La legge Biagi funziona e Prodi non la tocca
21 Marzo 2007
A cinque anni dal vile omicidio Marco Biagi viene onorato e ricordato con crescente attenzione non solo perché vittima di un terrorismo tutt’altro che sradicato ma, soprattutto, perché autore di intuizioni straordinariamente attuali per sciogliere i nodi irrisolti del lavoro in Italia.
La sua stessa legge, che alcuni si ostinano a non riconoscergli, rimane intatta – anche se solo in parte applicata – perché la forza oggettiva dei risultati che ha prodotto impedisce alla coalizione di maggioranza di rispettare l’impegno preso con i suoi elettori di modificarla in profondità. Nemmeno la straordinaria campagna sulla precarietà del lavoro giovanile ha più di tanto attecchito se è vero che ora nessuno si sogna di proporre modifiche alle collaborazioni a progetto mentre i nuovi contratti di apprendistato si vanno diffondendo nonostante la pigrizia di molte regioni. ingiustificato. È giunto peraltro il momento per le parti sociali tutte di raccogliere la fondamentale sollecitazione che Marco rivolgeva loro affinché dismettessero ogni residua logica conflittuale per prendere la strada del modello cooperativo-partecipativo. Soprattutto nell’economia della conoscenza, la persona ritorna prepotentemente al centro di ogni processo produttivo e perciò merita da un lato il diritto permanente all’aggiornamento delle competenze e, dall’altro, una migliore remunerazione dello specifico contributo ai risultati dell’impresa. Ciò significa superare una dinamica delle retribuzioni «piatta», moderata ed egualitaria.
Nella struttura della retribuzione non possono non acquisire un peso crescente quelle componenti variabili che si collegano, come gli straordinari, ad esigenze di flessibilità organizzativa o, come i premi, alla maggiore produttività. Una scelta decisa in questa direzione impone la decisione di abbandonare il rigido mito della progressività del prelievo fiscale per adottare forme di tassazione agevolata, separata e definitiva di questi redditi. Sarebbe invero assurdo pretendere per la remunerazione dei comportamenti virtuosi nell’attività lavorativa un metodo di tassazione più disincentivante rispetto alle rendite che già godono della tassazione separata. Si tratta insomma di incoraggiare, a dispetto dei nostalgici della lotta di classe, la più stretta collaborazione tra i soggetti dell’impresa, incluso l’azionariato dei dipendenti.
In questi giorni ho presentato con altri senatori due disegni di legge in tema di azionariato dei dipendenti, di delega per un organico statuto dei lavori e per la riforma degli “ammortizzatori sociali”, di trattamento fiscale agevolato e “separato” delle componenti variabili del salario. Essi sono il frutto di dirette elaborazioni di Marco Biagi o dei quotidiani dialoghi con lui sulla modernizzazione del nostro mercato del lavoro. Il confronto su queste proposte sarà un modo per garantire vitalità alla sue idee nell’interesse di un Paese che deve ancora rimuovere tutti i guasti indotti dalle ideologie che antepongono la classe alla persona.