La mia esperienza al Parlamento europeo grazie alla Spring School
04 Maggio 2012
E’ di nuovo tempo di Spring School, la scuola di formazione promossa dalla Fondazione Magna Carta e dal PPE che aprirà i battenti il prossimo 17 maggio. Esattamente un anno fa, insieme ad altri giovani partecipanti, ho preso parte alla seconda edizione della scuola che avrebbe segnato una tappa fondamentale nella mia vita professionale. Sono stata, infatti, una dei tre vincitori di una borsa di studio che dava la possibilità di svolgere un periodo di tirocinio della durata di tre mesi a Bruxelles, presso il Parlamento europeo. Una esperienza importante, che per me ha rappresentato un trampolino di lancio nel mondo del lavoro.
Oggi la facoltà dei cittadini europei di esercitare il loro diritto alla libera circolazione fa sì che ognuno possa muoversi liberamente all’interno degli spazi geografici dell’Unione e gli spostamenti, i viaggi, siano diventati una prassi ormai consolidata. E’ per questo motivo che un numero sempre maggiore di giovani sente l’esigenza – che per alcuni diventa una vera e propria necessità – di completare la propria formazione culturale e professionale tramite stage ed esperienze lavorative all’estero. E questo, in modo particolare, all’interno dell’unica istituzione democraticamente eletta dai cittadini europei: il Parlamento, appunto.
Se dovessi parlare di quello che ha rappresentato per me la mia prima esperienza allo EP – che è stata possibile grazie alla Spring School – non potrei fare a meno di scrivere decine e decine di righe. Tre mesi di tirocinio al Parlamento europeo sono un’ esperienza entusiasmante, che ti rende tangibile una realtà che oggi è sottovalutata e guardata con grande disinteresse da noi giovani: l’esperienza politica all’interno della dimensione europea.
Entrare nel centro direzionale della politica comunitaria, almeno inizialmente, può lasciare un po’ disorientati. Gli innumerevoli uffici, i parlamentari, gli assistenti, la mole di lavoro, le interrogazioni, le Commissioni, ti fanno immediatamente capire quanto quell’universo che pare semplice dall’esterno diventi tremendamente complesso dall’interno, articolato, e quasi può sorprendere come esso sia in grado di riflettere le decisioni di milioni di cittadini appartenenti a 27 Stati membri.
Un’esperienza allo EP è un’esperienza completa: ti forma dal punto di vista umano prima e lavorativo poi, ed è utile ad acquisire esperienze, competenze e conoscenze di cui potrai fare tesoro anche una volta terminato il (seppur breve) periodo di tirocinio. E’ una esperienza che ti rafforza, ti pone dinnanzi a sfide complesse, sempre più complesse, ma che alla fine, come nel mio caso specifico, ti regalano grandi soddisfazioni. Ti plasma e ti rende pronto al mondo del lavoro, non annoiandoti e stimolandoti con confronti molto spesso entusiasmanti.
In un momento storico in cui l’antipolitica e i sentimenti negativi verso l’intero universo della res pubblica la fanno da padrone, queste esperienze di incontro e di raccordo con le istituzioni e la politica europea possono diventare fondamentali, soprattutto alla luce dell’attuale periodo di crisi globale. Contribuire ad abbattere le barriere verso un mondo in apparenza chiuso e stratificato in caste, e a creare e ritrovare quel necessario rapporto tra le giovani generazioni ed il mondo istituzionale è un dovere, da perseguire attraverso una partecipazione attiva e consapevole, rinvigorendo la fiducia in una politica da sempre vista come gerontocratica.
Quello del Parlamento europeo è un mondo (apparentemente) giovane, e anche fortemente competitivo in cui (unica nota dissonante dell’ intera esperienza) ci si scontra anche con i problemi classici dell’ingresso nel mondo del lavoro.
Inutile nascondere questi disagi, che ritroviamo a casa nostra, ma anche all’interno delle istituzioni comunitarie. La continua ricerca della stabilità, contrattuale come personale, fa parte anche di questo universo. La classica gavetta, per chi sogna una vita lavorativa all’interno dell’organo decisionale dell’Unione europea, non manca (come non deve mai mancare), ma il processo di crescita professionale è lento, e non risulta un meccanismo oleato anche nella più dinamica delle istituzioni europee. La giovane età non risulta un coefficiente molto importante nell’equazione complessa tra i giovani e mondo del lavoro. Può a volte addirittura diventare un’esperienza fine a se stessa, quando ci si accorge di trovarsi pur sempre in un mondo vecchio e in una situazione strutturata. Ma è lì che bisogna affidarsi alla determinazione di cui ognuno di noi dispone e lottare per raggiungere il proprio, personale, traguardo. Che, poi, è anche un traguardo collettivo.