeggia l’ambiente al suono di musica rock.
C’è da percorrere molta strada ancora anche se la direzione assunta è quella buona e molti paesi la hanno anzi imboccata prima e meglio di altri; il così spesso deprecato sviluppo, pur con le sue storture, che vanno decisamente corrette, sta portando benessere riducendo il gap storico tra i paesi.
Però sarebbe un errore se gli occidentali pensassero di essere gli unici a possedere la verità e quindi volessero imporre a priori scelte e modelli che gli sono propri a realtà che andrebbero aiutate nel rispetto della loro storia e delle loro tradizioni.
Se nessuno si ergerà a maestro al di sopra degli altri ma accetterà e si farà promotore di un rapporto diverso, consapevole che c’è sempre qualcosa da imparare, e soprattutto se si abbandonerà una volta per tutte la filosofia della carità pelosa, dell’aiuto accondiscendente, il balzo in avanti sarà forte e molto sostenuto: forse non saremo noi a vederne i risultati e i benefici che ne conseguiranno, ma avremo lasciato alle generazioni future un segnale concreto di civiltà, per una volta.
Finirà il buonismo del Natale e la melassa che scroscia a fiumi in quei giorni dappertutto per scomparire al termine della digestione del cenone: si smetterà finalmente di essere tutti più buoni per un giorno o due, ma si potrà diventare più seri e concreti per sempre.