“La NATO si prepari a una missione di stabilizzazione in Libia”

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“La NATO si prepari a una missione di stabilizzazione in Libia”

23 Agosto 2011

La battaglia nelle strade di Tripoli tra i fedelissimi di Gheddafi e gli insorti è continuata per tutta la notte. Otto morti nelle ultime ore e la situazione nella capitale resta in continua evoluzione. Viene smentita la notizia fatta trapelare nelle prime ore di ieri dal procuratore della Corte Penale Internazionale, Luis Moreno Ocampo, sull’arresto del figlio del Gheddafi, Seif al-Islam. Seif avrebbe al contrario fatto condurre dei giornalisti dell’agenzia stampa francese Afp nel compound di Bab al-Aziziya, mostrandosi in stato di piena libertà di movimento. Continuano ad arrivare i rinforzi ribelli via mare inviati da Misurata: 200 i miliziani avrebbero raggiunto le coste di Tripoli sempre nella notte. Della situazione sul campo, di un primo bilancio sul conflitto, di come la NATO e l’Italia dovrebbero comportarsi, abbiamo parlato con il direttore della Rivista Italiana Difesa, Andrea Nativi. L’esperto italiano ci dice di augurarsi che l’Alleanza Atlantica abbia pensato al dopo Gheddafi, ad una "missione di stabilizzazione" che invii "qualche migliaia di soldati sul campo" per evitare l’anarchia. E sull’Italia: "Il basso profilo andava bene durante le operazioni in Libia. Adesso è il momento di alzarlo, e di assumersi delle responsabilità per riscuotere i dividendi di ciò che abbiamo dato" nella guerra di Libia. 

Perchè i ribelli sono riusciti a entrare a Tripoli? Come hanno fatto? 

Mi sembra che il punto centrale di tutta la questione stia nel fatto che entrambe le parti nel conflitto siano deboli e che una città come Tripoli sia troppo grande per essere controllata. Tanto i pro-Gheddafi, che i contro- Gheddafi sembrano incapaci di riuscirci. Ci sono poche forze coinvolte nel conflitto in generale e nessuna delle due parti è riuscita a prevalere nettamente sull’altra. Non c’è stata nessuna conquista vecchio stile. I ribelli si posso giovare di ampi buchi per entrare nella capitale, e c’è anche qualcuno che gli ha dato una mano. Gente sempre più disponibile ad aiutarli, nel momento in cui diventa sempre meno forte la capacità di resistenza del fronte di Gheddafi. Insomma nulla di nuovo: molti si accorgono che siamo arrivati alla fine e passano dalla parte del vincitore. E’ una storia che conosciamo bene. 

Sono passati poco meno di sei mesi. Che guerra è stata quella libica? 

In molti hanno trattato la guerra libica come una guerra tradizionale, ma in fondo è stato tutt’altro. 

Come lo definirebbe allora? 

E’ stata "una guerra per pochi". Da una parte e dall’altra non è che ci fossero armate enormi. E neanche la NATO ha messo in campo forze particolarmente consistenti. Insomma è stata una "strana guerra". Poi quando si arriva a Tripoli, che è un grande centro abitato, emerge immediatamente la debolezza delle due parti in conflitto, e nessuno degli avversari riesce a sopraffare l’altro. Quello a cui assistiamo adesso, nelle ore finali, è un conflitto a macchia di leopardo e una concentrazione di duri e puri delle due parti. Se Gheddafi è furbo, dovrebbe negoziare l’uscita di scena. Perché immolarsi? Gli è rimasto bene poco. 

E’ trapelata la notizia, non ancora corroborata peraltro, che il rais si sarebbe rifugiato nell’ambasciata venezuelana… 

Se così fosse, per lui sarebbe davvero finita. Diverebbe una questione prettamente diplomatica. Certamente un giretto all’Aia non gli farebbe affatto piacere… 

Arrivati a questo punto che cosa dovrebbe fare la NATO

Spero che qualcuno all’interno della NATO si sia dato la pena di organizzare degnamente quest’ultima fase. Che vi siano, per esempio, un adeguato numero di consiglieri che possano aiutare gli insorti, per evitare che ci siano vendette di qualsiasi genere, saccheggi, massacri. Questo è un punto importante. Insomma che non si ripeta quello che abbiamo visto in Iraq. Bisognerebbe evitare che si creino clamorosi vuoti di potere. Una cosa è infatti dire "ho preso" e ben altro "io controllo". Si dovrebbero evitare lo scioglimento delle forze di polizia, di sicurezza, dei pompieri, degli organici degli ospedali. In caso contrario sarebbe un bel pasticcio. Per tagliar corto: credo che la NATO dovrebbe mettere in campo una forza di stabilizzazione. Ma di consenso politico per una cosa del genere in Europa, di questi tempi, ne vedo poco. Per di più gli eventi hanno subito una forte accelerazione e il rischio di settarismi  in Libia è sempre molto forte, parlo del campo dei ribelli. Dopo le scene a cui abbiamo assistito qualche tempo fa, i regolamenti di conti tra i ribelli, la paura che tutto possa sfuggire di mano dopo un’eventuale uscita di scena di Gheddafi è forte. 

