La NATO compie gli anni ed è pronta per un nuovo Concetto Strategico
04 Aprile 2009
4 aprile 1949. Di lì a poco mi accingevo a festeggiare il mio terzo compleanno e quindi mi sentirei di dire, con sicuro affetto ed ormai una certa familiarità, che la NATO ed io siamo quasi coetanei.
12 Stati occidentali, tra cui la neo costituita Repubblica Italiana, aderiscono al Trattato e "riaffermano la loro fede negli scopi e nei principi dello Statuto delle Nazioni Unite e il loro desiderio di vivere in pace con tutti i popoli e con tutti i governi. Si dicono determinati a salvaguardare la libertà dei loro popoli, il loro comune retaggio e la loro civiltà, fondati sui principi della democrazia, sulle libertà individuali e sulla preminenza del diritto. Aspirano a promuovere il benessere e la stabilità nella regione dell’Atlantico settentrionale. Sono decisi a unire i loro sforzi in una difesa collettiva e per la salvaguardia della pace e della sicurezza".
Parole che esprimono concetti che, oggi come allora, risuonano in tutta la loro attualità sottoscrivendo la necessità dell’esistenza di tale organizzazione e, soprattutto, recependo i presupposti del Trattato in ambito nazionale, risultano essere la vera essenza su cui si fondano le Forze Armate italiane che oggi mi onoro di comandare.
L’organizzazione del Trattato Nord Atlantico (NATO) rappresenta il vincolo transatlantico che lega Europa e Nord America in un’unica alleanza di difesa e di sicurezza. Lo scopo essenziale e perdurante della NATO, espresso nel Trattato di Washington, è quello di salvaguardare la libertà e sicurezza di tutti i suoi membri attraverso mezzi politici e militari. A tal fine, dalla sua istituzione nel 1949, la NATO ha assicurato la difesa collettiva e ha costituito anche un foro indispensabile di consultazione sulle questioni relative alla sicurezza come pure un pilastro essenziale di pace e stabilità nell’Area Euro-atlantica.
Con il dissolversi del Patto di Varsavia e il continuo mutare del contesto geo-politico l’Alleanza ha assunto, in risposta alle nuove sfide che si sono nel tempo profilate, tutta una nuova tipologia di responsabilità, fra le quali, quelle di assicurare la stabilità nelle aree dove essa veniva messa a rischio dai conflitti regionali ed etnici insieme all’impegno nel prevenire i rischi correlati alla recrudescenza del terrorismo internazionale e alla proliferazione delle armi di distruzione di massa.
Per attribuire concretezza al preambolo del Trattato, la NATO, a partire dal 1952, ha adottato tre successivi Concetti Strategici di cui due solo negli ultimi 20 anni. La differenza sostanziale tra il primo documento, essenzialmente indirizzato alla componente militare dell’Alleanza, e le due successive versioni, si può riassumere nel fatto che con queste ultime due versioni, oltre a delineare la propria strategia generale, i Capi di Stato e di Governo delle Nazioni membro hanno voluto indicare, chiaramente, i propri obiettivi politici, la ragion d’essere dell’Alleanza, l’ambiente nel quale doveva operare, fino ad includere una "vision" per il futuro di medio termine.
Nel 1991 la NATO sentiva l’esigenza di confermare la propria ragion d’essere: l’Organizzazione non doveva essere messa in discussione dagli eventi occorsi in Europa centro-orientale dopo il crollo dell’URSS e pertanto serviva un Concetto Strategico che desse delle nuove linee guida per i Paesi affiliati e, soprattutto, un forte segnale d’apertura verso i Paesi del "vecchio" blocco orientale.
Il Concetto Strategico del 1999 veniva formulato dopo l’esperienza della NATO nei Teatri Balcanici a seguito del dissolvimento delle Entità statuali avvenuto nell’intero decennio. Per la prima volta si concretizzava un’operazione, condotta al di fuori della tradizionale sfera d’azione dell’Alleanza e quindi ex art. 5.
Il comune denominatore, in entrambi i casi, era dunque rappresentato da una significativa trasformazione del contesto strategico in cui la NATO si era trovata, anche allora, a deliberare ed agire. In un arco di circa 10 anni il ruolo dell’Alleanza era passato dalla sostanziale deterrenza, senza alcun impegno operativo reale, al fattivo contributo per l’imposizione della pace attraverso, anche, l’uso della forza.
