La Lega ‘forza’ sul ddl costituzionale ma il Pdl vuole vederci chiaro
22 Luglio 2011
La ferita è ancora fresca e ci vorrà tempo perché si rimargini. Il pollice verso della Lega sul destino di Papa ha inevitabilmente creato un ‘vulnus’ nel rapporto tra Pdl e Lega. Non per la vicenda in sé, ma perché quel ‘sì’ all’arresto sul quale Maroni ha spinto l’acceleratore per beghe interne al Carroccio sulla successione a Bossi o quantomeno per acquisire la quota di maggioranza del partito, è stato un fendente assestato contro uno dei pilastri valoriali sui quali il Pdl poggia le sue fondamenta: il garantismo, la difesa dello Stato e delle sue istituzioni dall’assedio dell’antipolitica, da quello di certa magistratura e di una piazza assetata di sangue. Gli stessi principi scritti in Costituzione. E la Lega adesso non può pensare, come fa e dice Maroni, che quanto accaduto alla Camera mercoledì, non è stata una presa di distanza da Berlusconi e dal governo, che non c’è alcuna contrapposizione politica, che va tutto bene. Non è così.
Anche perché nel Pdl non c’è poi tutta questa corsa ad assecondare l’alleato, a mediare talvolta facendo un passo indietro (come già successo) per il bene dell’alleanza e della sua stabilità. Il primo segnale lo si è visto oggi in Consiglio dei ministri con il via libera al disegno di legge costituzione che ridisegna l’architettura dello Stato: riduzione del numero dei parlamentari, Senato federale e forma di governo. Il premier ne parla soddisfatto ma dice che il varo definitivo avverrà il 4 settembre. Un istante dopo, Calderoli, padre putativo della bozza, esce sulle agenzie e dice che quello del Cav. è stato un lapsus e che a Palazzo Chigi il suo provvedimento è stato approvato in via definitiva, quindi non c’è bisogno di un altro passaggio in Cdm.
Ma a ben guardare, le cose non stanno così. E a dirlo è la formula “salvo intese” che è stata applicata allo stesso ddl. In altri termini, non si tratta di un testo intangibile e non è detto che quello definitivo sia identico alla bozza elaborata dal ministro per la Semplificazione. In sostanza, c’è da lavorare sulla definizione e messa a punto delle norme e per farlo c’è un mese di tempo. Appunto, da qui al 4 settembre. Perché, allora, l’accelerazione di Calderoli? Cosa c’è dietro.
La Lega in questa fase ha un doppio-problema: da un lato portare a casa, cioè al Nord, più risultati concreti possibili per rassicurare la base col maldipancia e dall’altro ‘gestire’ le divisioni interne. E’ su quest’ultimo aspetto che si concentrano le letture di alcuni parlamentari pidiellini che vedono nell’uscita del ministro della Semplificazione il tentativo di un “riaccreditamento del proprio peso politico” dentro il movimento “per controbilanciare quello di Maroni che sul caso Papa è riuscito a spezzare il ‘cerchio magico’ e affermare che è lui il leader del gruppo parlamentare”.
E’ certo un fatto: nel Pdl la bozza Calderoli non suscita grandi entusiasmi e la decisione di esaminare ed eventualmente correggere il testo non nasce da ‘vendette’ o rivalse dopo la vicenda di mercoledì alla Camera, bensì dalla consapevolezza che su alcuni punti di quel provvedimento occorre rimettere mano. “In particolare sul Senato federale, ma non solo. Il problema non sta nei rapporti tra Pdl e Lega, ma sull’equilibrio intrinseco del testo”, sibilano da Via dell’Umiltà, rimandando peraltro ad una riunione che ci sarebbe stata proprio ieri con gli esponenti del Carroccio nella quale si sarebbe detto chiaramente che la bozza Calderoli è un testo ‘aperto’ e che l’accordo raggiunto prevede un approfondimento e una serie di chiarimenti che impegneranno i tecnici ancora per un mese.
Perplessità che riguarderebbero, tra l’altro, l’esigenza di armonizzare le norme sull’abbassamento dell’età per essere eletti nei due rami del Parlamento. In particolare, esiste già un ddl costituzionale firmato dal ministro Meloni che dispone cose diverse. In più Berlusconi ha detto chiaramente che durante la pausa estiva “lavoreremo al testo” e “daremo vita a un comitato” per poi arrivare alla definitiva approvazione della riforma.
Tra le novità del provvedimento che in autunno approderà in parlamento, il premier ha ricordato il “dimezzamento del numero dei parlamentari e quello dei membri dei consigli provinciali e regionali” così come “abbiamo già fatto per i Comuni. E’ previsto inoltre che l’indennità parlamentare sia legata all’effettiva partecipazione ai lavori” e accanto a questo ci saranno provvedimenti “che riguardano la Corte Costituzionale, oltre al rafforzamento dei poteri del premier che sarà chiamato primo ministro con gli stessi poteri e funzioni dei suoi colleghi Ue: potrà nominare e revocare ministri e viceministri e presto procederemo a cambiare il nome dei sottosegretari in viceministri perché l’attuale definizione li esclude da molti incontri e questo non è compreso all’estero”. Infine il Cav. annuncia che la prossima settimana sarà nominato il successore di Angelino Alfano alla Giustizia.
Se il problema non è il rapporto con Bossi, appare chiaro che il Pdl intende riaffermare il ruolo-guida all’interno della coalizione non con atti strumentali, ma con iniziative parlamentari e di governo in linea con il programma elettorale. Quello al quale, al netto dei desiderata di Pontida e delle beghe di partito, anche la Lega si dovrà attenere.