La legge 40 è una legge laica e sarebbe meglio evitare sterili polemiche

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La legge 40 è una legge laica e sarebbe meglio evitare sterili polemiche

03 Aprile 2009

Lui è cattolico, di quella specie che più cattolici non si può; uno di quelli convinti che “meno male che il Vaticano c’è”; e ai quali non sfiora neanche la mente che la Chiesa detti l’agenda politica del parlamento. L’altro è un "laicone" – definizione non corretta ma oramai comune per definire i non credenti – sempre più convinto. Uno di quelli che ogni volta che fiuta un provvedimento dai contorni eticamente sensibili teme che dietro ci siano state le telefonate d’Oltretevere e che non perde un colpo per rimarcare la sua presa di distanza anche dalla più velata posizione dogmatica o religiosa. Per uno strano gioco delle parti – e della sorte – tutti e due appartengono (oramai) allo stesso partito  e di lavoro fanno rispettivamente il vicepresidente e il presidente della Camera dei Deputati. Posizioni distantissime e distintissime, ma Maurizio Lupi (il primo), non vuol proprio alzare i toni della polemica. Forse non è fair, c’è anche poco tempo e poi dal punto di vista strettamente istituzionale tra i due c’è intesa perfetta. Le opinioni sono altra cosa.

Ma Presidente, che ne dice di tutta la storia di Fini, lo stato etico, la giustizia per le donne che sarebbe stata fatta con la sentenza della Corte Costituzionale sulla legge 40?

Sono preoccupato che la Corte Costituzionale stia percorrendo su questi temi una china pericolosa. I sentori c’erano già tutti, quando la Consulta bocciò il ricorso di Camera e Senato per conflitto attribuzioni con la magistratura sul caso di Eluana Eglaro. L’impressione che ho è che la Corte stia lentamente tentando di togliere al parlamento e all’attività legislativa che svolge il suo ruolo centrale. Che stia cioè tentando di imitare il ruolo del parlamento su temi delicatissimi, peraltro stabiliti chiaramente dalla Carta costituzionale, che ha interpretato da sempre i sentimenti più veri di questo paese.

Ma la Corte fa il suo dovere: difende la Costituzione…

In tutta questa questione sono due i grandi principi in discussione: la difesa della dignità della vita umana e la libertà di scelta del paziente. Principi assoluti e imprescindibili. Eliminarne uno significa addentrarsi in un terreno pericolosissimo. E la Corte invece di essere molto cauta su questi temi, secondo un principio di precauzione e cautela, appunto, sta diventando con queste sentenze molto liberal. Avalla o un conservatorismo legato alla difesa tout court del ruolo dei giudici rispetto all’attività del parlamento o un’interpretazione molto ampia e molto discutibile su un tema che è quello della libertà della persona a discapito della difesa della dignità della vita umana.

E del presidente Fini che dice?

A me dispiace molto che il presidente della Camera sollevi sterili polemiche sul tema della legge 40 che non si richiamano a quel principio di laicità positiva più volte sottolineato anche da lui stesso. Il presidente della Camera sa che il testo sulla fecondazione assistita è stato il frutto di una lunga e faticosa mediazione tra sensibilità e tradizioni culturali diverse. Se avessero vinto quelli che Fini definisce dogmi etico-religiosi, quella legge non ci sarebbe mai stata. Per un cattolico, infatti, la vita viene sempre da un atto di amore naturale e mai da un procedimento scientifico. Nonostante ciò, allora il Parlamento riuscì a mettere a punto un testo equilibrato che, in nome del laicissimo principio della difesa di qualsiasi vita umana, cercò di regolamentare un settore dove fino a quel momento aveva regnato il far west. E poi quella era una legge che ha interpretato da sempre i sentimenti veri del paese. Non a caso allora il referendum non passò. Ma io sono molto più preoccupato perché la sentenza è contraddittoria.

Che vuol dire, Presidente?

Entrando nello specifico, nella sentenza si dice che non si può limitare il numero di embrioni da impiantare. Ma quella norma voluta dal parlamento aveva un intento molto chiaro: evitare la selezione eugenetica sugli embrioni. Ed evitare l’utilizzo inutile  – non lo dico io ma le nuove scoperte della scienza, questo a dimostrare che il Parlamento allora fece le scelte giuste guardando più lontano della stessa ricerca scientifica – di cellule staminali embrionali. Ma la legge aveva anche un altro intento: difendere la salute della donna, permettere la fecondazione con più di tre embrioni significava esercitare una violenza fisica sul corpo donna. Insomma, la sentenza permette di produrre un numero illimitato di embrioni ma poi non dice che fine debbano fare quegli embrioni. Se dovessero essere impiantati nell’utero della donna altro che giustizia, sarebbe messa a rischio la sua stessa salute.

Lei prima ha aperto due questioni fondamentali. Prima: il rapporto laici-cattolici nel nostro paese. Tema scottante di questi tempi.

