“La legge sul biotestamento consente l’incontro tra cattolici e non credenti”

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“La legge sul biotestamento consente l’incontro tra cattolici e non credenti”

“La legge sul biotestamento consente l’incontro tra cattolici e non credenti”

Ecco il testo della lettera aperta sul tema del testamento biologico che i senatori Gaetano Quagliariello, Maurizio Gasparri e Raffaele Calabrò hanno inviato al Corriere della Sera in risposta all’editoriale di Ernesto Galli della Loggia.

Caro Direttore,

nel suo editoriale sul Corriere il professor Ernesto Galli della Loggia dipinge come illiberale il disegno di legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento approv in Senato. Come se, prevedendo che il cosiddetto "testamento biologico" sia importante ma non vincolante per il medico, si sostituisse la volontà di quest’ultimo a quella del paziente in stato di incoscienza, privato così di ogni diritto. Come se, conferendo al medico la possibilità di attualizzarle alla luce di eventuali nuove scoperte tecnico-scientifiche, si volesse privare di ogni valore le indicazioni espresse quando quelle scoperte non potevano essere neanche immaginate.

Se così fosse, se cioè si fosse pensato di renderle carta straccia, il Parlamento non si sarebbe fatto carico di disciplinare le DAT per reagire alla pretesa di determinare attraverso una sentenza giudiziaria il confine tra la vita e la morte. E il legislatore non avrebbe posto a fondamento dell’intero testo principi come l’autodeterminazione del paziente e l’alleanza terapeutica, e non avrebbe previsto l’indicazione di un fiduciario.

In realtà, oltre a vietare al contempo eutanasia e accanimento terapeutico, la legge in discussione riconosce il principio fondamentale della libertà di cura. Se lascia al medico la possibilità di attualizzare le DAT non è soltanto perché, come sostiene il Professore, trattandosi di una scelta compiuta "ora per allora", in diverse condizioni psicologiche e magari sulla scia di vissuti transitori e mutevoli, il paziente oggi in stato di incoscienza potrebbe aver cambiato idea. Ne abbiamo discusso a lungo nel nostro gruppo. E alla fine ci siamo assunti la responsabilità di lasciare uno spazio aperto all’alleanza terapeutica, perché una legge che non si preoccupasse di contestualizzare una scelta datata, in virtù di eventuali cambiamenti scientifici intervenuti, si rivelerebbe cieca e sorda ai progressi della tecnica e della medicina. Ed è paradossale che a questa scelta si oppongano proprio coloro che in altri frangenti hanno fatto dello scientismo quasi una religione civile.

E’un peccato anche che un intellettuale attento come Galli della Loggia, invece del tentativo di prolungare idealmente il rapporto fra medico e paziente anche al di là delle barriere dello stato d’incoscienza, abbia individuato nel disegno di legge il tentativo di sottrarre la morte alla sua umanità "per consegnarla invece alla gelida presunta imparzialità dell’apparato sanitario". Francamente, se questo è il metro, ci pare allora molto più "gelido" immaginare che in caso di dubbio la sorte del malato venga messa ai voti nell’ambito di un collegio.

D’altronde, la necessità di non considerare rigidamente vincolanti le dichiarazioni anticipate non dovrebbe sfuggire alle persone di buon senso. Persino Ignazio Marino, determinato avversario di questo testo, nel suo testamento, pubblicato due anni fa proprio sul Corriere, nomina per fiduciario un medico, nella certezza che egli «saprà valutare al mio posto se le cure siano proporzionate o sproporzionate rispetto alla mia condizione», e dunque potrà «valutare l’eventuale utilità di terapie, oggi neppure immaginabili, che dovessero essere rese disponibili grazie al progresso della scienza».

Riteniamo, insomma, che il diritto di autodeterminazione debba sempre lasciare uno spiraglio alla revisione e persino alla contraddizione. In caso contrario, esso si trasforma nella "presunzione fatale" di poter determinare il proprio destino una volta per tutte, senza tener conto dei mutamenti, delle trasformazioni, delle sorprese che la vita sa riservare ogni giorno. Per chi crede, questa convinzione si fonda sull’idea che la vita sia un bene indisponibile. Per chi non crede, sulla volontà di non chiudere la porta della propria esistenza di fronte alla possibilità di meravigliarsi.

Su questa base comune la legge di cui parliamo ha consentito l’incontro di credenti e non credenti, attenti ai principi del cristianesimo ma orientati da una sana laicità: da una concezione di libertà che accolga l’empiria e per questo mai perfetta e assoluta, che lasci sempre il futuro aperto e che è fondamento di ogni autentico liberalismo.

Gaetano Quagliariello, Maurizio Gasparri, Raffaele Calabrò