La lunga guerra civile americana è finita con Obama presidente

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La lunga guerra civile americana è finita con Obama presidente

15 Febbraio 2009

Riferimenti, citazioni, riti e ricordi: è un incessante flashback. La storia continua a giocare un ruolo vitalissimo nel dibattito politico degli Stati Uniti. Lo stesso Barack Obama ha più volte ricordato Abraham Lincoln, il presidente che pose fine alla schiavitù. E l’America, come hanno sottolineato diversi osservatori, sembra davvero impregnata di “lincolnismo”: lo si festeggia come il padre della patria moderna, lo si analizza per ricercarne parte della sua identità. Non è un caso che negli ultimi tre mesi, oltreoceano, siano uscite una trentina di biografie. Segno evidente che le radici storiche degli Usa hanno ancora un fortissimo appeal. Per Raimondo Luraghi – tra i massimi studiosi della guerra civile americana, cui ha dedicato numerose monografie e saggi (da ultimo, nei giorni scorsi, è apparsa per Bur la nuova edizione della sua Storia della guerra civile americana) – questa attenzione è l’ulteriore segno della grande vitalità della democrazia made in Usa.

Professor Luraghi, che uso si fa negli Stati Uniti della storia?

Meramente pedagogico: il suo fine è quello di educare il paese alla democrazia. Ecco perché, oltre allo studio scientifico nelle università, si affianca quello dei parchi storici dove, grazie all’aiuto di percorsi didattici e minuziose didascalie, si spiega tutto ciò che è inerente al passato di quella nazione. Penso, tra gli altri, ai grandi parchi della guerra civile. L’obiettivo è quello di educare il Paese a comprendere quali sono le origini della democrazia, quali sono state le battaglie più incisive che hanno contributo alla formazione di uno spirito democratico.

Da sempre la guerra civile americana ha assunto una posizione centrale nel dibattito culturale e politico. Come mai?

La guerra civile è stato il grande dramma dell’America. In primo luogo, ha creato gli Stati Uniti come noi li conosciamo, trasformando un insieme di Stati separati che più o meno riuscivano a convivere in una vera nazione. Si può dire che è stata la seconda rivoluzione americana: con la prima, è stato cacciato il dominio inglese; con la seconda, è stato abbattuto il potere di una classe semifeudale di grandi proprietari terrieri.

Dunque, un evento centrale, quasi fondativo della comunità…

La guerra civile è stata per gli Stati Uniti ciò che la rivoluzione francese ha rappresentato per l’Europa. E Abraham Lincoln ha rappresentato per l’America ciò che ha rappresentato Cavour per l’Italia, cioè l’uomo che ha creato la nazione americana.

Gli effetti della guerra civile si sono tra l’altro fatti sentire anche nel tessuto sociale e culturale del paese.

Si, perché ha creato il crollo di un intero sistema, ponendo in evidenza il problema dell’inserimento degli afroamericani nella tessuto sociale nazionale.  Una battaglia che è durata più di un secolo e che può ritenersi conclusa soltanto adesso con l’elezione del primo presidente afroamericano.  

Un fatto rivoluzionario, se si pensa alle battaglie sui diritti civili combattute solo qualche decennio fa.

L’elezione di un afroamericano alla presidenza degli Stati Uniti è un fatto davvero storico, che sembra definitivamente risolvere un problema grave che per molti decenni ha ostacolato la coesione di quel paese. Ma la cosa più importante, secondo me, sono le qualità del neo-presidente: Obama è un politico esperto, abile e con un’ampia visione dei problemi. E ciò gli consentirà di affrontare con maggiore determinazioni i nodi gravi che pesano oggi sugli Stati Uniti.