La Lega chiede il referendum e il governo trema
30 Maggio 2008
Il fatto: la Lega ha chiesto il referendum popolare sul Trattato di Lisbona. La conseguenza: la Lega è antieuropea. Ne siamo sicuri? Se guardiamo alla proposta con le lenti dei parrucconi non ci sono dubbi, il partito di Umberto Bossi cerca la “rottura” con il Vecchio Continente, solo che il problema è da ribaltare perché in realtà siamo di fronte a un Continente Vecchio nel quale c’è bisogno di una “rupture”. Il risultato elettorale sembra aver insegnato pochissimo al centrosinistra e, a sentire le prime reazioni, anche al Popolo delle Libertà.
Non ci sono dubbi che quella della Lega sia una iniziativa politicamente scomoda ed è vero che passando dalla fase dell’opposizione a quella di governo le cose assumono un’altra luce e prospettiva. Siamo anche coscienti del fatto che le istituzioni abbiano bisogno di consolidamento e non di shock a ripetizione, ma è altrettanto palese che l’Europa è un gigante malato e che su questo male un partito come la Lega ha costruito la sua fortuna politica. E allora è venuto il tempo non di strillare e levare la vibrante protesta contro il Carroccio, ma di dare una risposta politica al tema che la Lega cavalca fin dai suoi albori.
Non dovrebbe sfuggire ai più attenti osservatori il fatto che la Lega fa la sua sortita alla vigilia del classico raduno di Pontida. Domenica su quel prato non si celebrerà affatto un evento folcloristico, ma una vera e propria rifondazione del partito. Avendo stravinto le elezioni e – per la prima volta nella storia politica del Paese – intaccato il potere dell’ex Pci nelle regioni rosse, la Lega sta continuamente riprogettando il suo futuro. Fa leva non sul sentimento antieuropeo, ma sulla diffidenza dei cittadini verso la burocrazia europea. Commissione Ue, Parlamento e Banca centrale europea sono diventati il bersaglio di un fiume carsico che vede in Bruxelles, Strasburgo e Francoforte le centrali di una politica economica e sociale inaccettabile per le classi medie e medio-basse del Paese.
Non si tratta di un problema meramente economico, ma politico e culturale. L’identità europea, la cittadinanza, i suoi diritti e e i suoi doveri, sono scarsamente percepiti. Un sondaggio della Gallup per Eurobametro, pubblicato nel febbraio del 2008, indica che il 48 per cento degli intervistati nell’Ue a 15 risponde di non essere ben informato sui diritti che derivano dall’essere cittadino europeo e solo il 28 per cento dichiara di esserne a conoscenza.
La Lega interpreta benissimo questa inquietudine e la trasferisce senza mediazioni sul terreno della politica. Il problema non è quello che fa il Carroccio, ma l’inazione degli altri partiti – di destra e di sinistra – su un tema così importante.
Si obietterà che l’iniziativa del partito di Bossi mina la solidità della maggioranza in politica estera e produce delle fibrillazioni che si possono evitare proprio nel momento in cui il governo si sta godendo la luna di miele con gli elettori. Anche qui, l’analisi non illumina l’altra faccia della luna e, soprattutto, non offre alternative alla lunatica risposta che i governi finora hanno dato al problema di cosa è l’Europa e cosa facciamo in Europa.
Il tempo dell’euroforia è finito da un pezzo e in questo intervallo fra illusione e disillusione nessuno si è chiesto che fare. Il patto di Maastricht è stato definito di volta in volta rigido e poi stupido, ma senza che sia stato minimanente scalfito. Nel frattempo la crescita di tutta l’Eurozona è colata a picco, le banche hanno mostrato il loro volto feroce con i mutui alle stelle e operazioni ben poco trasparenti sulla scia della bolla immobiliare, la politica agricola comune è naufragata, la politica energetica non è mai decollata e l’assenza totale di quella militare ha giustificato fino a oggi la sopravvivenza del detto kissingeriano “l’Europa è un gigante economico, un nano politico e un verme militare”.
L’euro ci ha salvato dall’inflazione? Vero, ma non ci ha reso più ricchi e leggere il mondo contemporaneo con le lenti della Germania di Weimar non aiuta affatto a vedere l’orizzonte, guardiamo con occhiali da presbite mentre l’Europa è affetta da miopia: non vede lontano. La Lega invece ha dimostrato non solo di vederci benissimo, ma di saper capitalizzare il voto. Senza il Carroccio non si governa il Settentrione, nei distretti industriali il partito di Bossi è un punto di riferimento di piccoli e medi imprenditori e degli stessi operai. Partito berlingueriano di lotta e di governo, il Carroccio rischia di trovarsi la strada spianata per l’inadeguatezza della risposta che arriva da avversari e alleati.
Sappiamo che Silvio Berlusconi vuol giocare una partita importante nel Vecchio Continente. Il Cavaliere vuole renderlo “nuovo” e vuol riunire l’Europa oggi divisa, incerta, debole. La stampa italiana, il sistema complessivo dei mainstream media – del quale l’Occidentale per fortuna non solo non fa parte ma ne è un antagonista – fatica a spiegare e prevedere i comportamenti elettorali (e dunque a raccontare il fenomeno Lega) perché ripiegato su se stesso, con gli occhiali da presbite, appunto. Basterebbe la sola lettura quotidiana del Financial Times per capire quali sono i fantasmi che disturbano il sonno dei cittadini europei, italiani compresi.
Il 12 giugno in Irlanda si terrà un referendum per l’adozione del Trattato di Lisbona. E’ l’unico paese europeo ad aver scelto la via della consultazione, peraltro obbligatoria per via delle disposizione costituzionali. I no secondo un sondaggio del Sunday Business Post sono in rapida ascesa e sono al 33% contro il 41% dei sì. I rischi di un rigetto del trattato sono altissimi perché la percentuale di indecisi è del 26% e i cittadini chiamati al voto non hanno idea del testo. Lo stesso premier premier Brian Cowen ha ammesso dii non aver letto le 346 pagine del Trattato "dalla prima all’ultima". Eloquenti le parole del ministro della Difesa, Willie O’Dea, per cui il testo "deve più allo stile di Stephen Hawking che non a quello di J.K. Rowling". Anche se dovessero vincere i sì, il problema del rapporto tra le istituzioni europee e i suoi cittadini è più che mai aperto. Non solo, è molto interessante osservare con attenzione il dibattito in corso sul possibile ingresso della Gran Bretagna nell’eurozona. Rinunciare alla sterlina o no? Martin Wolf, stella tra i columnist del Financial Times, sostiene che si tratta di una cattiva idea. Parliamo dell’euro, della moneta, unico vero collante di un’Europa sul resto disunita e titubante. Siamo di fronte a un euroscettico? O abbiamo davanti a noi una lezione di realismo?
A Pontida la Lega non farà altro che il suo mestiere, registrando i picchi di sfiducia e tramutandoli in politica. Mettendo al primo punto della sua agenda il tema del Vecchio Continente e della sua missione per l’avvenire, la Lega è al passo con il dibattito in corso negli altri Paesi. Paradossalmente, è il partito più europeo che abbiamo in Italia.