La manovra di Zapatero non mette al sicuro la Spagna
15 Giugno 2010
La Spagna comincia la settimana con l’annuncio di uno sciopero generale e le indiscrezioni sull’avvio di un piano di salvataggio europeo per aiutare la sua economia. Luglio sarà un mese caldo per il governo di Madrid che cerca di affrontare uno dei suoi momenti peggiori lanciando messaggi rassicuranti ai mercati internazionali, nel tentativo di convincerli che la barca iberica non sta affondando. Il primo appuntamento è previsto per domani a Bruxelles, dove verrà esaminato il piano d’austerity approvato da Zapatero. Si tratta di un test preliminare all’incontro di venerdì con Dominique Strauss-Kahn, direttore del FMI, lo stesso che qualche giorno fa intimava alla Spagna di mettere in atto “riforme urgenti, necessarie e decisive”. Per Fernando Navarrete, Direttore del settore economico e di politica pubblica di FAES, la fondazione presieduta dall’ex premier José María Aznar, però, queste misure non sono sufficienti a tirar fuori la Spagna dalla crisi.
Ieri sono apparse sui quotidiani tedeschi alcune indiscrezioni secondo cui Bruxelles, dopo quello della Grecia, starebbe preparando un piano di salvataggio per la Spagna. E’ una notizia credibile?
So solo che i media tedeschi hanno fatto girare queste voci e che i rappresentanti della Commissione si sono affrettati a smentirle. L’Unione Europea si è dotata di un fondo di salvataggio per i Paesi che hanno seri problemi d’accesso ai finanziamenti. Al momento non ci sono state dichiarazioni ufficiali sulla richiesta del governo spagnolo per poter accedere a questo prestito. A Bruxelles gli esperti stanno preparando le normali analisi di contingenza e le indagini sui diversi scenari possibili anche in vista del prossimo luglio, quando il Tesoro spagnolo dovrà rivolgersi ai mercati per chiedere il ri-finanziamento di emissioni di titoli pubblici per un valore di 18 miliardi che scade nella prima settimana, più altri 16 miliardi a fine mese. Si tratta di una somma pari al 2,4% del Pil o al 20% del deficit. E’ perfettamente normale quindi che i funzionari europei stiano valutando tutte le possibilità e vengano fatti esercizi teorici di simulazione.
Intanto oggi a Bruxelles verrà esaminata la manovra finanziaria di 15 miliardi approvata dal governo Zapatero. Crede che sarà sufficiente per rilanciare l’economia spagnola e dare fiducia ai mercati?
Dal punto di vista della riduzione della spesa pubblica, la misura è senza dubbio insufficiente. Essa si è limitata infatti a modifiche minori di breve termine che evadono dalla principale necessità: la garanzia della sostenibilità dell’economia spagnola. La manovra non ha affrontato alcuna riforma importante di più lungo termine che vada al di là del mero alleggerimento dei conti pubblici dei prossimi due esercizi economici, un provvedimento che è essenziale per garantire ai mercati internazionali la sostenibilità dei conti pubblici spagnoli. Per quanto riguarda le misure strutturali, a quanto pare il governo ha finalmente capito che deve iniziare ad affrontare la questione della riforma del mercato del lavoro. Mercoledì prossimo, infatti, verrà presentato il disegno di legge in Parlamento. In tale sede, i partiti potranno presentare emendamenti per rendere la riforma quanto più efficace possibile e riuscire a rimuovere gli ostacoli che frenano il lavoro in Spagna.
I sindacati però non hanno accolto con favore la notizia e hanno annunciato una dura battaglia. Ieri stesso hanno proclamato che presto sarà organizzato uno sciopero generale, il settimo da quando la Spagna è democratica.
Ormai da molto tempo, in Spagna gli scioperi generali hanno molto poca influenza. Anzi, direi che spesso tendono a rafforzare gli esecutivi che sono al governo. Il potere dei sindacati spagnoli è minimo, le loro proteste sono per lo più dimostrative e precedentemente pattate. In realtà non registrano affatto il dissenso politico della popolazione.
Allora di che cosa ha bisogno in questo momento la Spagna per uscire dalla crisi?
La riforma del lavoro di per sé non servirà a salvare l’economia spagnola. Sono necessarie altre misure, come per esempio è fondamentale la modifica dell’intero sistema finanziario, in particolare quello delle casse di risparmio. E’ vero che c’è in atto il riordino di queste entità ma è solo formale e in futuro sarà necessaria una riforma radicale del settore perché quella attuale è incompleta, affrettata e fallimentare.
Perché è così urgente per la Spagna modificare il sistema delle casse di risparmio?
La Spagna, come è avvenuto in Italia molti anni fa, ha ancora in sospeso il processo di liberalizzazione delle casse di risparmio. Si tratta di entità che non hanno capitale, la cui composizione di governo è stabilita per legge (normalmente i comuni, le province e le Comunidades Autónomas) e che non hanno un proprietario responsabile delle sue attività. Esse non possono ricapitalizzarsi nel mercato perché non è il mercato a decidere. In questo momento, la Spagna rischia di continuare a conservare un sistema finanziario zombi, in cui le entità bancarie vivono degli aiuti pubblici senza compiere la loro funzione sociale di valorizzare realmente i rischi (come è successo con la bolla immobiliare), per poi concedere in sicurezza il credito alle imprese e alle famiglie spagnole. E’ necessario quindi affrontare la questione riformando il loro status giuridico, introducendo capitale privato e incentivando la loro competitività nel sistema bancario.
Luglio è anche il mese in cui verrà incrementato l’IVA, che passa dal 16 al 18% per il generale e dal 7 all’8% per quello ridotto. Come influirà nel mercato spagnolo?
Vedremo i suoi effetti in primo luogo sui consumi. Se nel secondo trimestre stiamo registrando una crescita dei consumi è perché i consumatori vogliono anticipare le spese per evitare questa misura, a partire dal terzo trimestre però i consumi saranno molto bassi. A medio termine, ci sarà una caduta della richiesta di consumi molto significativa. Non è un caso che la Spagna è uno dei pochi Paesi europei che quest’anno avrà una crescita negativa stimata tra lo 0,5 e lo 0,7 per cento del Pil. A questo bisognerebbe aggiungere il pessimismo e la perdita di fiducia generale nel futuro dell’economia del Paese.