La notizia è che il Clintongate non è finito

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La notizia è che il Clintongate non è finito

28 Luglio 2017

Lunedì notte il 36enne Imran Awan viene arrestato all’aeroporto di Dulles, negli Usa, mentre cerca di prendere un volo per il Pakistan. L’accusa è frode bancaria. Awan (nella foto, con Bill Clinton) è un consulente informatico del partito democratico e fino a pochi giorni prima lavorava nell’ufficio di Debbie Wasserman Schultz, uno dei dirigenti del partito vicini a Hillary Clinton. Durante le elezioni presidenziali del 2016, la signora Wasserman Schultz fu costretta a dimettersi dall’incarico di presidente del DNC, il potente comitato elettorale dei Democratici, dopo che Wikileaks, il sito di rivelazioni fondato da Julian Assange, aveva mostrato agli americani in che modo lo staff della Clinton con l’appoggio del DNC volesse fare le scarpe al rivale di Hillary, il socialista Bernie Sanders, che in seguito perse le primarie democratiche. 

Tornando ad Awan, gli agenti della polizia non l’hanno arrestato per caso ma lo aspettavano al varco e quanto pare sapevano che l’uomo stava cercando di lasciare il Paese. Gli inquirenti americani tenevano il consulente dei democratici sotto controllo da tempo, Awan sarebbe implicato in un’indagine sul furto di materiale informatico, computer e altri device sottratti dagli uffici di parlamentari americani –  e per inciso, Awan aveva anche accesso ai servizi informatici del Congresso, permessi impropri visto il suo ruolo. Per adesso, non c’è alcuna prova di un collegamento tra Awan e l’”hacking” delle informazioni che a suo tempo arrivarono ad Assange e WikiLeaks, dando il via allo stillicidio di rivelazioni che tanto sarebbe costato politicamente a Lady Clinton. 

Ma storie come quella di Awan, o la vicenda della misteriosa morte di Seth Rich, l’altro funzionario democratico che aveva accesso agli archivi informatici degli elettori Dem, ucciso durante una rapina (i ladri gli lasciarono addosso portafoglio e orologio), sono degne di un romanzo di Le Carré. Una cosa però bisogna dirla. Non sarà che il Russiagate, il presunto scandalo sulle infiltrazioni russe nella vita politica americana, che ha coinvolto Trump, membri del suo gabinetto e familiari del presidente, è solo una enorme arma di distrazione di massa che Democratici e media compiacenti stanno tessendo da mesi per evitare che si parli del vero scandalo ancora irrisolto della politica americana, il Clintongate?

Non si sa che fine abbiano fatto migliaia di email di Hillary scritte quando era segretario di stato di Obama. I “leaks” sul DNC, il trattamento riservato a Sanders, le strane storie circolate su John Podesta, braccio destro di Hillary in campagna elettorale, sono tutte vicende che dovrebbero tenere banco sulla stampa e invece i grandi network Usa non hanno dato, o hanno dato di sfuggita, la notizia dell’arresto di Awan, come se si trattasse di un mariuolo qualsiasi impegnato a truffare una banca con un prestito. 

Trump ha twittato un ironico ringraziamento ai grandi canali televisivi americani per il trattamento riservato alla ormai compromessa ma ancora attivissima Wasserman Schultz (che non commenta limitandosi a dire che Awan lavorava per lei). Così come tornano agli onori delle cronache il congressista Anthony Wiener e la sua ex moglie Huma Abedin, il primo che s’intratteneva al pc con delle minorenni per fare cyber-sex, e la seconda, pretoriana di Hillary, che avrebbe condiviso come il suo capo (Hillary) mail compromettenti ritrovate poi nel pc del caloroso marito (lo schema “pay for play”, paga per giocare, sui finanziamenti alla fondazione dei Clinton). Se questo è il Partito democratico, il partito dei Roosevelt, dei Kennedy e degli emailgate.