Ma l’Articolo 5 del Trattato di Washington ha continuato a rappresentare il tessuto connettivo dell’Alleanza e, curiosamente, l’applicazione concreta di tale articolo, mai avveratasi durante la Guerra Fredda contro minacce tradizionali, si è materializzata all’inizio del XXI secolo per fronteggiare la minaccia terroristica.
Oggi basterebbe dare un’occhiata alla cartina "NATO 60 anni dopo" per avere una idea chiara circa i cambiamenti a cui la NATO deve far fronte per comprendere come sia diversa da ciò che era solo dieci anni fa: per struttura, membri, relazioni esterne e campo d’azione. Ciò ha reso evidente la necessità di ridefinire una nuova cornice di riferimento che solo una revisione del Concetto Strategico può fornire.
L’approccio al tema del nuovo Concetto Strategico parte proprio dalla constatazione dei citati, profondi mutamenti dello scenario di sicurezza globale avvenuti in quest’ultimo decennio per interrogarsi circa il ruolo, le missioni ed i compiti della NATO oggi ed in futuro.
Alla luce di ciò, appare doveroso chiedersi come detti cambiamenti possano riflettersi nel nuovo Concetto Strategico e quale relazione vi possa essere tra detto documento e la Declaration of Alliance Security che dovrà essere completata entro il Summit dei Capi di Stato e di Governo del prossimo aprile 2009.
L’odierno contesto di sicurezza globale, sempre più dinamico e complesso, impone il perseverare nell’opera d’adeguamento del Concetto in esame, con una sempre maggiore attenzione ai nuovi significati di minaccia, difesa collettiva e solidarietà tra alleati. Una accresciuta complessità dello scenario richiede inoltre "risposte più complesse" per le quali la NATO necessita di strumenti adeguati che devono andare oltre il semplice contesto militare.
Se, da un lato, è ormai assodato che la tutela dei principi condivisi richieda sempre più frequentemente di affrontare sfide al di fuori dei confini dell’alleanza, è doveroso riconoscere che il superamento della nozione di minaccia univocamente identificata (tipica della guerra fredda), quale trend ampiamente condiviso negli ultimi anni, ha esteso il mero obbligo di difesa collettiva a tutta una serie di possibili risposte a minacce a cui le singole Nazioni membro assegnano priorità differenti e percepiscono in maniera diversa.
Queste considerazioni sono, d’altro canto, tutt’altro che nuove. Mentre l’esigenza di maggiore proiettabilità è, infatti, uno dei concetti ispiratori dei cambiamenti che la NATO sta apportando alla propria struttura di Comando e Controllo, nel campo della trasformazione sono noti gli sforzi orientati ad identificare possibili scenari futuri e le correlate capacità, tradizionali e complementari, che metteranno in grado l’Alleanza di assolvere le proprie funzioni (Cyber defense, Maritime Situational Awareness ed Energy security).
Tale orientamento include, inoltre, l’ormai consolidato concetto di Comprehensive Approach, già applicato nei Teatri Balcanico ed Afgano, che deve essere esteso a tutte le altre tipologie di minaccia e diventare una "pietra d’angolo" del prossimo Concetto Strategico. E’ tuttavia opportuno osservare come l’adeguamento del ruolo dell’Alleanza e la concretizzazione di iniziative teoricamente ineccepibili si siano scontrati, nel recente passato, con il pragmatismo imposto da aspetti politici ed economici. Aspetti che hanno fortemente influenzato lo sviluppo di una larga serie di progetti di rinnovamento, nel campo militare.
Appare quindi chiaro come la possibilità di sviluppare temi che afferiscono alla sfera militare presupponga una visione condivisa sul futuro ruolo e realistico Livello di Ambizione della NATO e, nel contempo, un equilibrio e compromesso tra quello che le Nazioni percepiscono come priorità tra difesa individuale e difesa collettiva in ambito NATO: questioni di evidente natura politica, a lungo dibattute e, ad oggi, sostanzialmente aperte.
Parallelamente all’esigenza di definire, o rimodulare, nuovi rischi e minacce unitamente a concetti di difesa collettiva e solidarietà, vi è l’esigenza di rivedere, in maniera critica e realista, il ruolo e la rilevanza che la NATO dovrà e potrà avere nel terzo millennio.
Se la Trasformazione mira a dotare la NATO della necessaria flessibilità e dispiegabilità per poter intervenire "world-wide", sotto il profilo militare, anche in un contesto di scenari internazionali in evoluzione, il concetto di "deterrenza" (e conseguentemente di superiorità strategica) rimane centrale.
