La maggioranza politica serve a Monti per restare in sella, ad ABC per riorganizzarsi
18 Gennaio 2012
Qualcosa si muove nel campo della politica ai tempi del governo tecnico. Dal tunnel alla luce del sole. Dai contatti riservati al tavolo cui sedersi. Dagli incontri ‘clandestini’ nei corridoi o nelle salette più discrete degli hotel a Palazzo Chigi. L’ABC (che sta per Alfano, Bersani e Casini) sta declinando qualcosa, forse qualcosa in più di un semplice alfabeto.
La novità c’è. Difficile ancora prevederne gli esiti, gli sviluppi e soprattutto le prospettive. Difficile dire se è una novità dell’ora – cioè legata alla contingenza del momento – o seppure potrà seguire una traiettoria anche quando la politica tornerà a fare la politica, cioè si sottoporrà al giudizio degli elettori per una nuova legittimazione e un nuovo governo, dopo la parentesi dei professori. Ammesso che di parentesi si tratti. Il quadro è ancora molto confuso, complesso, molteplici gli interessi in campo e con essi le strategie. Di certo c’è che Alfano, Bersani e Casini hanno ingranato una marcia, probabilmente ragionato su una direzione da seguire pur nel rispetto delle reciproche posizioni. Che non si annacquano le une nelle altre, ma provano a discutere per arrivare a una sintesi. I segnali ci sono e sono concreti. Ieri Pdl, Pd e Terzo Polo hanno votato una mozione unitaria sulla giustizia che sostanzialmente approva la relazione del Guardasigilli Paola Severino; giovedì partiti e governo torneranno al lavoro sulla mozione comune Ue; a seguire primo vertice ABC sulla riforma della legge elettorale che va di pari passo con la disponibilità bipartisan a varare il piano di riforme istituzionali: dalla forma Stato ai regolamenti parlamentari, alla riduzione del numero di deputati e senatori.
Ma quali sono gli interessi (politici) in gioco?
Il premier Monti ha il problema di tornare in Europa cercando di battere il pugno dell’Italia (sugli errori dell’asse franco-tedesco e sul downgrading delle agenzie di rating) con una fiches più robusta in tasca: una maggioranza compatta che lo sostiene. Che tradotto vuol dire: la garanzia che nessuno da qui al 2013 staccherà la spina al suo governo. Per questo ha bisogno di un raccordo maggiore e più efficace coi partiti che in Parlamento lo sostengono. In sostanza : un raccordo quanto più possibile largo sull’agenda di lavoro della quale discuterà nel vertice a tre (con Sarkozy e Merkel, rinviato a fine mese). Non è e non può essere solo una questione di numeri in Aula, perché c’è la necessità di una condivisione sui provvedimenti. Questo non vuol dire – secondo le analisi più maliziose che nei corridoi del Transatlantico si incrociano sia a destra che a sinistra – farsi condizionare dalla politica quanto piuttosto coinvolgere la politica per consolidare e far durare l’azione di governo. Al Prof. di Varese sta a cuore questo, ma Pdl e Pd non possono permettersi di fare i notai in Aula.
L’Abc (Alfano, Bersani e Casini), infatti, gioca su un altro piano. La congiuntura di un governo di missione è occasione e strumento per prepararsi al voto, tra un anno e qualche mese. Perché è ormai chiaro a tutti che si andrà alle politiche nel 2013 e in questo tempo i partiti hanno bisogno di tempo per riorganizzarsi. Così nel Pdl, che deve fare i conti con la lenta ma invebitabile fine della parabola berlusconiana (un processo progressivo) e traghettare il berlusconismo oltre Berlusconi. E deve farlo evitando ciò che ad esempio Giorgio Stracquadanio intravede e segnala: il pericolo cioè che “un partito a rischio scomposizione tra qualche tempo si decomponga”. A maggior ragione in una fase in cui l’alleanza con la Lega (almeno per ora) è solo storia recente ma non ( o non più) futuro. In tutto questo, c’è da rimettere in piedi un’offerta politica credibile, convincente per l’elettorato di centrodestra. Stesso problema per Bersani che magari può contare su sondaggi favorevoli che lo danno in vantaggio al prossimo giro di giostra elettorale ma sa bene che se anche dovesse vincere, con Di Pietro e Vendola un governo di centrosinistra potrebbe durare dai tre ai cinque giorni.
Dopo il vertice di Palazzo Chigi, sia Alfano che Bersani si sono affrettati a sottolineare che no, questa non è affatto una maggioranza politica, e tuttavia la sensazione è che entrambi ne siano consapevoli anche se devono andarci coi piedi di piombo per non creare tensioni nei rispettivi partiti (peraltro già in fibrillazione) e non disorientare l’elettorato.
E Casini? Apparentemente il suo endorsement al governo Monti potrebbe favorirlo e rafforzare le quotazioni del Terzo Polo da qui alle politiche, ma a ben guardare non è così. L’ambizione dei centristi che molto più di altri si sono spesi per l’avvento del governo tecnico pensandolo come laboratorio per un futuribile esecutivo di larghe intese (sulla scorta della grosse koalition sperimentata in Germania), è mettere il cappello sull’esecutivo del Prof. autopromuovendosi come padri nobili di un figlio che, però, non li riconosce come tali. Monti, infatti, è molto più attento a rafforzare un patto di legislatura con i maggiori azionisti – Pdl e Pd – pure se in questo patto stanno i centristi.
Resta il fatto che l’obiettivo del premier non è esattamente quello di ABC. Anche se tutti e per interessi diversi, hanno lo stesso traguardo da raggiungere: il 2013. Se dunque da ieri i partiti della maggioranza hanno mostrato di voler metterci di più la faccia e non limitarsi a discutere i singoli decreti o provvedimenti governativi, resta da capire come questo percorso si svilupperà e soprattutto a cosa porterà. In tempi di scomposizione e ricomposizione di assetti ed equilibri dettati dalla crisi mondiale, la politica non può stare a guardare, né mostrarsi incerta, balbettante, impreparata.
Forse è questo il vero compito che ‘ABC’ – da latitudini diverse – devono portare a termine nel tempo sospeso del governo tecnico. A prescindere dalle opzioni future o da cosa Monti e alcuni dei suoi ministri decideranno di fare dopo il 2013.