La “lobby dei sindaci” dice no ai soldi per la ricostruzione dell’Abruzzo
25 Maggio 2009
Un miliardo di euro inutilizzati dai Comuni, pronti a prendere la via dell’Abruzzo. Obiettivo: la ricostruzione post-sisma. Era questo l’impegno del governo scritto nero su bianco nel "decreto terremoto" approvato al Senato. Ma il "partito dei sindaci" (di destra e di sinistra) ha detto no, quei soldi non si toccano, sono nostri. Anche se di quei mutui accesi con la Cassa Depositi e Prestiti per lunghi anni non è stato speso neanche un centesimo.
E’ l’ultima "storia all’italiana" come la definisce il presidente della Regione Abruzzo Gianni Chiodi che non nasconde l’amarezza per la levata di scudi dei Campanili guidati dall’Anci e dal suo presidente Leonardo Domenici, il quale, a sua volta, ha gridato allo scandalo accusando Roma di voler togliere i finanziamenti alla tramvia (progetto fiore all’occhiello dell’amministrazione ormai in scadenza, si vota a giugno per le comunali) che passerà accanto al Duomo e al Battistero di Firenze tagliando in due il centro storico, con un fortissimo impatto sui monumenti patrimonio dell’umanità.
Alla fine, ha vinto la lobby dei primi cittadini. La norma è sparita dal decreto grazie all’emendamento del relatore che tuttavia individua un’altra copertura finanziaria per le risorse necessarie alla regione devastata dal sisma dell’aprile scorso.
E così, quei soldi destinati ai terremotati torneranno in "frigorifero". Secondo la prima stesura del decreto, era prevista la revoca dei cosiddetti "mutui dormienti" concessi dalla Cassa Depositi e prestiti e attivati entro il 31 dicembre 2005, per i quali i Comuni non avevano provveduto a chiedere il versamento, neppure parziale. In soldoni, ben 2061 mutui – di varie entità finanziarie – nella maggior parte dei casi destinati alla realizzazione di opere infrastrutturali, come previsto da una legge ad hoc, per un importo complessivo di un miliardo di euro, come certificato dall’ad della Cassa Massimo Varazzani.
Al danno si aggiunge la beffa, perché se le opere previste per le comunità locali sono rimaste sulla carta (o solo in parte avviate) come i soldi non spesi, lo Stato su quei mutui ha continuato a pagare puntualmente le quote di ammortamento per una cifra ad oggi pari a 77 milioni di euro. Il governo dunque, aveva fatto conto sul quel "tesoretto" per l’emergenza Abruzzo, anche in virtù del fatto che analoghe disposizioni sui "mutui dormienti" erano già state applicate in passato (nel 2008 ma pure nel 1983) per altre situazioni gravi da fronteggiare. C’è poi da considerare che la revoca dei finanziamenti concessi dalla Cassa non prevedeva per gli enti locali la perdita definitiva delle risorse richieste. Per due motivi: primo perché la stessa revoca sarebbe avvenuta in accordo col Comune che ha acceso il mutuo; secondo perché allo stesso Comune sarebbe stato concesso un altro mutuo nel momento in cui tutte le condizioni tecniche per far partire l’opera progettata fossero state definite e certificate (tempi, modalità dei lavori, gara d’appalto).
Ma non appena si è saputo delle intenzioni del governo, è partita la "rivolta" dei Campanili. Il segretario generale dell’Anci, Angelo Rughetti, ha subito chiesto un confronto con il ministero dell’Economia spiegando che "le opere pubbliche interessate dai mutui in questione, ed in particolar modo i lavori per le metroferrotranvie previste dalla legge speciale n.211/1992 sono già stati appaltati e che la loro esecuzione ha spesso subito ritardi per cause non imputabili alla volontà degli enti”. Secondo Rughetti, insomma, la revoca dei mutui non incassati rischia di "bloccare la realizzazione di lavori già appaltati, arrecando inevitabilmente danni anche alle imprese coinvolte, con effetti negativi sulla economia locale e nazionale, nonché sull’occupazione". Il risultato finale è che il partito dei municipi ha fatto breccia, fino ad arrivare all’emendamento che stralcia la norma dal decreto.
Il sindaco dell’Aquila Massimo Cialente (Pd) "difende" la categoria sostenendo che in fondo la revoca dei mutui "dormienti" avrebbe provocato "lo spostamento di soldi da una parte all’altra". Eppure si sta parlando di un miliardo di euro. Il punto, secondo il primo cittadino del capoluogo aquilano non è tanto questo, bensì il fatto che dal decreto passato al Senato "i finanziamenti per la ricostruzione sembra girino attorno a uno spostamento di pedine senza grandi certezze sull’entità delle risorse. Serve, invece, uno sforzo abnorme da parte del Paese per salvare L’Aquila e il suo territorio".
Cialente fa riferimento al fondo di 7,5 miliardi del Cipe al quale poter attingere o in alternativa, insiste sulla necessità di ricorrere "all’istituzione temporanea di una tassa di scopo, sono sicuro che gli italiani comprenderanno…". Si dice "molto preoccupato visto anche come il decreto è stato cambiato all’ultimo minuto in Senato, specialmente per le risorse destinate alla ricostruzione del centro storico della città. Se la revoca dei mutui dormienti è stata tolta dal testo vorrà dire che i sindaci si sono posti il problema che quei soldi erano già impegnati e non potevano essere toccati, ma il problema è che qui stiamo continuando a giocare con le pedine che vengono spostate da una parte all’altra. Io per rimettere in piedi il centro storico francamente non so da dove mettere le mani, senza contare che abbiamo 1800 edifici tutelati dalla Soprintendenza per i quali servono risorse ingenti. Comprendo la necessità di fare in fretta come è accaduto in Senato, comprendo anche le difficoltà e gli imbarazzi, ma in certi momenti, noi abbiamo avuto la sensazione di essere lasciati da soli".
Non la pensa così il governatore Chiodi (Pdl) che critica il no dei sindaci. "Quel miliardo era importantissimo, tanto più che si trattava di mutui inutilizzati per anni dagli enti locali, Non solo, ma esistono norme ben precise per le quali lo Stato e l’Ue possono riprendersi fondi concessi nel caso in cui restino inutilizzati per tanto tempo. E’ una questione di efficienza delle pubbliche amministrazioni. Francamente sono amareggiato perché a fronte del grande impegno del governo confermato nel decreto terremoto, i sindaci non hanno mostrato nei fatti grande sensibilità per l’emergenza che stiamo affrontando".
Da parte sua, la Regione ha in un certo senso anticipato ciò che il governo intendeva fare coi "mutui dormienti". Da un mese, spiega Chiodi, è operativa una legge regionale che prevede "una ricognizione esatta e puntuale delle risorse destinate agli enti locali e non utilizzate per anni. Lo abbiamo previsto già nella finanziaria regionale. I mutui non utilizzati verranno destinati ad altre situazioni di necessità, salvo poi concedere altre risorse ai Comuni non appena le opere progettate sono pronte per partire. Mi sembra un atteggiamento di buon senso e di efficienza trattandosi di risorse pubbliche, e mi dispiace che ciò non sia avvenuto col decreto Abruzzo, proprio per le pressioni della lobby dei sindaci".
Ora il decreto terremoto passa alla Camera. Bisognerà vedere se la norma sui "mutui dormienti" verrà ripristinata o se, invece, il partito dei sindaci bisserà il risultato incassato a Palazzo Madama. Alla faccia della solidarietà e con buona pace dei terremotati abruzzesi.