La Grecia è salva. Ora però la Merkel ascolti le proposte Monti-Cameron

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La Grecia è salva. Ora però la Merkel ascolti le proposte Monti-Cameron

La Grecia è salva. Ora però la Merkel ascolti le proposte Monti-Cameron

21 Febbraio 2012

Il secondo pacchetto di aiuti internazionali necessario per tentare di fare uscire la Grecia dalla sua drammatica crisi economico-finanziaria è stato approvato ieri notte dall’Eurogruppo, dopo una estenuante trattativa. Il nuovo piano di aiuti varrà complessivamente 130 miliardi di euro e seguirà quello precedente, attuato nel 2010, pari a 110 miliardi di euro. I creditori privati hanno rinunciato a parte del proprio debito, per un ammontare totale di 107 miliardi. Grazie a questo piano, si calcola che il rapporto debito/Pil scenderà dall’attuale soglia del 160% a quella del 120% nel 2020.

La rinuncia al 53,5% del valore nominale dei titoli greci da parte dei sottoscrittori, che consentirà una riduzione di circa 100 miliardi dell’ammontare complessivo del debito di Atene, unito al taglio della componente interessi sui prestiti della prima tranche, a carico dei prestatori, e alla rinuncia, da parte della Bce, ai profitti sui titoli ellenici acquistati a partire dal 2010, si configura de facto come un vero e proprio ripudio del debito. A riprova del fatto, come si era scritto su queste pagine, che l’enorme massa di debito greco non aveva nessuna possibilità di essere ripagata completamente. Da qui, due soluzioni possibili: il default o il condono. L’Europa ha scelto la seconda strada.

Il primo piano d’aiuti del 2010, sbandierato in pompa magna dalla Unione Europea come la panacea a tutti i mali dell’economia ellenica, come sappiamo, si è risolto in una rovinosa debacle. L’economia di Atene, anziché migliorare, è peggiorata notevolmente. La contrazione del Pil è stata pari al 7% nel quarto trimestre del 2011, e l’economia greca è ormai entrata nel quinto anno di recessione. Il tasso di disoccupazione ha toccato il livello record del 20,9% (+48,7% su base annua) e un cittadino su quattro si trova ormai sotto la soglia di povertà.

Avrà il secondo piano una sorte migliore? Monti e la troika formata da Draghi, dalla Lagarde e da Rehn si dichiarano ottimisti, così come il premier greco Papademos. Ma guardando al passato, c’è ben poco da stare tranquilli. L’unica buona notizia, per Atene, è quella del condono del debito da parte dei sottoscrittori, che si sorbiranno le perdite nei loro bilanci. Per quanto riguarda il suo destino economico, invece, questo, almeno nel medio periodo, è segnato.

Le dirigiste manovre restrittive imposte dall’Europa, Germania in testa, non consentiranno alla Grecia di ritornare a crescere nei prossimi anni. E’ impossibile pensare ad una ripresa occupazionale, ad un miglioramento dei consumi o alla riduzione del numero di poveri, quando il governo impone continuamente, e sempre più aspramente, misure lacrime e sangue ai propri cittadini. L’effetto avvitamento, per effetto del quale le manovre recessive peggiorano l’andamento dell’economia che, a sua volta, crea di nuovo l’esigenza di effettuare altre manovre, e così via all’infinito, si è verificato. E’ un circolo vizioso dal quale non se ne esce.

Ora, l’approccio del rigore assoluto sui conti pubblici imposto dalla Germania vorrebbe essere esteso anche agli altri paesi del Mediterraneo. L’Italia ha già subito le prime conseguenze dell’effetto avvitamento, per via delle ultime manovre effettuate da Tremonti e Monti, che hanno provocato un deciso incremento della pressione fiscale e una conseguente riduzione del potere d’acquisto delle famiglie. E, esattamente come avvenuto per la Grecia, l’economia nazionale non ha tardato a presentare il suo conto salato. Proprio l’altro giorno, l’Ocse ha certificato l’entrata in recessione del Belpaese, il cui Pil nel quarto trimestre e’ sceso dello 0,7%, dopo il -0,2% del periodo luglio-settembre.

C’è un solo modo per evitare che l’intera area mediterranea finisca come la Grecia. Dire un "no" convinto e chiaro al rigore eccessivo imposto dalla Germania, che è risultata, grazie a questo, l’unica vincitrice dall’avvento dell’Euro, poiché, imponendo agli altri paesi manovre recessive, ha praticamente eliminato dalla scena competitiva i suoi potenziali concorrenti. Al contrario, va sostenuta la strada delle riforme, in primis quella fiscale e del lavoro, che permettano all’Europa di diventare la prima macroarea per volumi commerciali.

Meno regole, meno burocrazia, meno Stato, più business. E’ la linea sposata dal nuovo asse anglo-italiano-olandese, al quale hanno aderito quasi tutti gli altri stati europei, che proprio ieri hanno presentato una lettera d’intenti a Bruxelles, dove si afferma di voler mettere in cima alla lista delle politiche economiche gli obiettivi della crescita e del libero mercato. La Francia e la Germania non hanno firmato. La svolta in senso liberista può davvero considerarsi iniziata? Sarebbe la salvezza del Vecchio Continente. Per raggiungere questa, però, bisogna che anche Germania e Francia abbandonino la strada perdente finora percorsa.