La Marea Nera si ritira più in fretta del previsto e (forse) fa meno paura
28 Luglio 2010
La chiazza di petrolio che da oltre tre mesi galleggia sulla superficie del Golfo del Messico si sta dissolvendo più rapidamente di quanto gli esperti avessero previsto. È quanto si legge sul New York Times, secondo cui, a quasi due settimane dall’installazione della calotta con cui la British Petroleum ha sigillato il pozzo per la prima volta dall’esplosione del 20 aprile, della distesa sconfinata di greggio – che era arrivata a ricoprire migliaia di chilometri quadrati di mare – rimarrebbero ormai soltanto poche tracce.
Le ultime immagini scattate dai reporter sugli elicotteri, spiega il quotidiano di New York, rivelano soltanto uno velo lucente al di sopra delle acque e qualche rara chiazza di maggior spessore. Uno scenario confermato anche dalle immagini radar, che mostrano lo strato di greggio superficiale scomparire rapidamente dalla superficie del Golfo. "Il petrolio ha vita breve sulla superficie marina", spiega John Amos, presidente dell’associazione ambientalista SkyTruth che fu tra le prime a criticare le iniziali stime della perdita dal pozzo, poi rivelatesi estremamente ottimistiche. "A questo punto, la chiazza di greggio sta davvero cominciando a dissolversi molto rapidamente", ha dichiarato.
La dissoluzione della marea nera potrebbe ridurre i danni agli animali e alle coste, ma restano un mare di incertezze. L’effetto di grandi quantità di petrolio dissolto sotto la superficie sulla vita nelle acque è ancora un mistero. Due rapporti del governo hanno trovato basse concentrazioni di composti tossici nelle acque profonde, ma sono rimaste questioni aperte, come un apparente declino dei livelli di ossigeno nell’acqua. Gli scienziati ci metteranno anni a comprendere gli effetti della marea sulle coste che sono state colpite, tra cui le paludi costiere della Louisiana. Da parte loro, i pescatori lungo la costa sono profondamente scettici su tutte le dichiarazioni di successo, esprimendo preoccupazione per gli effetti a lungo termine dei disperdenti chimici usati per combattere la fuoriuscita del petrolio e sugli effetti in profondità, in particolare sulle larve di gamberi e granchi che sono la base per le stagioni di pesca future.
Secondo gli scienziati, la rapidità di dissoluzione del petrolio deriverebbe da una combinazione di fattori. Parte del greggio, fino al 40% secondo alcuni studiosi, potrebbe essere evaporato spontaneamente. Un’altra frazione potrebbe essere stata mangiata dai batteri del Golfo, divenendo così innocua per l’ambiente e trasformandosi in un anello della catena alimentare. In aggiunta, i venti provocati dalle due grandi perturbazioni che hanno recentemente colpito il Golfo del Messico hanno contribuito a disperdere la chiazza superficiale.
Parte del merito va riconosciuto alle operazioni messe in piedi dalla British Petroleum e dal governo americano, che hanno dispiegato in tutto il Golfo circa 4.000 imbarcazioni per la scrematura del petrolio e la sua combustione con incendi controllati. In particolare, dopo 86 giorni di perdita, la falla è stata finalmente stoppata il 15 luglio, quando la Bp è riuscita a installare un cappuccio aderente sul fondo del mare, e poi, a poco a poco, ha chiuso una serie di valvole.
Ma se la chiazza si sta riducendo fino a sparire quasi del tutto, le coste statunitensi continuano però a essere minacciate dai famigerati grumi viscosi di catrame che hanno già fatto vittime tra i gabbiani, i pellicani e altre specie protette delle wetland, le aree lacustri di fronte alle coste ad alto livello di biodiversità.
Intanto L’Fbi ha messo in piedi a New Orleans un team di investigatori, noto come la "squadra Bp", che avrà il compito di indagare su tre compagnie coinvolte nel disastro ambientale e sui loro rapporti con le autorità preposte al controllo delle attività estrattive. L’indagine, che si affianca ad altre otto in corso su quello che è stato definito il peggior disastro della storia americana, sarà la prima a concentrarsi esplicitamente sui tentativi di corruzione e di intralcio alla giustizia da parte delle compagnie petrolifere, ed esaminerà anche eventuali falsificazioni del documenti presentati all’esame dei regolatori e dei test di sicurezza sui dispositivi a bordo della piattaforma esplosa.
Il team, riferisce il Washington Post, comprende investigatori dell’Agenzia per la protezione ambientale (Epa), della Guardia Costiera e di altre agenzie federali, ed è guidato dal procuratore generale Eric H. Holder. Al centro delle indagini della "squadra Bp" non c’è solo il colosso petrolifero britannico che aveva in gestione la piattaforma esplosa lo scorso 20 aprile, ma anche la Transocean, proprietaria della piattaforma, e la Halliburton, società fornitrice di servizi per la trivellazione i cui tecnici completarono la cementazione del pozzo appena 20 ore prime dell’esplosione.
L’inchiesta, ancora in fase preliminare, si concentrarà prevalentemente sui rapporti tra le compagnie e il Minerals Management Service (Mms), l’ormai ex agenzia federale responsabile di regolare le trivellazioni off-shore, sospettata di aver chiuso un occhio sui regolamenti in cambio di denaro o di altri benefici. Gli sviluppi potrebbero creare intrecci imbarazzanti, dal momento che i due principali indagati, la Bp e il Mms, sono rispettivamente il principale alleato del governo nelle operazioni di contenimento della marea nera e uno dei partner della commissione che conduce l’inchiesta federale sul disastro.