Si tratta chiaramente di un compito arduo, già in discussione da tempo che, ad oggi, non ha trovato soluzioni concrete. Esso è tuttavia un prerequisito indispensabile per tracciare il nuovo Concetto Strategico dell’Alleanza: definire un commisurato livello di ambizione, pianificare la struttura e le Forze necessarie per conseguirlo.
In sintesi, prima di parlare di come trasformare la NATO è necessario determinare "chi si deve trasformare ed in cosa" e su tali presupposti trovare concordi le Nazioni. Molte delle citate sfide richiedono, peraltro, un impegno che va al di là della semplice risposta militare in senso classico ed impongono una forte interazione fra gli alleati a livello politico ed economico oltre che militare. Si tratta pertanto di temi che richiedono approfondimenti tempestivi condotti ai più elevati livelli politico-militari (pena la credibilità a livello sia internazionale sia interno e, forse, la stessa esistenza dell’Alleanza).
Mentre la NATO si prepara al suo sessantesimo compleanno, i festeggiamenti non dovrebbero nascondere le sfide che la attendono, a cominciare dalla missione in Afghanistan. Ma i paesi membri devono anche far fronte ai problemi qui esposti, col rischio di ritrovarsi in un’alleanza impreparata alle future missioni. Il successo della NATO durante la guerra fredda è stato dovuto ad una missione chiaramente definita, a risorse adeguate e ad un impegno di lungo termine ad investire nell’addestramento e nelle capacità necessarie.
La portata delle considerazioni sopra espresse fa propendere, quindi, per una revisione sostanziale del corrente Concetto Strategico in modo da divenire un momento di riflessione dell’Alleanza e non un semplice adattamento del precedente. Più in particolare, i principali motivi che si possono addurre per sostenere l’esigenza di una nuova redazione del documento si possono riassumere nei seguenti concetti:
– L’Alleanza dovrà continuare ad assicurare il principio di difesa collettiva come definito dall’articolo 5 del trattato di Washington contestualizzandolo alla luce del nuovo scenario geopolitico e delle nuove minacce;
– il nuovo Concetto Strategico deve permettere ai Paesi membri di trovare un nuovo consenso sul ruolo, funzione e compiti dell’Alleanza;
– perché la NATO possa ancora essere capace di rimanere "dissuasiva" deve potersi dotare di tutto un ampio spettro di capacità e, inoltre, deve essere in grado di dispiegare forze flessibili, mobili e sostenibili;
– unitamente la NATO deve attivarsi per la messa in opera di nuove iniziative nel campo del controllo armamenti e della non proliferazione delle armi di distruzione di massa;
– la complessità dell’attuale panorama geo-politico rende necessario lo sviluppo e l’applicazione del concetto "comprehensive approach". Con la stesura del nuovo Concetto Strategico, la NATO dovrà definire, con una visione condivisa, l’applicazione del citato Concetto. Dovranno essere stabilite delle regole per implementare, dapprima nel proprio ambito, lo sviluppo di tale approccio olistico nella condotta delle attività. Inoltre dovrà prevedere di essere "uno" degli strumenti "comprehensive" disponibili a operare a sistema, in sinergia e in uno spirito "multi-agency", con le principali Organizzazioni internazionali e non governative;
– qualunque sia il risultato di tale confronto fra le diverse percezioni e posizioni nazionali, fra i principali compiti dell’Alleanza, quello del mantenimento della sicurezza transatlantica dovrà rimanere il fine ultimo delle attività della NATO: compito che può essere assolto solo fornendo anche un fattivo contributo alla stabilità internazionale;
– l’Alleanza deve restare fedele alla politica dell’"open door" in una cornice di comune rispetto dei valori comuni fondati dell’Alleanza; anche i rapporti con la Russia devono essere ripresi in maniera fattiva ed efficace al fine di ristabilire quel clima di fiducia istituito dopo Pratica di Mare.
Per terminare, appare essenziale rammentare che tutto quello che è stato detto finora dovrà essere veicolato, in maniera corretta e tempestiva, alle opinioni pubbliche, in primis dei Paesi membri, ma con una particolare attenzione anche verso quelle dei Paesi dove la NATO opera oggigiorno.
Quello che noi chiamiamo "Public Diplomacy" dovrà rivestire, sempre di più, un carattere di elevata priorità in tutte le iniziative, politiche e militari, che essa vorrà mettere in campo.
Buon Compleanno NATO!
Il generale di Squadra Aerea, Vincenzo Camporini, è il Capo di Stato Maggiore della Difesa.
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