La Lega scopre il bluff di Veltroni
29 Novembre 2007
Rispetto ai toni concilianti ed affabulatori usati dai leaders chiamati a
confrontarsi con Veltroni nei giorni scorsi, Roberto Maroni a margine
dell’incontro avuto con il sindaco di Roma, non ha esitato ad affermare che non
c’è alcuna intesa e che a questo punto, “c’è da essere pessimisti sulla possibilità di trovare in
Parlamento un accordo trasversale sulla legge elettorale”. Maroni, pane al
pane e vino al vino, ha dichiarato infatti che con la velleità di agganciare il
progetto di riforma elettorale, al pure necessario, pacchetto di riforme
istituzionali tutto diventa più difficile e controverso.
Lo stesso Maroni ha obiettato che se davvero Veltroni volesse entrare
nel merito del meccanismo di voto, allora sarebbe costruttivo e opportuno ai
fini di un’intesa in tempi rapidi vagliare con cognizione di causa le proposte
di miglioramento dell’attuale sistema elaborate dalla Lega – e a ben guardare
non dissimili da quelle forziste sulla base della cosiddetta bozza D’Alimonte – già depositate in Parlamento. Tali proposte
infatti si propongono di perfezioanare l’attuale legge elettorale partendo
dalla razionalizzazione del premio di maggioranza e delle soglie di sbarramento
interne alle coalizioni. Ne uscirebbe un modello, proporzionale con esito
maggioritario, non troppo distante dall’ormai celebre
“vassallum” che il leader del Pd va perorando già da alcune
settimane.
Detto questo però Veltroni continua a vincolare la possibile, e con
onestà intellettuale realmente a portata di mano, convergenza in materia di
sistema elettorale, ad una prospettiva di riforme istituzionali ancora
parecchio nebulosa e confusa. In sequenza si è parlato della riforma dei
regolamenti parlamentari, dell’ampliamento dei poteri del Premier sul modello
del cancellierato tedesco, del superamento del bicameralismo perfetto con l’istituzione
di un Senato federale piuttosto che regionale.
Insomma un vero e proprio smottamento del nostro tessuto istituzionale,
e non può che sorprendere come Veltroni, che pure un po’ di legislature le ha
viste e non è certo atterrato dalla Luna, possa realmente pensare di trovare
una qualunque intesa in Parlamento, ed in tempi ragionevoli per non rimanere
ulteriormente paralizzati in cotanta paralisi, su un tema così delicato e
storicamente controverso.
Se davvero il Sindaco di Roma conoscesse la storia recente del nostro
Paese, potrebbe facilmente capire come dal fallimento della bicamerale Bozzi in
poi, tutti i propositi di riforma
costituzionale siano naufragati per la troppa eterogeneità degli attori e
quindi dei modelli impegnati al tavolo della trattativa. Eppure si era in
presenza di partiti forti e di un quadro politico sicuramente più definito e
stabile di quello attuale. Pensare, dunque, di ottenere in questo Parlamento
atomizzato e frammentato, dove fioccano componenti e partitini nemmeno
presentatisi alle elezioni, una qualunque convergenza in questo campo risulta
francamente deleterio. Come aprire il vaso di Pandora.
Fiduciosi d’altra parte dell’accortezza e delle capacità comprensive
del leader maximo del Pd, allora non resta che supporre che in realtà
l’obiettivo di Walter sia invece un altro. Legittimarsi come leader del dialogo
super partes e nel frattempo assecondare l’agonia del governo, magari per un
altro anno prima di esautorare Prodi. In questo modo avrebbe ancora un po’ di
tempo per provare a depotenziare Berlusconi e giocarsi la partita nel 2009,
magari avvolgendo nella tattica dilatoria anche i sempre più
“alternativi” Fini e Casini. Peccato, caro Walter, che una volta
scoperto il bluff la via d’uscita dall’impasse diventi sempre più stretta. E i
giochi di prestigio questa volta potrebbero non bastare.