La minigonna da simbolo di emancipazione a icona dell’omologazione
31 Agosto 2011
Dal 2012 le studentesse delle Nailsea School del Somerset, del Northgate High School a Ipswich, e di altre scuole del Regno non potranno più utilizzare le minigonne che facevano parte delle divise dei college. Era il 1964, quando una giovane stilista Mary Quant inventò la minigonna. Nacque in un clima di ribellione, di grandi cambiamenti. Negli anni cinquanta l’Inghilterra era ancora il paese europeo più tradizionalista e conservatore. Era molto sentita la differenza tra le classi sociali ed era discriminante anche l’accento con cui si parlava. Poi tutto cambiò vertiginosamente anche il costume e apparve la minigonna che divenne un simbolo di quegli anni, un’ icona dei tempi, un simbolo di libertà e di emancipazione sessuale.
In Italia arrivò più tardi, ma ovunque nel mondo la minigonna rappresentò uno straordinario cambiamento nei costumi. Poi negli anni divenne un normale indumento femminile. Ed ecco che ora la minigonna torna a far parlare di sé, ma in realtà ci parla di cosa? Non è ben chiaro. Da indumento di emancipazione viene ad essere indumento conformista che tutte indossano, ma sembrerebbe in modo improprio, se si è sentita l’esigenza di vietarle nelle scuole.
Allora cosa c’è dietro questa proibizione? In un mondo libero il vestito dovrebbe essere il modo con cui ognuno parla di sé e si rappresenta per quello che è. In realtà, purtroppo, soprattutto tra i giovani si è arrivati ad un conformismo esasperante per cui il modo di vestire significa un’appartenenza precisa. Quindi se ci si veste in un certo modo si è dentro o fuori certi gruppi o certi circuiti. L’abito è divenuto non più un’espressione libera di se stessi ma una bandiera di appartenenza. Ed ecco che anche la minigonna probabilmente è divenuta non più uno dei tanti modi in cui ci si può vestire; dato che ormai aveva perso il significato di rottura che aveva, ma diviene invece un indumento probabilmente di provocazione, di esibizione, di allusione.
In questo mondo ipersessualizzato dove tutto è divenuto ammiccamento, provocazione, le ragazze probabilmente si ritrovano a dare alla gonna corta un significato fuorviante di forte impronta sessuale che induce forse addirittura le scuole a correre ai ripari e a vietarle. Quindi l’ormai innocua minigonna risale sul palco. Proibendola le si ridà un valore simbolico che nel tempo aveva perso; ma il paradosso è che prima era considerata un simbolo di libertà, di cambiamento, di emancipazione sessuale. Oggi invece diviene simbolo di conformismo e non di emancipazione. Sembra che le ragazze non sappiano distinguere i luoghi e che anche nella scuola si abbiglino come se fossero in discoteca con l’idea che ormai tutto è sempre spettacolo e apparizione.
Immagino che se si è arrivati a vietarle, e voglio sperarlo, è per educare le ragazze ad un rispetto di sé, a non farsi considerare oggetti da esposizione per fantasie morbose. Voglio augurarmi che sia un segnale non di chiusura ma un modo per fermare la banalità, per indurre alla scelta consapevole e individuale le giovani. Per farle riflettere sul non dare significati sbagliati loro stesse ad un innocuo indumento che se strumentalizzato perde la sua neutralità. Spero che il divieto non passi per il malsano pensiero che se ci si mette la minigonna dobbiamo aspettarci il peggio e celo siamo voluto!! Se fosse questo lo spirito del divieto siamo finiti nella banalità e nel conformismo più ottuso.