La lunga ombra di Khomeini. All’Iran serve una nuova rivoluzione sciita

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La lunga ombra di Khomeini. All’Iran serve una nuova rivoluzione sciita

02 Luglio 2010

Per molti musulmani sciiti, la cui religione trae origine da una ribellione, la rivolta popolare dello scorso anno in Iran è stata solo l’ultimo episodio di una serie di lotte secolari contro l’ingiustizia e la tirannia. Oggi, mentre il regime clericale consolida il suo controllo del potere, un anno dopo la corrotta rielezione del presidente Mahmoud Ahmadineijad, l’Iran resta lacerato da ciò che sembra essere un conflitto disperato tra Islam e democrazia. I disordini e i violenti attacchi del 2009 fanno parte, in realtà, di una guerra più ampia che ha imperversato per secoli all’interno dello sciismo – una guerra per stabilire chi debba governare i fedeli e in che modo. Esiste, però, una concezione dello sciismo più moderata e democratica che è stata silenziata dalla rivoluzione islamica iraniana del 1979 e che potrebbe, infine, risolvere il conflitto attuale.

I religiosi sciiti hanno a lungo dibattuto il loro ruolo nella politica. La scuola “quietista”, che affonda le sue radici nella tradizione sciita di evitare il confronto con i governanti, è contraria ad un impegno diretto nelle questioni politiche. La scuola più attivista, invece, enfatizza il martirio della figura fondante dello sciismo, l’Imam Hussein, che ha promosso la ribellione e il confronto diretto. Eppure, anche all’interno della scuola attivista, è in corso un dibattito sul ruolo del potere del clero.

Il modello di governo assoluto che domina l’Iran di oggi è solo una delle numerose dottrine contrastanti all’interno del clero sciita. La dottrina del wilayat al-faqih (velayat-e faqih), o “governo del giurista”, ha trionfato con l’Ayatollah Ruhollah Khomeini, il leader della rivoluzione iraniana del 1979. Egli ha modellato la sua dottrina sul modello di governo assoluto esercitato dal Profeta Muhammad e dai suoi successori nei primi tempi dell’Islam. Il carisma di Khomeini e le sue abilità politiche hanno messo in ombra le più moderate versioni dello sciismo provenienti dalla città irachena di Najaf. In questo modo, Khomeini è riuscito a combinare il ruolo di teologo sciita con quello di leader politico della comunità globale dei musulmani.

Contrariamente alla percezione popolare, molti religiosi sciiti si sono a lungo opposti all’idea khomeinista di un leader supremo e onnipotente . Essi non sono intenzionati ad impadronirsi direttamente del potere politico, né in Iran, né in Iraq, né altrove. Una fazione ritiene che un gruppo di  religiosi con più anzianità dovrebbe governare attraverso il consenso, mentre un’altra sostiene che la leadership dovrebbe essere lasciata a dei politici devoti e non necessariamente a dei religiosi. La scuola teologica sciita dominante a Najaf, per esempio, rifiuta il modello khomeinista. In sostanza, la disputa è sulle divergenti concezioni dell’essenza dello sciismo. La fede dovrebbe essere definita da un diverso gruppo di religiosi che studia nei seminari e si impegna nei dibattiti di teologia, o dovrebbe seguire la tradizione dell’assoluta leadership politica e religiosa invocata da Khomeini?Il risultato di questo dibattito avrà profonde conseguenze per tutti gli sciiti che vivono nei paesi situati tra il Libano e il Pakistan, e in particolare per il futuro dell’Iran e dell’Iraq.

Nel settimo secolo, vi fu un violento scisma all’interno dell’islam. Un gruppo sosteneva che il successore del profeta Muhammad, il califfo, dovesse essere scelto tra i suoi compagni più vicini. Per l’altro gruppo, invece, qualsiasi successione avrebbe dovuto preservare la parentela del profeta e che il suo degno erede era, quindi, il suo cugino e genero, l’Imam Ali. Lo sciismo nacque come un movimento chiamato Shia Ali, i partigiani di Ali. Egli fu superato per tre volte di seguito nella nomina al califfato, fino al 656, quando divenne il quarto califfo dell’Islam. Una guerra civile, però, non tardò a scoppiare tra i partigiani di Ali in Iraq e i suoi oppositori di stanza a Damasco. Nel 661, Ali fu assassinato da un seguace deluso dal suo operato mentre stava pregando in una moschea nel sud dell’Iraq. Ali fu sepolto a Najaf. I teologi, in seguito, si riunirono nella città dove stabilirono delle scuole religiose.

