La lista montiana di Montezemolo è una minaccia per Casini e una sfida per Alfano

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La lista montiana di Montezemolo è una minaccia per Casini e una sfida per Alfano

19 Novembre 2012

Casini festeggia il primo anno di e con Monti. Ci ha investito molto del futuro politico suo e di quel centro moderato del quale si considera da sempre plenipotenziario. Ma la mossa di Montezemolo che (era ora) ha deciso di decidere, paradossalmente rappresenta una minaccia per il leader Udc e la sua lista per l’Italia, un contendente nello stesso campo che insieme al ministro Riccardi, i capi della Cisl Bonanni e delle Acli Olivero (insomma quelli di Todi2) potrebbe mettere la freccia e sorpassarlo lungo l’autostrada dell’area moderata da ricostruire. Non così, invece, per Alfano: se il segretario che guarda “con interesse” all’operazione di Montezemolo saprà verificare le condizioni di una possibile intesa, lo scenario nel centrodestra potrebbe cambiare. E da liquido come è oggi, trasformarsi in qualcosa di più solido.

Gli uomini di Casini non nascondono una certa preoccupazione per la lista ‘Verso la Terza Repubblica’: di fatto un soggetto politico fortemente ancorato al civismo che si propone alternativo al vecchio schema dei partiti, anche se come ha ricordato Riccardi con le forze moderate vuole confrontarsi. Di più: quello di Montezemolo appare fin d’ora un movimento che si candida a diventare il partito di Monti, ovvero un ressemblement di moderati che dalla società civile, dal mondo delle professioni, scende in campo per sostenere il Prof.; anzi per preparargli il terreno – cioè il consenso – se e quando dovesse decidere di candidarsi (come peraltro in molti e in modo trasversale sia nel centrodestra che nel Pd gli chiedono di fare). Con un avvertimento chiaro per tutti: ‘mai più deleghe in bianco alla politica’.

Insomma, un esercito schierato sul campo di battaglia in attesa del comandante che lo guidi. Non è ancora chiaro se nel rush finale della campagna elettorale già partita, oppure dopo il voto, viste le difficoltà del Paese legate alla crisi e soprattutto se la riforma della legge elettorale ci sarà e sarà quella in discussione al Senato.

“Montezemolo e gli esponenti di Todi2 non pensino di entrare in Parlamento usando i nostri voti”, mette in chiaro un dirigente Udc che come molti nel suo partito vede come fumo negli occhi l’idea per la quale nel caso di una fusione tra la lista per l’Italia e quella di Montezemolo, possa essere quest’ultima a ‘sfruttare’ il pacchetto elettorale centrista dal momento che un ‘peso’ effettivo del nuovo soggetto politico ancora non è quantificabile in termini assoluti. In verità qualche dato c’è: per il politologo D’Alimonte la lista ‘Verso la Terza Repubblica’ potrebbe valere il 15 per cento.

Se fosse vero questo, Casini ha un doppio problema: da un lato potrebbe essere costretto a ‘inseguire’ l’area montiana-cattolica-montezemoliana e comunque a non essere più ciò che da diversi anni gli piace fare, ovvero l’ago della bilancia. Dall’altro se così non fosse, non potrebbe permettersi di cedere a Montezemolo quanto fatto e costruito in questi quattro anni con l’Udc, dopo il divorzio da Berlusconi. Un bel dilemma anche se per ora siamo al fair-play: il leader Udc non si sbilancia e si dice ‘in sintonia’ con l’obiettivo montezemoliano, cioè riconfermare Monti a Palazzo Chigi. Idem per Gianfranco Fini. Se i due partiti saranno compagni di strada, lo diranno le trattative dei prossimi giorni.

Nel Pdl, il progetto presentato nella convention a Roma suscita “simpatia” ad Alfano, nel senso che c’è un nuovo rassemblement di persone che si candidano a battere la sinistra, e tuttavia sul Monti-bis conferma la linea di sempre: se il premier vuole governare ‘annunci la propria candidatura. Non si governa il paese senza il permesso degli elettori”.

Ora, fair play a parte, sia nel Pdl che nel Pd si punta al dialogo, soprattutto per non disperdere il voto dei cattolici. Se per Cicchitto  “Montezemolo non può che allearsi col centrodestra”, Franceschini continua ad auspicare per la prossima legislatura (nonostante l’alleanza con Vendola) un allargamento del campo dei progressisti alle forze moderate, tra le quali da ieri c’è anche Montezemolo. In pratica, tutto l’opposto del Bindi-pensiero.

Ma è Alfano in questo momento il leader che potrebbe trarre il maggior vantaggio (politico) dal dialogo coi montezemoliani, al netto del refrain ‘Monti dopo Monti’. Intanto perché il patrimonio di voti del Pdl seppure in caduta libera rispetto al 2008, secondo i sondaggi oggi si attesta al 16 per cento collocandolo al terzo posto tra i partiti con i numeri a due cifre, poi perché vi sono diversi punti di contatto sulla piattaforma programmatica. Infine perché la discesa in campo del nuovo movimento-partito potrebbe rappresentare la scossa per smuovere la fase di stallo che si trascina tra Pdl e Udc anche dopo il passo indietro del Cav. (se sarà confermato definitivamente) per ricomporre un nuovo centrodestra.

E Monti? Dal Kuwait risponde sibillino alla domanda se l’Italia sarà affidabile anche dopo il voto: “Non posso garantire per il futuro”. Un modo per far intendere – a chi vuole intendere – che potrebbe non essere spettatore passivo della partita.