La manifestazione è passata e ora per Walter arrivano i problemi

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La manifestazione è passata e ora per Walter arrivano i problemi

28 Ottobre 2008

La grande operazione di marketing politico di sabato scorso si è ormai conclusa. Esaurite le formule trionfalistiche e le miracolose moltiplicazioni delle presenze di piazza, gli “x” milioni di simpatizzanti agitati come simbolo e vessillo di una vittoria e destinati a finire nella mitologia del ricordo di parte, sono ormai tornati a casa. Ora la palla torna a lui, a Walter Veltroni che dopo aver fatto di tutto per trasformare la manifestazione del Circo Massimo in una reinvestitura di popolo, una sorta di primaria-bis, cerca di abbozzare una strategia credibile per capitalizzare il ritorno di immagine incassato sabato scorso.

L’impresa è tutt’altro che facile. Se sabato pomeriggio il segretario del Pd ha avuto gioco facile a recuperare lo spirito antagonista e la verve girotondina mettendo da parte l’identità riformista, questo “ritorno al passato” non potrà certo diventare lo spartito della sua stagione politica. I brividi di euforia, infatti, durano poco e il bagno di folla del Pd-day rischia di rivelarsi un palliativo effimero e passeggero se non sceglierà subito quale strada percorrere. A quale tavolo allora Walter Veltroni deciderà di spendere le monete di consenso guadagnate nella valle tra il Palatino e l’Aventino per evitare “l’esonero” alle prossime Europee?

I primi segnali si muovono più nella direzione della protesta che della proposta. Basta guardare l’odierna intervista a Repubblica per rendersene conto, visto che i tre quarti del suo pensiero sono antiberlusconismo, arsenico e vecchi merletti, con tanto di auto-identificazione nella formula del “populismo di sinistra” coniata da Edmondo Berselli. Un populismo non astratto visto che sul fronte della proposta ci si muove esattamente su questa strada. Come definire altrimenti l’idea di sgravi fiscali su stipendi e pensioni per un ammontare oscillante tra i 400 e i 600 euro, cifre ovviamente incompatibili con lo stato della nostra finanza pubblica? Insomma più propaganda che concreta alternativa di governo. Anche sul fronte delle alleanze si annunciano brusche correzioni di rotta rispetto ai tempi del Lingotto e della fondazione del Pd.

La “vocazione maggioritaria” del nuovo partito del centrosinistra appare, infatti, destinata ad essere annacquata attraverso il ritorno a una sorta di Unione dall’aspetto più presentabile. Resterà fuori Rifondazione, anche se Paolo Ferrero non esclude “convergenze tattiche” sulla battaglia per la scuola e contro il caro-vita, ma con gli altri ex alleati, e non solo con loro, gli abboccamenti sono già iniziati. La presenza di Antonio Di Pietro al Circo Massimo non può, infatti, essere considerata casuale. Così come la battaglia sulle preferenze alle Europee potrebbe diventare il terreno di incontro con l’Udc, partito con il quale un’alleanza strutturale resta comunque difficile. Con l’Italia dei Valori, invece, il via libera veltroniano alla candidatura di Carlo Costantini in Abruzzo crea le condizioni per un appeasement e per un ritorno alla collaborazione. Se passerà lo sbarramento al 5% risulta inoltre pressoché scontato prevedere una confluenza dentro il Pd di parte dei Verdi e dei Socialisti.

Resta un’altra partita da giocare: quella della leadership interna. Per il momento, come scrive oggi Il Riformista, Veltroni pare sia riuscito a respingere l’offensiva portata dagli altri pezzi da novanta del partito che avrebbero visto bene Maurizio Migliavacca come responsabile dell’Organizzazione. Il ridimensionamento di Goffredo Bettini e di Beppe Fioroni sarebbe stato un segnale evidente e tutt’altro che positivo inviato al segretario. Ma l’effetto-manifestazione pare che allontani questa ipotesi. Non c’è dubbio, però, che Veltroni vorrebbe anche puntellare la sua leadership attraverso quella che ha definito “un’operazione di innovazione sul partito, un’innovazione generazionale”. Si tratterebbe di una sorta di rilancio e di innesto di fedelissimi, una prova di forza attraverso un rinnovamento da realizzare prima del congresso attraverso l’innesto di volti nuovi nel coordinamento ristretto del Pd. Un tentativo che le correnti interne del partito vedono come fumo negli occhi e per fermare il quale stanno già affilando le armi dialettiche. Rendendo sempre più fitto un fuoco di sbarramento che la prova di forza del Circo Massimo non contribuisce certo ad addolcire.