Da dove sono arrivate le armi dei ribelli?

La maggior parte degli armamenti li hanno presi in Libia. Poi gli arrivata un po’ di roba dall’Occidente, diciamo principalmente via Francia e Gran Bretagna. Ma poca roba. D’altronde di dargli armamenti più pesanti non c’era bisogno, visto che poi le azioni maggiori le hanno fatte proprio i velivoli e le navi della NATO. Le forze convenzionali di Gheddafi le abbiamo fatte fuori noi, in larga misura. Per avere una idea di che cosa sono militarmente i ribelli, si guardi al fatto che il loro mezzo di trasporto standard è il Toyota pick-up. 

Quanta parte hanno giocato in tutta la faccenda i mercenari che si dicevano essere al servizio di Gheddafi e i canali di approvvigionamento di armi a cui faceva ricorso il rais libico? 

Io credo che il ruolo dei mercenari sia stato volutamente ‘pompato’ dai nostri media. Ma lei ce li vede tanti mercenari a farsi mettere in mezzo in una guerra dove c’è la NATO? Poco probabile che abbiano giocato la parte che tanti, soprattutto all’inizio della guerra, gli hanno voluto attribuire. Piuttosto ho visto tanti libici nelle divisioni motocorazzate. Idem sulle armi. Sempre all’inizio del conflitto, si è dipinto un Gheddafi pieno di armi. Anche questo è un po’ un mito fatto in casa, qui in Europa. 

Quanto è costata questa guerra? 

E’ stata una guerra relativamente poco costosa. Quando vedo in giro certe cifre esorbitanti, mi viene un po’ da ridere. D’altronde i numeri che circolano sui giornali o nei talk show non tengono mai conto del fatto che comunque il personale militare viene pagato, che si sia in guerra o meno. I costi della guerra, per così dire, in realtà sono costituiti dal differenziale tra i normali costi delle attività di addestramento (gli stipendi dei soldati si pagano comunque ogni mese e gli aerei e le navi costano comunque) e i costi extra di guerra. Non è stata di certo una guerra ipercostosa. Le forze impiegate sono state limitate. 

Ritorniamo un istante alla sua idea di una missione di stabilizzazione? Come si svolgerebbe? 

Nella misura in cui dovesse finire tutto bene ovvero che non ci dovessimo sorbire un po’ di guerriglia tra i resti delle forze lealiste e i ribelli vincitori (scenario che non va escluso del tutto), ipotizzando che vada tutto bene, una forza di stabilizzazione evitarebbe anarchie e consentirebbe ai ribelli di organizzarsi e di far funzionare il paese e financo di tenerlo insieme. 

Di disponibilità politica a mandare forze sul campo ve n’è poca…

Il problema è che questa guerra la NATO e l’Occidente l’hanno fatta veramente malissimo. In teoria dovrebbero esserci già le navi pronte per sbarcare la forza di stabilizzazione, ma in pratica non mi sembra ve ne siano di pronte. Due sono le opzoni: o la forza di stabilizzazione oppure riempiamo di tantissimi consiglieri militari la Libia. Non ci sono tante altre opzioni. Sperare che i ribelli riescano a prendere la città, imporvi pacificamente la propria sovranità senza spargimenti di sangue inutili, mi sembra un miracolo. Ma non si sa mai, ogni tanto i miracoli accadono. 

Un’ultima domanda sull’Italia. Noi italiani che dovremmo fare? 

Quel che dovremmo fare è, qualora si facesse questa benedetta missione di stabilizzazione, aderirvi e prendervi parte. Durante il conflitto abbiamo mantenuto un profilo basso per ragioni di politica interna. Ora, se l’Italia vuole andare a prendere la sua parte nella distribuzione dei dividendi per quello che ha fatto, il profilo deve essere alzato, facendoci carico di una parte delle responsabilità del dopoguerra. Questa missione di stabilizzazione, che dovrebbe coinvolgere migliaia di soldati invece che decine di migliaia, sarebbe perfetta nelle mani della NATO e subito dopo in quelle della Unione Europea. E si sta fintanto che è necessario, senza perderci in chiacchiere sulla data del ritiro.