La Gran Bretagna di Brown ripensa l’alleanza con gli Stati Uniti

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La Gran Bretagna di Brown ripensa l’alleanza con gli Stati Uniti

10 Maggio 2007

Durante il
discorso tenuto in occasione della visita della regina inglese a Washington, il
presidente Bush ha messo in risalto i tanti legami storici che uniscono gli
Stati Uniti con il Regno Unito. Ha parlato delle radici comuni del sistema
giudiziario e politico dei due paesi, che ha come fondamento la Magna Carta e
le idee del filosofo seicentesco John Locke, per finire con la comune difesa
della libertà a Kabul e Baghdad. Al tempo stesso, però, Bush ha sottaciuto il
fatto che la stretta alleanza tra i due paesi sta per entrare in una fase critica.
Con il prossimo avvicendamento a Downing Street tra Tony Blair e Gordon Brown,
il rapporto tra Washington e Londra potrebbe complicarsi.

In
un’intervista rilasciata alla BBC già nel mese di gennaio, Brown ha
sottolineato che la vittoria sul terrorismo avverrà sul campo della propaganda
e non su quello militare. Secondo Brown, l’Occidente dovrebbe concentrare i
suoi sforzi nella campagna per la conquista “dei cuori e delle menti” delle
popolazioni musulmane, mettendo in dubbio la validità di un impegno
strettamente militare. In passato Brown non ha mai fatto mancare il suo
sostegno alla politica estera di Blair ma in ragione del fatto che sarà lui a guidare
il partito laburista alle prossime elezioni, ha cominciato ha esprimere alcune
riserve sulla politica americana per evitare di perdere consensi  data l’impopolarità della guerra in Iraq.
L’International Institute for Strategic Studies ha addirittura ipotizzato che
la vera ragione dietro il parziale ritiro delle truppe inglese dall’Iraq sia stata
proprio la pressione di Brown. La Gran Bretagna ha programmato il ritiro entro
l’inizio del 2008 di quasi 3 mila dei suoi 7 mila e 100 soldati. Nella stessa
intervista con la BBC, Brown ha messo in chiaro che la Gran Bretagna non
seguirà gli Stati Uniti in caso d’intervento militare in Iran.

Tuttavia, in
un articolo apparso sul quotidiano Independent,
si legge che le riserve di Brown sull’attuale politica estera degli Stati Uniti
sono ancora più pronunciate. Stando all’Independent,
Brown cercherà di dare una svolta strategica alla politica nei confronti di
Iran, Iraq e Israele. A quanto pare, Lord Levy, l’inviato personale di Tony
Blair in Medio Oriente, si è dimesso anticipando le intenzioni di Brown di
sollevarlo dall’incarico perché difensore troppo appassionato dello Stato
ebraico. Per di più, Brown avrebbe avvertito la necessità di dialogare direttamente
con l’Iran, coinvolgendo il governo di Teheran nelle discussioni per una
soluzione della questione irachena. Tony Blair, invece, non ha mai criticato il
governo Bush per aver ignorato le raccomandazioni dell’Iraq Study Group di
cercare il dialogo diretto con Teheran. Secondo Brown, invece, questo passo è
un indispensabile.

Se Brown
come primo ministro dovesse distaccarsi veramente dalla politica estera degli
Stati Uniti, la maggioranza nel suo partito ne sarà certamente contenta. L’alleanza
di Blair con Bush ha fatto arrabbiare la base dei laburisti e ha imbarazzato
alcuni ministri che erano visti come esponenti di sinistra. Più interessante,
però, sarà l’effetto sull’elettorato. Alcuni elettori di sinistra che
altrimenti si asterrebbero alle elezioni, su queste nuove basi ridaranno fiducia
al Labour Party. D’altra parte, però, non è certo che la guerra d’Iraq
costituirà ancora un tema elettorale centrale nella prossima campagna
elettorale. Sia Gordon Brown che David Cameron non avranno grande interesse a metterlo
in primo piano visto che entrambi hanno votato in favore della guerra nel 2003
e hanno preso a criticarla solo da poco.