La Guantanamo del sergente Manning

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La Guantanamo del sergente Manning

15 Marzo 2011

La Casa Bianca nei giorni scorsi è andata in tilt dopo le dimissioni, previste ma giunte in largo anticipo, del portavoce del Dipartimento di Stato, Phil Crowley. Intervenuto durante un dibattito al MIT di Boston, Crowley si era lanciato in un’appassionata difesa del sergente Bradley Manning, il nerd dell’esercito americano che ha svenduto la sicurezza degli Usa a WikiLeaks.

Manning è accusato, fra 34 capi di imputazione, di aver sottratto e diffuso 250mila cablogrammi segreti del governo e altri 380mila documenti riservati sulle guerre in Iraq e in Afghanistan, mettendo in grave imbarazzo Obama e Hillary Clinton di fronte alle cancellerie di mezzo mondo, oltre a compromettere la sicurezza delle truppe sul campo. Bradley rischia una condanna pesantissima.

Secondo il portavoce Crowley, il sergente traditore sta subendo un trattamento "stupido e controproducente" nel braccio di massima sicurezza della prigione di Quantico, in Virginia, dov’è stato rinchiuso dopo il cablogate. Crowley non si è pentito delle sue parole e ha riaperto una ferita mai chiusa nella coscienza degli americani: quella legata alle sevizie e alle torture a cui sono stati sottoposti i "nemici combattenti" degli Usa, da Guantanamo ad Abu Graib, da Bagram alle prigioni del Cairo.

E allora, leggendo l’accorato appello di Crowley ci saremmo aspettati di vedere le foto del sergente Manning con un cappuccio nero sulla testa e gli elettrodi attaccati agli organi genitali, mentre un agente polizia militare gli aizzava contro un feroce cane lupo. Pensavamo che lo avessero già steso sul lettino e dopo avergli bloccato mani e piedi qualcuno fosse pronto a versargli acqua in gola, simulando un annegamento, la procedura standard del waterboarding. Chissà quali terribili sevizie avranno usato a Quantico, ci siamo chiesti, pur di costringerlo a incastrare Julian Assange.

Ed eccola, la tortura, nel drammatico racconto dell’avvocato difensore di Manning: gli aguzzini hanno lasciato il sergente in mutande, di notte, al freddo. A volte, lo hanno stretto in una camicia di forza perché, dicono i referti, potrebbe aver perso il lume della ragione. Addirittura, e questa è senza dubbio la scopertà più raccapricciante, i suoi carcerieri lo tormentano sottraendogli gli occhiali da vista. Un terribile contrappasso per chi, con il risentimento tipico di una vecchia talpa attaccata al pc, ha trascorso mesi a rubare informazioni al governo del suo Paese.