La libertà di espressione è nel mirino dell’estremismo islamico
26 Febbraio 2011
“Le luci si stanno spegnendo in tutta Europa”, sono le famose parole pronunciate dal ministro degli Esteri britannico Edward Grey alla vigilia della prima guerra mondiale. Sono le stesse che mi tornano alla mente ogni volta che leggo di europei trascinati in tribunale per quelli che chiamano “discorsi d’incitamento all’odio”.
Di recente, il giornalista danese Lars Hedegaard, presidente della International Free Press Society, ha dovuto subire un processo a Copenhagen per aver criticato l’Islam. Hedegaard è stato assolto, ma solo grazie a un cavillo: egli non sapeva che le sue parole, pronunciate durante una conversazione privata, fossero oggetto di registrazione. La scorsa settimana a Vienna, Elisabeth Sabaditsch-Wolff, attivista austriaca per i diritti umani, si è vista comminare una multa di 480 euro per aver definito “pedofilo” il profeta Maometto perché aveva consumato il matrimonio con una bambina di nove anni. Nel frattempo, anche il mio processo ad Amsterdam continua a trascinarsi, e a consumare tempo prezioso che potrei passare in Parlamento a rappresentare il mio milione e mezzo di elettori.
Come è possibile tutto ciò in un’Europa che si presuppone liberale? Il codice penale olandese afferma che sarà punito chiunque “si esprima intenzionalmente in pubblico, a parole, per iscritto o con immagini, in qualsiasi modo che possa incitare all’odio nei confronti di un gruppo o di persone” o chi “in qualsiasi modo insulti un gruppo di persone a causa della loro razza, religione o credo, oppure per le inclinazioni etero o omosessuali o per handicap di natura fisica, psicologica o mentale”.
All’inizio del 2008, alcune organizzazioni islamiche e di sinistra mi hanno portato in tribunale sostenendo che nell’esprimere le mie idee sull’Islam avevo deliberatamente “insultato” i musulmani e “incitato all’odio” nei loro confronti. Ho sostenuto allora, come farò nel mio prossimo libro, che l’Islam è per prima cosa una religione fondamentalmente totalitaria che mira alla dominazione del mondo.
Lo scorso ottobre, la mia ex collega al Parlamento olandese, Ayaan Hirsi Ali, ha raccontato su queste pagine in che modo le organizzazioni islamiche abusano delle nostre libertà al fine di limitarle. “Ci sono tentativi – ha scritto – da parte di paesi nell’ambito dell’Organizzazione della Conferenza Islamica di mettere a tacere il dibattito europeo sull’Islam”. E ha citato la loro strategia di “pressione sulle organizzazioni internazionali e sull’Unione europea affinché adottino risoluzioni per punire chiunque prenda parte a ‘discorsi d’incitamento all’odio’ nei confronti della religione. La legge utilizzata per perseguire Wilders è la versione nazionale di quella che i diplomatici dell’Organizzazione della Conferenza Islamica spacciano alle Nazioni Unite e all’Unione europea”.
E infatti, nel 2008, l’Unione europea ha approvato la cosiddetta “Decisione quadro del Consiglio relativa alla lotta al razzismo e alla xenofobia” e i 27 paesi dell’Unione europea hanno dovuto incorporarla nelle loro legislazioni nazionali. In base a tale decisione “il comportamento razzista o xenofobo deve costituire un’offesa in tutti gli stati membri e deve essere punibile con pene efficaci, proporzionate e dissuasive”. Essa definisce i termini “razzismo e xenofobia” in maniera tanto ampia che ogni affermazione che un individuo percepisse come un insulto nei confronti del gruppo cui appartiene diventa punibile per legge”.
Come perverso risultato, in Europa è oggi praticamente impossibile discutere della natura dell’Islam o degli effetti dell’immigrazione dei fedeli islamici. Il mio caso ne è un esempio. La mia opinione è che l’Islam non sia esattamente una religione, quanto piuttosto un’ideologia politica mascherata da religione. Onde evitare fraintendimenti, sottolineo sempre che sto parlando dell’Islam e non dei musulmani. Faccio una distinzione precisa tra le persone e l’ideologia, tra musulmani e Islam e riconosco che esistono molti musulmani moderati. Ma l’ideologia politica dell’islam non è moderata e ha ambizioni globali; il Corano ordina ai musulmani di realizzare il regno di Allah in questo mondo, se necessario con la forza.
Affermare le mie idee sull’Islam mi ha condotto in tribunale con l’accusa di “group insult” e incitamento all’odio razziale. Sono sotto processo per aver espresso opinioni che io e miei elettori riteniamo essere la verità. Sono sotto processo per aver messo in discussione quei punti di vista che l’establishment che ci governa vuole imporci come verità.
Quando mi presento davanti ai giudici lo faccio per difendere il libero pensiero e la libertà dell’uomo. La libertà è la fonte della creatività e del progresso umano. I popoli e le nazioni appassiscono senza la libertà di mettere in discussione quello che viene presentato loro come verità. E c’è motivo di preoccuparsi se l’erosione della nostra libertà di espressione è il prezzo da pagare per contenere l’Islam. C’è motivo di preoccuparsi se chi nega che l’Islam sia un problema non ci dà il diritto di discutere la questione. Voglio poter portare avanti le mie idee senza dover temere un’azione legale. È stato già abbastanza sgradevole l’essere costretto a vivere da più di sei anni sotto la protezione permanente della polizia perché i jihadisti vogliono assassinarmi.
Il mio processo è un processo politico. È tragico che dopo al caduta dell’Unione Sovietica nel 1989 i processi politici in Europa non siano stati gettati nella pattumiera della storia. In precedenza, l’ex dissidente sovietico Vladimir Bukovsky si era riferito all’Unione europea definendola “EUSSR”, adducendo fra le ragioni il fatto che nell’Unione europea, come nella vecchia Unione Sovietica, non c’è libertà di espressione.
Dovrei essere assolto. Il mio processo ad Amsterdam non riguarda me, ma la libertà di parola in Europa. La libertà, come aveva detto una volta Dwight D. Eisenhower, il liberatore dell’Europa dal nazismo, “deve essere guadagnata e rinvigorita ogni giorno, altrimenti, come un fiore reciso dalle radici che lo tengono in vita, appassisce e muore”. Oggi, in Europa, la libertà non viene guadagnata né rinvigorita.
© The Wall Street Journal
Traduzione Andrea Di Nino