La Giustizia di Di Pietro è sgradita anche al Pd

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La Giustizia di Di Pietro è sgradita anche al Pd

La Giustizia di Di Pietro è sgradita anche al Pd

E’ molto probabile che, agli
albori della sua discesa in campo, Antonio Di Pietro sperasse, non senza
fondamento, di diventare presto Presidente del Consiglio. All’inizio degli anni
’90 era l’uomo più popolare d’Italia, molto di più di quanto oggi Grillo riesca
anche solo ad immaginare. Apriva tutti i giorni le edizioni dei telegiornali e,
avvolto nella sua toga, dal Tribunale di Milano, incarnava la promessa di
liberare il Paese dalla corruzione e dal malcostume dei politici.

Molti tra coloro che oggi lo
contestano più aspramente, trovavano genuini i suoi modi rustici di condurre
gli esami dei testimoni o di interloquire con la stampa e spesso erano
addirittura ammiratori di quel taglio un po’ naif della sua sintassi.

Non è escluso che, mentre
lasciava la magistratura, Tonino non avesse in mente Palazzo Chigi, ma
addirittura il Quirinale.

Circa quindici anni più tardi le
iniziali speranze dell’odierno leader dell’Italia
dei Valori ci appaiono tanto vane, quanto lontanissime, se è vero che il suo
partito, alle prossime elezioni, raggiungerà al massimo al 2,5% ed ha di fronte
a sé la prospettiva concreta di far parte del Parlamento solo grazie alla
discussa alleanza con  il Partito
Democratico.

L’ex Pm ha comunque avuto una
carriera politica di tutto rispetto, alla Camera prima ed al Senato poi, nonché
alla guida di due diversi Ministeri. Nel tempo, tuttavia, è stato costretto a
calibrare le proprie ambizioni all’effettivo peso elettorale del suo partito ed
ha preso a coltivare quantomeno il sogno di vedersi assegnato l’incarico di
Guardasigilli.

Un sogno già frustrato da
Romani Prodi, che gli preferì addirittura l’odiato Clemente Mastella, ed oggi
definitivamente infranto da Walter Veltroni.

Di Pietro, infatti, si è pubblicamente
lamentato, scatenando l’ennesima polemica all’interno della compagine guidata
dell’ex Sindaco di Roma, dei veti
incomprensibili ed inaccettabili
che il Pd avrebbe posto sull’ipotesi del
suo impegno a via Arenula, in caso di vittoria alle prossime lezioni.

Costernato e affranto l’ex Pm
ha dichiarato di non riuscire a comprendere questa nuova bocciatura ed ha
ribadito che il suo obbiettivo è soltanto di
far funzionare la macchina della Giustizia per ripristinare in questo Paese la
certezza della pena
.

In realtà, Di Pietro, pur non avendo
mai rivestito l’incarico di Guardasigilli, ha avuto modo di dare spesso sfoggio
delle sue personalissime e ben più articolate idee di politica giudiziaria.

Nelle molteplici uscite
dell’ex ministro delle infrastrutture, il tratto comune è, infatti, sempre stata
l’impostazione giustizialista, talmente esasperata da alienargli già in passato
le simpatie dei suoi stessi alleati.

Basti pensare a ciò che è
successo nei pochi mesi del Governo Prodi, con le sue continue incursioni sui
temi giudiziari che hanno sollevato le proteste dell’estrema sinistra, poco
incline a condividere il suo sprezzo per le garanzie processuali, e,
soprattutto, hanno dato vita a continui contrasti con Mastella, mal tollerato,
ma legittimo inquilino di via Arenula.

In effetti, il rapporto con il
leader dell’Udeur, ha stentato a
decollare sul piano personale, prima ancora che politico, e non poteva essere
altrimenti, con Di Pietro che dava di continuo l’idea di non essere disposto ad
accettare come Ministro di Giustizia nessuno che non fosse Di Pietro stesso.

I veti che adesso lo fanno alterare nuovamente, rendono
definitivamente chiaro per tutti che l’idea dipietrista
del mondo della Giustizia non è gradita nemmeno al Partito Democratico.

Mai come questa volta,
tuttavia, le polemiche dell’ex Pm appaiono legittime e fondate. Era, infatti,
sin troppo evidente che le aspettative dell’Italia dei Valori fossero rivolte
in quella direzione e lo stesso Veltroni le aveva energicamente avallate,
quando aveva deciso di concedere al solo Di Pietro il privilegio dell’alleanza,
negato ai vari Bertinotti, Pecoraio e Diliberto.

Tutto sommato è naturale che
il Pd osteggi una visione della politica giudiziaria che individua solo nel Pm
la figura chiave del mondo della Giustizia, senza tenere in considerazione non
solo giudici e avvocati, ma nemmeno gli stessi cittadini. Di sicuro però, non è
corretto che Veltroni rinneghi le idee di Di Pietro, senza rinunciare ad
accaparrarsi i voti che l’ex Ministro delle infrastrutture porta in dotazione

Resta il fatto che è ormai assolutamente
certo che, nella prossima legislatura, Antonio Di Pietro non farà il Ministro
di Giustizia. A leggere i sondaggi, peraltro, sembra quantomeno improbabile anche
che lo stesso Walter Veltroni coroni il suo sogno di guidare il Governo.

Entrambi, tuttavia, sono
riusciti a far sapere in tempo agli italiani che, in un caso, come nell’altro,
non c’è assolutamente niente da rimpiangere.