La globalizzazione finisce a Utoya (dopo Londra e Madrid)

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La globalizzazione finisce a Utoya (dopo Londra e Madrid)

24 Luglio 2011

"Rampage" è una parola inglese del XVIII secolo, dalla radice "ramp" più "age". Si riferiva originariamente al muoversi eccitato e ingovernabile degli animali, poi ha indicato un comportamento umano violento, l’aggirarsi infuriati (e ben armati) per strada uccidendo gli innocenti che ti capitano a tiro. Come fa Bill Williamson, il 22enne protagonista dell’omonimo film di Uwe Boll (Rampage, 2009) che un bel giorno indossa un’armatura in kevlar, imbraccia un fucile mitragliatore e si trasforma in una macchina omicida. Era anche il titolo di un celebre videogame degli anni Ottanta, in cui il giocatore guidava tre enormi mostri alieni alla distruzione di New York.

Anche quello di Anders Behring Breivik è stato un "rampage", una strage che si è consumata in poche ore tra il centro di Oslo e l’isolotto di Utoya dove i giovani laburisti, come per tradizione dagli anni Settanta, si incontrano per rinnovare il mito della società aperta, plurale e multiculturale. Si è presentato lì travestito da poliziotto e ha collezionato 93 morti, decine di feriti alcuni in fin di vita. Il peggior evento di sangue della storia norvegese moderna. Gli esperti di assassini seriali li chiamano "spree killer" perché riescono a colpire in posti diversi con sorprendente rapidità, muovendosi seguendo un piano ben architettato. I fortunati sopravvissuti che hanno visto Breivik in azione lo descrivono calmo, quasi sereno durante l’eccidio. Con la stessa lucidità si è arreso agli SWAT norvegesi quando finalmente sono riusciti a bloccarlo.

Breivik, 32 anni, che tramite il suo avvocato ha già definito il suo gesto "necessario", è un amante dei videogiochi. Entrava frequentemente nell’universo fantasy di World of Warcraft popolato dai guerrieri dell’Alleanza e dall’Orda e qui trascorreva ore viaggiando con la fantasia, connesso in Rete con altri 10 milioni di utenti. Secondo gli esperti dell’antiterrorismo, World of Warcraft è uno strumento prezioso per capire come si muovono e si organizzano i terroristi su Internet ed è probabile che Breivik abbia fantasticato sul suo piano mentre smanettava orgasmaticamente davanti al computer.

Per capire cos’è scattato a un certo punto nella sua testa bisogna partire da questa sovrapposizione tra realtà e videogame, vita quotidiana e mondo fantastico, in una miscela dell’orrore dove si mescolavano Odino e i riti nordici paganeggianti assimilati dal cristianesimo protestante, la passione per l’esoterismo e la militanza nei gruppi dell’estrema destra norvegese, Machiavelli, Orwell, i filmati su YouTube in cui vestito da sub impersonava un cavaliere templare.

Aveva scritto un memoriale lungo millecinquecento pagine intitolato "2083, la Dichiarazione d’Indipendenza dell’Europa" (dal dominio islamico, ovviamente), a firma di Andrew Bernick, versione anglicizzata di Anders Breivik. "Il terrorismo serve per risvegliare le masse", annotava nei suoi appunti evocando una guerra civile europea, "sarò ricordato come il più grande mostro dopo la Seconda Guerra mondiale". Ma nei memo della intelligence norvegese, come emerge dalle prime dichiarazioni del governo, sproloqui del genere venivano sottostimati dinanzi al rischio dell’islamismo.

Viveva nella parte ricca di Oslo ma si divideva con la grande casa padronale nella "contea", bianca come il grande inverno norvegese, dove produceva cibo biologico. Qui negli ultimi mesi ha accumulato l’enorme quantità di fertilizzante utile a riempire l’autobomba che poi ha fatto esplodere nella capitale, falciando una mezza dozzina di vittime e colpendo i palazzi del governo. Su Facebook si definiva "single, cristiano e conservatore" ma considerava Benedetto XVI un "codardo" che si era arreso all’islam ("Fuggire dalle logiche del male", ha chiesto il Papa commentando i fatti norvegesi, "la nostra risposta alla enormità del male sarà più democrazia e umanità", così il premier norvegese Stoltenberg).

