La guerra fratricida nel Pd abruzzese e il ciclone Di Matteo

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La guerra fratricida nel Pd abruzzese e il ciclone Di Matteo

04 Maggio 2011

di V. F.

La lotta fratricida che si sta consumando all’interno del Pd abruzzese ha dell’incredibile. A pochi giorni dalla delicata prova delle elezioni amministrative c’è un “terzo incomodo” che rischia di sparigliare tutti i bei propositi del centrosinistra. Si tratta di Progetto Abruzzo, l’associazione di Donato Di Matteo, in passato personaggio di punta dei democratici, poi allontanato dalla “stanza dei bottoni”.

Una forza che si è abbattuta come un ciclone sul Pd e che non sembra intenzionata ad arretrare di un millimetro. Anzi, a quanto pare il prossimo passo sarà quello della trasformazione dell’associazione in una lista civica – c’è già il nome: “Abruzzo Riformista” – che punterà dritto alle elezioni regionali del 2013.

E ieri, come se non bastasse, il segretario nazionale dell’Udc Lorenzo Cesa, in tour elettorale in Abruzzo tra Roseto, Lanciano e Vasto, ha dichiarato che il suo partito alle amministrative regionali appoggerà i candidati del centrodestra. Una dichiarazione d’intenti motivata dal “rispetto per l’elettorato” e dalla “ricerca delle proposte migliori per la città”, e quindi “proponendo di votare le persone che hanno idee innovative, capaci di forza e chiarezza”. Con buona pace della coerenza, visto che al livello nazionale l’Udc è da tutt’altra parte. Evidentemente i candidati scelti dal centrosinistra non sono giudicati all’altezza del compito.

Tornando alla questione Di Matteo, ciò che più desta perplessità è che la vittima designata del suo progetto sarà proprio il Pd, perché è al suo interno che l’ex presidente del Cram andrà a recuperare consensi. E lo “scandalo” Picciano la racconta tutta: Di Matteo, con il suo seguito (non a caso in passato si è guadagnato l’appellativo di “mister 15mila voti”) ha dichiarato che appoggerà il candidato della coalizione opposta a quella del suo partito. Una doccia ghiacciata per il Pd che, preso dal panico, è arrivato addirittura a ipotizzare una sua espulsione dal partito. “L’espulsione non è una soluzione, né politica né umana. Non si può rispondere ad un errore commettendone un altro”, prova a ragionare il capogruppo regionale Camillo D’Alessandro. Ma non può nascondere la sua preoccupazione perché “chi sta dentro ad un partito – aggiunge – non può pensare di usarlo a fini personalistici, a discapito della linea generale”.

Ma è proprio quello che sta accadendo. Di Matteo è ancora membro ufficiale del Pd, ma non si comprende cosa stia tramando. Perché la sua iniziativa non va a rafforzare lo schieramento invece che indebolirlo?

L’ex sindaco di Pescara Luciano D’Alfonso, Alfredo Moroni e Marco Fanfani (due assessori della Giunta Cialente), i marsicani Gianfranco Tedeschi e Nicola Disegna. E ancora, i teramani Angelo di Donatantonio e Roberto Ricci e i pescaresi Angelo Ciarfella e Andrea Di Meo sarebbero già in trattativa. Insomma, somiglia proprio ad un incendio quello appiccato da Di Matteo, che rischia di bruciare tutto ciò che incontra.

Ma se in questa vicenda il centrodestra pensa di poter ridere sotto i baffi si sbaglia di grosso. Perché il fascino “suicida” delle liste civiche non ha lasciato indenne neppure il Pdl. In questi mesi sono spuntate qua e là nuove aggregazioni che, anche se con proporzioni diverse, proprio come sta accadendo nel Pd, piuttosto che allargare il consenso hanno rischiato di eroderlo dall’interno.

Il brutto spettacolo offerto dal Centrosinistra sia d’esempio: per vincere è importante il gioco di squadra. Se si condividono gli stessi valori, se si ha un obiettivo comune, restare uniti è un dovere. Anzi, di più. E’ una responsabilità.