La guerra in Libia vista dagli arabi

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La guerra in Libia vista dagli arabi

07 Aprile 2011

Gheddafi non ha mai riscosso eccessive simpatie da parte dei paesi arabi e forse è stato proprio questo sentimento a determinare il passo senza precedenti da parte della Lega Araba, quando ha chiesto all’ONU di intervenire in Libia e di attuare una No-fly-zone a protezione della popolazione civile. Oggi il mondo arabo guarda alla guerra di Libia con una varietà di sentimenti che vanno dall’aperta ostilità a Gheddafi, alla simpatia per gli insorti, fino all’indifferenza. In cima all’elenco dei nemici del regime libico c’è il Qatar, la cui famiglia regnante possiede la televisione satellitare Al-Giazira, che bersaglia Gheddafi e da lui viene ricambiata, anche colpendo i suoi uomini sul terreno, come il cameraman ucciso all’inizio di marzo da armati gheddafisti e come la troupe di giornalisti qatarini imprigionati a Tripoli.

Yusuf Al-Qaradaui, commentatore religioso, ha benedetto dagli schermi di Al-Giazira sia la rivolta contro il Colonnello che l’intervento della Coalizione contro di lui. Nessuna meraviglia, dunque, se il Qatar è l’unico paese arabo che partecipa con aerei da guerra all’imposizione della Nfz. L’Arabia Saudita è altrettanto ostile, dal momento che non dimentica che nel 2004 Gheddafi vi inviò una squadra con il compito di assassinare l’erede al trono, il principe Abdullah.

Il nuovo Egitto ostile ai dittatori non nutre simpatie per Gheddafi ma deve muoversi con prudenza, considerato che un milione di lavoratori egiziani si trovano in Libia, prevalentemente in aree controllate dal regime. Delicata la posizione del Bahrein, guidato da una monarchia sunnita che dà ospitalità alla Quinta Flotta Usa e che è teatro di sommovimenti da parte della componente sciita del paese vista con favore da Teheran. Il Bahrein si è sentito in dovere di protestare ufficialmente con il Libano a causa dell’incitamento di Nasrallah, capo di Hezbollah, nei confronti della popolazione sciita in subbuglio. Proprio per sedare quei tumulti, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti hanno inviato un paio di migliaia di paramilitari, senza peraltro causare eccessivo sconcerto fra i commentatori internazionali. L’intervento è stato approvato anche dalla Siria, alle prese con una rivolta interna soffocata nel sangue da parte delle forze di sicurezza, fra le quali qualcuno giura di avere notato elementi che parlavano farsi e militanti di Hezbollah. Analoghi problemi insurrezionali sono vissuti dallo Yemen, dove l’esercito si è prontamente schierato a fianco degli insorti.

Le prese di posizione sul conflitto libico dipendono anche dalla posizione geografica dei soggetti statali: mentre la lontana Giordania predilige la soluzione dei propri problemi interni, la confinante Algeria ha espresso dubbi sulla legittimità dei bombardamenti sulla Libia, che sembrerebbero andare oltre il mandato dell’Onu. In sostanza il mondo arabo e musulmano è percorso da un duplice movimento, uno antico e uno moderno: da una parte l’eterna lotta fra sciiti e sunniti e dall’altra l’inedita aspirazione alla libertà. Ne derivano nuove opportunità e realtà. E’ la prima volta che i paesi della sponda sud del Mediterraneo hanno la possibilità di creare un continuum di nuove democrazie arabe, ma soprattutto è la prima volta che il mondo arabo si agita per ragioni endogene anziché per coalizzarsi contro Israele.

(Tratto da Il Tempo)