La notizia è che McCain può ancora vincere

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

La notizia è che McCain può ancora vincere

06 Ottobre 2008

Un paio di giorni fa, Bill McInturff, uno degli spin doctor di John McCain, faceva la seguente osservazione: “Il senatore Obama ha più soldi di Dio stesso, il più favorevole clima politico immaginabile, una crisi finanziaria in corso e lo squagliamento di Wall Street, e in tutto questo mantiene un margine di soli 4 punti?”. Nel frattempo i punti di vantaggio di Obama sono diventati 7 (l’ultimo aggiornamento Gallup nazionale segna 50 a 43) ma la sostanza cambia ancora poco. Quello che McInturff voleva dire, e che molti analisti condividono, è che le condizioni di questa campagna elettorale, seguendo i tradizionali parametri di valutazione, dovrebbero dare una vittoria a valanga ai democratici, mentre la realtà e che i due sfidanti sono ancora testa a testa.

Anche Bill Schneider, il più autorevole commentatore politico della Cnn, ci confermava in una conversazione a Washington la stessa sorprendente analisi: “Negli anni – diceva Schneider – sono stati sviluppati sofisticati modelli interpretativi dei comportamenti elettorali: si prendono in considerazione le caratteristiche dei candidati, il gradimento del presidente uscente, la situazione internazionale, quella economica, la capacità di fund raising, e così via. In questo modo si riescono ad avere delle previsioni piuttosto accurate sull’orientamento degli elettori. Oggi – conclude Schneider – questi modelli sono come impazziti perché ci danno Obama con il 20 per cento di vantaggio”.

Anche la crisi economico-finanziaria esplosa in queste ultime settimane è tradizionalmente un ingrediente favorevole ai candidati democratici, eppure, ancora una volta, l’effetto dello tsunami economico sui sondaggi elettorali è appena un venticello a favore di Obama. Il giorno della bocciatura del piano di salvataggio alla House of Representatives grazie al contributo di parecchi franchi tiratori repubblicani, il divario tra Obama e McCain era di 4 punti e in nessun momento della crisi Obama ha superato la soglia psicologica del 50 per cento delle preferenze.

Insomma la vera stranezza di questa campagna elettorale è che, nonostante tutto sembri congiurare a favore di Obama, McCain potrebbe ancora farcela. Gli analisti politici americani spiegano in parte questo fenomeno con la mancanza di un candidato “incumbent”: in questa campagna elettorale infatti non è in corsa né un presidente né un vicepresidente in carica. Non accadeva dal 1952 quando Eisenhower vinse contro Stevenson.

In questo modo entrambi i candidati possono presentarsi come outsider e portatori di un cambiamento rispetto all’amministrazione uscente. Non fosse stato così e considerata la devastante impopolarità di G. W. Bush, i Democratici avrebbero avuto partita facile. McCain è forse l’unico tra i vari aspiranti alla nomination repubblicana a poter credibilmente pretendere una discontinuità con il suo predecessore. Il suo compito è ingrato e difficile ma non molto più di quello che ha portato Sarkozy alla vittoria in Francia dopo Chirac. Il suo successo sino ad ora è stato quello di evitare che la campagna elettorale si traducesse in un referendum pro o contro Bush, e anzi di ribaltare su Obama e sul suo ormai quadriennale dominio della scena politica americana l’ombra dell’incumbent, colui di cui “non se ne può più”.

Sotto traccia e poco percepibile nei sondaggi c’è poi la questione razziale. Studi di scienziati politici condotti nell’arco dell’ultimo decennio, mostrano che mentre si è ridotto il voto esplicitamente razzista di chi non voterebbe mai un nero, resta stabile tra il 10 e 20 per cento a livello nazionale il voto di chi pur non definendosi razzista non è a suo agio con l’idea di presidente afro-americano: un fenomeno che gli studiosi chiamano “razzismo senza razzisti” e che potrebbe manifestarsi nelle urne più di come emerge dai sondaggi.

Detto tutto questo dobbiamo cominciare ad abituarci all’idea che il prossimo presidente degli Stati Uniti d’America sia Barack Obama. I fattori che favoriscono una vittoria democratica, seppure con minore intensità del previsto, sono indubbiamente all’opera. Negli ultimi giorni il morso della crisi dei mutui e la paura per il mercato del credito, uniti alla confusa performance dei legislatori washingtoniani hanno spinto in alto Obama, a cui è comunque accreditato un maggior fattore di cambiamento. Inoltre nelle ultime settimane entra potentemente in gioco la capacità di spesa dei candidati per spostare gli stati in bilico. Obama ha risorse molto superiori a McCain e sta giocando d’anticipo, investendo molto negli stati a propensione repubblicana, costringendo così McCain sulla difensiva. Il senatore dell’Arizona infatti ha dovuto dirottare risorse per proteggere il suo vantaggio e non sta investendo a sufficienza per erodere quello dell’avversario. E’ della settimana scorsa la decisione di McCain di ritirarsi dalla corsa in Michigan, dove lascia sul terreno 17 voti elettorali. Il problema di McCain è invece quello di rimontare nella conquista dei voti elettorali che ora vede Obama molto meglio piazzato: il senatore dell’Illinois ha un vantaggio netto in stati che insieme gli portano 189 voti ed è in buona posizione in altri che nel complesso lo portano a 260 voti sui 270 necessari a vincere la presidenza. McCain può contare su 160 voti certi e su 40 oscillanti, per un totale di 200.

Con soli due dibattiti presidenziali rimasti, le occasioni per invertire la tendenza sono rimaste poche. I responsabili della campagna di McCain sperano che nei prossimi giorni il tema dell’economia perda slancio e altri temi più congeniali al candidato repubblicano prendano piede. Molti sperano ancora nell’effetto Palin, che al di là delle performance televisive non sempre brillantissime, raccoglie un sostegno popolare inatteso ovunque vada, tanto che quasi sempre i suoi comizi devono essere spostati in luoghi più capienti di quelli previsti. Forse è per questo che molti sostenitori di McCain hanno protestato per le troppe cautele con cui la candidata vice-presidente viene lanciata nella campagna elettorale, e  si sono uniti sulla rete al grido “free Sarah Palin”.