Diciannove anni dopo la morte di Ali, suo figlio Hussein guidò una rivolta contro il califfo Yazid a Damasco. Le truppe di Yazid assediarono Hussein e un piccolo gruppo di sostenitori vicino la città irachena di Karbala. Secondo la tradizione sciita, Hussein e i suoi seguaci furono privati dell’acqua del fiume Eufrate; per oltre dieci giorni, molte persone soffrirono la fame o morirono dalla sete. Le truppe di Yazid alla fine assassinarono Hussein e mostrarono la sua testa mozzata durante il loro viaggio di ritorno a Damasco, un ammonimento per chiunque osasse sfidare l’autorità califfale. Le morti violente di Ali e Hussein hanno dato avvio al culto sciita del martirio e lo sciismo ha assunto il ruolo di una “pia opposizione” alla maggioranza sunnita.

All’inizio del 1500 la dinastia Safavide istituì lo sciismo come religione di stato in Iran. Poiché la maggioranza del mondo musulmano si trovava sotto l’autorità dell’impero ottomano sunnita, lo sciismo iniziò ad essere identificato con la Persia. I governanti safavidi dell’Iran cercarono di ottenere la legittimità del loro governo dai religiosi sciiti in Iraq e in Libano.

Fino al diciannovesimo secolo, ha prevalso la scuola quietista dello sciismo: la maggioranza dei religiosi sciiti si sono tenuti alla larga dalla politica, e gli sciiti che vivevano sotto il governo ottomano in Iraq, in Libano, e in altre regioni non hanno sfidato il regime sunnita. Il concetto del wilayat al-faqih risale ai primi del nono secolo, ma Khomeini lo ha reinterpretato nel 1970 mentre era esiliato a Najaf. In una serie di letture, egli si è occupato del problema di come creare uno stato islamico in assenza del Mahdi, il dodicesimo imam nascosto che gli sciiti interpretano come l’infallibile e l’ultimo successore di diritto al Profeta. (La maggior parte degli sciiti crede che il loro Mahdi sparito nel 874 e rimasto nascosto, tornerà infine, come Gesù, per restituire il giudizio finale all’umanità). Fino al ritorno del dodicesimo imam, secondo Khomeini, uno dei religiosi con più anzianità, divinamente ispirato, dovrebbe governare al suo posto.

L’innovazione di Khomeini fu respinta da altri teologi. Essi sostenevano che l’autorità assoluta garantita al leader supremo (rahbar in Persiano) fosse in contrasto con il sistema tradizionale attraverso cui veniva scelto il leader nella società sciita. Gli scritti del religioso iracheno Grand Ayatollah Muhammad Baqir al-Sadr (il suocero del leader sciita iracheno contemporaneo Muqtada al-Sadr) hanno ispirato gli autori della nuova costituzione iraniana nel 1979. Ma Baqir Sadr, che fu ucciso dal regime di Saddam Hussein nel 1980, aveva proposto una forma di governo islamico più democratica che richiedeva  l’approvazione dei fedeli e un consenso tra i religiosi sciiti nella scelta del leader religioso preminente. “Storicamente il leader della comunità sciita era scelto attraverso un lungo processo al termine del quale i seguaci gli promettevano fedeltà ed era riconosciuto dai suoi pari”, scrive Chibli Mallat, un dottore religioso libanese, una delle principali autorità dello sciismo. “ C’è un’ampia discrepanza tra il modo tradizionale nel quale la società sciita sceglieva un leader religioso e il modo in cui avviene nella costituzione iraniana.” (Fine prima puntata, continua…)

Mohamad Bazzi è adjunct senior fellow presso il Middle East studies at the Council on Foreign Relations e professore di giornalismo alla New York University.

Tratto da Foreign Affairs

Traduzione di Annalisa Marroni