Aveva militato nelle fila del Partito del Progresso, una formazione della destra populista norvegese e più di recente cercava sponde nella galassia delle nuove destre europee: con il SIOE, un gruppo anti-islamico con sede a Londra; con i "Veri Finlandesi", a cui avrebbe inviato copia del suo memoriale il giorno prima dell’attacco; con il PVV di Geert Wilders, l’uomo politico olandese che ha reagito immediatamente alla notizia definendo il giovane "uno psicopatico". Nel suo ultimo messaggio di posta elettronica ha elogiato la crescita di consensi verso la English Defense League, un’altra formazione di estrema destra del Regno Unito che si è distinta per le sue marce antislamiche: "L’EDL è un esempio per combattere chi molesta i consevatori norvegesi", scriveva, esaltato dalla capacità degli inglesi di "ingaggiare" con atti dimostrativi e provocazioni i gruppi musulmani e di estrema sinistra.

Odiava la classe dirigente laburista che nei decenni scorsi in Norvegia ha costruito una società multiculturale aperta alle comunità musulmane che oggi rappresentano la prima minoranza religiosa nel Paese. Odiava l’islam e considerava l’Unione Europea una specie di nuova Unione Sovietica. Il suo nazionalismo esasperato e una idea deformante della fede religiosa hanno fatto cortocircuito con la dimensione fantastica, i videogame e le cospirazioni, creando un nuovo esempio di perdente radicale che scatena le sue frustrazioni cultuali in un bagno di sangue.

Come a Tucson o in Texas (ieri un uomo ha ucciso 5 persone in una pista di pattinaggio dopo aver litigato con la moglie) ma con un livore organizzativo ben più elevato in termini di vittime: quello di Oslo è stato il più grave attacco terroristico sul suolo europeo dopo gli attentati di Al Qaeda alla stazione di Madrid, il doppio dei morti alla metropolitana di Londra.

Con Breivik siamo di fronte a un prodotto degli essenzialismi pseudo-religiosi della nostra epoca: Odino contro l’islam, Odino come l’islam, uniti dall’idea che la società aperta vada combattuta, che ognuno debba starsene a casetta sua perché fra identici è meglio, che la mobilità, l’integrazione e i mercati vanno avversati e che la globalizzazione è una cospirazione contro l’uomo della strada. Se questo è il background del terrorismo contemporaneao, compito delle democrazie liberali sarà quello di sfuggire alla morsa dei manicheismi, all’Alleanza come all’Orda, per salvare il mondo che conosciamo dal fanatismo frutto della disperazione romantica che l’Occidente non mai ha saputo sanare. 

Compito delle autorità norvegesi è invece quello di capire fino in fondo cosa è accaduto la settimana scorsa e quali saranno le conseguenze della strage compiuta da Breivik. Subito dopo l’attacco la Norvegia ha ristabilito le sue frontiere e sospeso Schengen. Durante una visita del premier ad Atoya, la polizia ha fermato un ragazzo che aveva cercato di avvicinare l’uomo politico; il giovane aveva un coltello e prima di essere portato via ha detto di appartenere ai laburisti presenti sull’isola, spiegando che girava armato per difendersi dopo l’accaduto. Sabato pomeriggio, un nuovo allarme per una bomba ha scosso Oslo. Oggi sono stati arrestati e subito rilasciati 6 sospettati di aver partecipato al massacro, ma viene confermata la versione di alcuni testimoni che parlano di un "secondo uomo" sull’isola di Utoya. Il governo fa sapere che l’intelligence lavora con gli investigatori di altri Paesi europei per valutare la possibilità dell’esistenza di una cellula ancora attiva dopo l’attacco.

Oggi il "crociato" dovrebbe apparire dinanzi a una corte. Ha chiesto un "processo pubblico" ben sapendo come sfruttare le debolezze di una società giusta e garantista che invece di appenderlo sulla pubblica piazza lo arresta, lo consegna al suo avvocato difensore, gli permette addirittura di chiedere qualcosa. Ma sì, lasciamogli fare un discorso ai norvegesi, lasciamo che evochi in tribunale la rivoluzione che ci libererà dall’islam. Garantiamo anche a lui e fino in fondo la libertà di parola. Magari qualcuno penserà pure che ha fatto bene ad ammazzare decine di ragazzi (su Facebook ci sono già 27 idioti che hanno creato una fan page per "Uccidere tutti quelli che odiano Anders Breivik"). Se invece siamo in guerra, ed è una guerra contro il terrore, apritegli le porte di Guantanamo e vediamo di capire veramente se era un "lupo solitario".