Aldilà dei temi etici è necessario comprendere cosa vuol dire laicità. Mi offendo quando mi dicono che nell’esercizio della mia responsabilità di parlamentare vengo condizionato dalle posizione della Chiesa. È irrispettoso nei confronti della mia libertà, della mia responsabilità e della mia capacità di fare le scelte in maniera autonoma e libera. Nessun vero laico dovrebbe avere paura dei giudizi e delle opinioni che vengono dalla società. Anzi, questi sono una ricchezza per il laico, sia esso cristiano o non cristiano. Sono le modalità con cui uno si interroga continuamente nell’esercizio della propria funzione. Io di fronte al giudizio della chiesa o della società civile, di pezzi importanti della società civile devo domandarmi come  quei giudizi devono entrare a far parte della mia attività di legislatore e di politico e se possono  arricchirla. Il laico ha per sua natura  una apertura nei confronti della realtà. Noi stiamo assistendo al paradosso di coloro che si dicono laici – che invece sono laicisti – che sono i più chiusi di tutti, perché non vorrebbero che ci fosse una pluralità di esperienza all’interno della società.
Tutti coloro che hanno a cuore un concetto di laicità non solo nello stato o in politica ma nella vita quotidiana dovrebbero fare una grande battaglia culturale contro il relativismo e per il ritorno ad un sano principio di laicità. Dobbiamo combattere il laicismo e i moralismi. Dobbiamo combattere tutto ciò che è deformazione di una posizione umana. Per questo sono preoccupato: perché temo che quello che accadrà in questi giorni sia una sorta di minaccia psicologica, minaccia morale nei confronti dell’attività legislativa del parlamento, che dev’essere autonoma.

Ecco l’altra questione fondamentale sul tappeto. Quello che accadrà in questi giorni con la legge sul testamento biologico. Ha visto che la sinistra ha subito approfittato della sentenza della Consulta per prendere tempo sulla legge sul bio-testamento? Lei che risponde?

Dico alla sinistra che stando così le cose l’attività legislativa dev’essere più forte e importante. E che non c’è tempo da perdere, perché il paese ha ben altre priorità cui far fronte.

Quindi nessuna dilazione nel tempo della discussione?

Nessuna.

Ma a lei questa legge piace? Cambierebbe qualcosa? E soprattutto pensa che piaccia agli italiani? Ieri è uscito un sondaggio che non parlava di grande apprezzamento, quelle voci provenienti dalla società civile non andrebbero ascoltate?

Vanno ascoltate ma non dobbiamo andar dietro le opinioni del paese. È  responsabilità della politica farsi interrogare da ciò che emerge dal paese e dalle sue esigenze. Ma poi la politica ha anche un ruolo di guida. Penso che sul testo uscito dal Senato ci sia stata molta disinformazione. Soprattutto nella parte che riguarda il consenso informato e la vincolatività del medico. A leggere l’articolato si capisce chiaramente che non vi è alcuna violazione della libertà di scelta e autodeterminazione di nessuno. Semplicemente si dice che in cinque anni, il termine di efficacia delle Dat, la scienza fa progressi impensabili, e che al medico va lasciata l’autonomia di decidere, se può salvare una vita, di farlo. E non si tratta di accanimento terapeutico.

Ma l’opinione pubblica si è fatta tutt’altra opinione. Perché non siete riusciti a far passare il messaggio che sottende tutto l’impianto legislativo?

Perché c’è un’opinione dominante fortissima. Faccio notare che tutto il caso Eluana è stata una montatura di avvocati, giuristi, medici e pure giornali per introdurre il grande tema dell’eutanasia nell’unico paese occidentale  dove non è ammessa. E dove, tra l’altro, la sua legalizzazione avrebbe un valore simbolico enorme perché stiamo parlando del paese in cui, per nostra fortuna, c’è anche la sede della Chiesa cattolica. Invece su questi temi siamo stati – contrariamente a quanto ha detto il presidente Fini – molto laici e molto moderati. Chi può deve fare un passo indietro. Noi cattolici l’abbiamo fatto: mai avremmo pensato di votare una legge sulla fine della vita. E l’abbiamo fatto.

Cambierebbe qualcosa della legge?

Certo, qualcosa si può cambiare. Ma i paletti rimangono quelli.

Fini non sarà contento…

Non voglio essere polemico. Non sono d’accordo con lui, perché questa legge uscita dal Senato non è il frutto di uno stato etico ma laico. Fini con molta chiarezza dice la sua opinione, riconosce che la sua è una posizione di minoranza. Detto nel contesto del congresso del Pdl significava dimostrare che in un grande partito liberale di massa vi è una pluralità di posizioni. Che non significa non arrivare a fare delle scelte. Sono certo che nell’esercizio della sua funzione il presidente Fini sarà ineccepibile.

Su questo non ha dubbi?

Nessuno.