La lotta all’evasione ci salverà dalla crisi
28 Ottobre 2008
Il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in un recente intervento a Napoli, davanti ad una platea di industriali, ha ribadito che anche una “decisissima” lotta all’evasione fiscale contribuirà a risollevare le sorti (finanziarie) italiane. Cerchiamo allora di tradurre in cifre questo lodevole proposito.
Il contrasto all’evasione fiscale, secondo una recente indagine dell’Agenzia delle Entrate, rende, in media, 454 euro per ogni ora di lavoro dell’Amministrazione Finanziaria.
Se poi questo dato si dovesse leggere in chiave “federalista” emergerebbe che, anche su questo fronte, vi potrebbe essere una sana competizione su base locale, tesa al raggiungimento e miglioramento dell’efficienza fiscale.
I risultati dell’efficienza del contrasto all’evasione fiscale, infatti, variano molto da Regione a Regione, con punte d’eccellenza, che, laddove uniformemente raggiunte su tutto il territorio nazionale, varrebbero quanto varie Finanziarie. Basti pensare a tal proposito che a Bolzano un’ora di lavoro dell’Amministrazione Finanziaria vale ben 2.795,00 euro, quasi sette volte la media nazionale. Ma anche il centro e il sud superano in alcuni casi la media nazionale con il Lazio con i suoi 875,00 euro e la Campania con i suoi 506,00 euro.
Certo, l’efficacia di tale contrasto dipenderà da vari fattori, spesso anche meramente procedurali, che, se ben ponderati, possono fruttare molto di più di tanti studi di pura teoria economica, rendendo forse finalmente inutili le spesso noiose diatribe tra keynesiani e non.
Come emerge anche dalla già citata indagine, infatti, l’azione di contrasto focalizzata sui grandi evasori rende, in termini di rapporto tempo di lavoro/gettito, molto di più che la parcellizzazione sui piccoli contribuenti/evasori.
Insomma il controllo degli scontrini, gli accertamenti sul mancato versamento dell’Irap o sul rispetto delle risultanze degli studi di settore, seppure doveroso e senza dubbio utile in termini di visibilità sul territorio, non dovrebbe però togliere risorse alle verifiche sulle grandi frodi fiscali e sui soggetti economici di grandi dimensioni.
Anche gli strumenti di catastizzazione del reddito fiscale, che, in particolare con il centrosinistra, sono stati tanto declamati, quali, per esempio, gli studi di settore, dovrebbero lasciare il posto a strumenti che, oltre ad essere caratterizzati da maggiore equità fiscale, in quanto ancorati a dati di fatti reali e non meramente presuntivi, rendono comunque molto di più anche in termini di gettito erariale. Basti pensare infatti che un’indagine finanziaria rende quanto dieci redditometri.
Il recupero medio che deriva dagli accertamenti bancari (quelli cioè che controllano i prelievi e i versamenti sui conti correnti, chiedendone la relativa giustificazione) è di 114.000,00 Euro, a fronte di soli 14.708,00 Euro derivanti dagli accertamenti sintetici da redditometro. Non a caso nel 2008 le richieste di informazioni rivolte alle banche sono passate da 756 a 1414.
I due strumenti però potrebbero probabilmente essere ancora più efficaci della loro semplice somma algebrica se usati in sinergia (come peraltro già previsto nelle istruzioni operative dell’Agenzia delle Entrate). Per questo motivo, comunque, fino al 2011 è previsto un piano straordinario di controlli finalizzati alla determinazione sintetica del reddito, stabilendo però che gli indizi della maggiore capacità contributiva siano acquisiti anche tramite i poteri istruttori di indagine, tra cui un posto di rilievo spetta appunto, senza dubbio, alle indagini finanziarie sui conti correnti.
Insomma, vista la crisi finanziaria, anche questo potrebbe essere un buon motivo per rivalutare il buon vecchio materasso.
Scherzi a parte, chi (maliziosamente) diceva che il centrodestra non vuole condurre una vera lotta all’evasione fiscale si sbagliava di grosso.
La lotta all’evasione fiscale però, oltre ad essere effettiva (e a non limitarsi a semplici proclami “pubblicitari”, come molte volte è stato in passato), deve essere anche efficace.
Anche la lotta all’evasione risponde infatti alla logica del business, dei costi e ricavi.
Se poi a quest’efficacia corrisponde anche una maggiore “giustizia” fiscale (nei limiti naturalmente in cui il Fisco può permettersi di essere giusto), intesa nel senso di meno presunzioni e più prove istruttorie e meno parcellizzazione e più lotta ai grandi evasori, allora ben venga.