La manovra Monti non servirà a nulla se l’Europa non cambia politica

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La manovra Monti non servirà a nulla se l’Europa non cambia politica

15 Dicembre 2011

Alla vigilia del vertice dell’Immacolata una dichiarazione di Nicolas Sarkozy fece il giro del mondo e finì sulle prime pagine di tutti i giornali: “Non avremo un’altra chance per salvare l’Europa”. L’accordo partorito a Bruxelles senza la firma di David Cameron, dovrebbe quindi essere l’ultima possibilità per il vecchio Continente per evitare il disastro.

A distanza di una settimana, passata la bufera mediatica sullo scisma inglese che ha catalizzato l’attenzione nei giorni subito successivi,  è persino dubbio che quell’accordo veda mai la luce. Quando i leader hanno smontato le tende e sul campo sono rimasti gli sherpa a mettere i insieme i vari pezzi dell’intesa, quello che hanno trovato è un groviglio di ostacoli politici, economici, legali che lascia la prospettiva della nuova “unione fiscale” nel caos più completo.  

I mercati se ne sono resi conti in un attimo e poiché sul versante della difesa dell’Euro le trincee sono rimaste sguarnite tanto quanto prima, gli effetti sugli spread dei titoli dei paesi più deboli si sono fatti subito sentire: ieri quello tra i btp italiani e i bund tedeschi ha superato quota 500 ed ora oscillante tra 400 e 500 punti base.

Sembra di capire che l’ultima chance si sia volatilizzata, così come era già successo nel vertice di luglio dove pure si era detto: ora o mai più. Ed è proprio questa processione di appuntamenti decisivi che non decidono nulla, di ultime occasioni sempre perdute, di patti di ferro che si sbriciolano come foglie secche, che rende i mercati giustamente sospettosi verso l’Europa e induce gli investitori a chiudere le proprie posizioni in Euro sempre più rapidamente.

Che cosa infatti dovrebbe garantire che quello che non si è verificato negli ultimi due anni di impegni solenni dovrebbe accadere in futuro. Ci sono paesi che non hanno ancora adempiuto agli impegni presi nei vertici precedenti, il fondo salva-stati non è ancora stato interamente finanziato, molti parlamenti nazionali tardano a ratificare accordi già siglati dai governi, il contributo da 200 miliardi da fornire al Fmi è ancora sub judice, gli stessi leader dei paesi forti danno l’impressione di non credere alle loro promesse. E’ la credibilità dell’Europa il cuore del problema.

In tutto il mondo le grandi banche, i centri finanziari, le università, i fondi di investimento, approntano studi apocalittici sulla caduta dell’Euro, sul crollo della Ue, e fanno ipotesi sul futuro valore del Marco o della Dracma. Se fino a qualche mese fa veniva giudicato inconcepibile il solo default della Grecia oggi non si esclude la possibilità di un default a catena di tutta l’Unione.

Se questo è lo scenario di fondo non meno incoraggiante è quello che vediamo sulla ribalta italiana. Il governo tecnico ha messo in piedi una manovra che Cirino Pomicino avrebbe fatto di meglio. Non solo sul piano dei contenuti ma anche su quello meramente tecnico, sul quale almeno Monti e suoi avrebbero dovuto primeggiare. I funzionari di Camera e Senato sono dovuti impazzire solo per correggere gli innumerevoli errori materiali presenti nel decreto. Ma anche per molte delle misure che hanno passato questa prima fase di correzione non è difficile immaginare valanghe di ricorsi contro la legittimità dei provvedimenti più controversi, come l’aliquota sui patrimoni scudati a cui non si è previsto di fissare un termine temporale.

Nei contenuti poi sembra incredibile che l’ex commissario per l’Antitrust Europeo, Monti e l’ex presidente dell’Antitrust italiano, Catricalà si siano fatti sonoramente gabbare da tassisti e farmacisti. Il fatto che i campioni delle liberalizzazioni non siano riusciti a portare a casa neppure la vendita di una fontanella pubblica la dice lunga.

Visto lo stato di eccezione che stiamo vivendo, davanti alle resistenze corporative Monti avrebbe dovuto mostrare la sua vera determinazione: o era in grado di ignorare le pressioni delle lobby, o doveva denunciare pubblicamente l’impossibilità di procedere e dimettersi. Invece ha scelto la solita via italiana del compromesso: ma allora c’era bisogno di quella forzatura democratica che ci ha portati a cambiare il governo in carica? Tanto più che non è neppure servita a raffreddare lo spread come ci era stato autorevolmente assicurato.

La manovra di agosto del governo Berlusconi ci ha fatto perdere lo 0,5 per cento del pil in termini di crescita e per questo si è reso necessario l’aggiustamento da 30 miliardi del governo Monti. Ma la manovra odierna farà probabilmente perdere un altro 0,5 di crescita e innescherà la necessità di un nuovo aggiustamento per adempiere all’impegno del pareggio di bilancio, e così all’infinito.  

Per l’economia italiana è come correre su un tapis roulant: deve faticare sempre di più per restare allo stesso  punto e il controllo della velocità lo manovrano mercati e spread e forse anche un po’ la signora Merkel. Basta che aumenti ancora un po’ e verremo catapultati giù dal nastro.

Se la situazione in Europa non trova una soluzione credibile, tutti le lacrime e il sangue che lavoratori e pensionati italiani possono versare non serviranno a nulla. Di questo dovrebbe parlare Monti al paese e al Parlamento. Di questa operazione verità ci sarebbe bisogno se la recuperata credibilità dell’Italia in Europa serve a qualcosa e non solo a consolare il nostro amor proprio e a illuderci di essere tornati tra i “grandi”. Monti deve alzare la voce non con i partiti italiani ma con i partner europei, togliere il velo alla crisi comunitaria, dire che i “grandi” non ci sono e quelli che si presentano come tali hanno prodotto solo danni per tutti cercando vantaggi per se.

L’Italia è uno dei sei paesi fondatori, deve prendere l’iniziativa di una vera rifondazione europea in chiave identitaria e politica, senza la quale la moneta unica è solo un’illusione cartacea. La strada della nuova Europa non può essere quella immaginata dalla Germania: un’Unione penitente, poliziesca, punitiva, priva di slancio e di crescita, impiccata al rigore contabile ed erogatrice di sanzioni invece che di benessere. Chi può volere vivere in un mondo del genere?