La nuova Dottrina della Libertà per la democrazia in Medio Oriente

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

La nuova Dottrina della Libertà per la democrazia in Medio Oriente

18 Febbraio 2011

Al giorno d’oggi tutti, ma proprio tutti, danno il proprio sostegno alla “freedom agenda”. Ovviamente in passato solo George W. Bush, Tony Blair e una banda di neocon dagli straordinari poteri ipnotici avevano avuto l’ardire di lanciare la sfida alla credenza popolare dell’eccezionalismo arabo, l’idea che le popolazioni arabe, al contrario di quelle asiatiche orientali, latinoamericane, europee e africane fossero le uniche ad essere allergiche alla democrazia. Anzi, la sinistra ha passato i migliori anni dell’era Bush a criticare con asprezza la freedom agenda, liquidandola come una fantasia o come nient’altro che l’ennesimo sordido esempio dell’imperialismo americano.

Adesso invece sembra che tutti, persino la sinistra, siano pieni d’entusiasmo per la democrazia araba. Ottimo, i simpatizzanti sono sempre bene accetti. Ma essere semplicemente a favore della libertà non è sufficiente. Con l’Egitto in fermento nel mezzo di una transizione carica d’insidie, abbiamo bisogno di principi di politica estera che sappiano garantire democrazia a lungo termine.

Non c’è alcun bisogno di reinventare la ruota. Abbiamo già passato qualcosa di simile. Dopo la seconda guerra mondiale, l’Europa occidentale era stata liberata di fresco ma era ancora instabile, in rovina e in gioco. La democrazia che avevamo agevolato per il continente si trovava ad affrontare le minacce interne ed esterne dei totalitarismi comunisti. Gli Stati Uniti adottarono la Dottrina Truman che dichiarava l’intenzione dell’America di difendere queste nazioni nuovamente libere.

Questo significava non solo proteggere gli alleati periferici come Grecia e Turchia dalle sommosse e dalla pressione esterna, ma anche appoggiare gli elementi democratici in Europa occidentale contro i potenti e determinati partiti comunisti interni.

Potenti lo erano eccome. I comunisti erano soltanto i più organizzati e i più disciplinati. In Francia, crebbero sino a diventare il più grande partito del dopoguerra; in Italia, il secondo. Sotto la Dottrina Truman, i presidenti degli Stati Uniti usarono ogni strumento a disposizione, compreso un massiccio sostegno – sotterraneo e manifesto, finanziario e diplomatico – ai partiti democratici per mantenere i comunisti a debita distanza dal potere.

Mentre gli stati del Medio Oriente arabo gettano alle ortiche decenni di dittatura, il loro futuro democratico si trova a fronteggiare la grave minaccia di una nuova tirannide: l’islamismo. Come ai tempi del Soviet, la minaccia proviene tanto dall’interno che dall’esterno. L’Iran, una versione in miniatura della vecchia Unione Sovietica, ha i propri alleati e satelliti – Siria, Libano e Gaza – e il suo Comintern con agenti che operano in tutta la regione per diffondere la sfera d’influenza islamista e minare gli stati laici filo-occidentali. Ecco perché in questo momento rivoluzionario, l’Iran parla con orgoglio aggressivo di un’ondata islamista che sta travolgendo il mondo arabo.

Abbiamo bisogno di una politica estera che non solo sostenga la libertà in astratto, ma che per giungervi sia guidata da principi pratici duraturi. Una Dottrina della Libertà che sia composta degli elementi che seguono:

– Gli Stati Uniti appoggiano la democrazia in tutto il Medio Oriente. Sfrutteranno la propria influenza per aiutare tutti i democratici a sbarazzarsi del potere dittatoriale.

– La democrazia è qualcosa di più che semplici elezioni. Ha bisogno di una stampa libera, della regola di legge, della libertà di organizzazione sindacale, dell’istituzione di partiti politici indipendenti e di un pacifico trasferimento di poteri. Perciò, la transizione verso la democrazia e le prime elezioni dovranno dare a queste istituzioni, e ancor più ai partititi politici, il tempo di costituirsi.

– L’unico interesse degli Stati Uniti nella governance interna di queste nuove democrazie è contribuire a proteggerle dai totalitaristi stranieri e da quelli che hanno in casa. Il recente golpe di Hezbollah in Libano e la dittatura di Hamas a Gaza dimostrano con drammaticità come gli elementi antidemocratici che prendono il potere democraticamente possano distruggere proprio quella democrazia che aveva conferito loro il potere.

– Per questo, come nel corso della Guerra Fredda gli Stati Uniti hanno contribuito a mantenere i comunisti europei lontani dal potere (per vederli alla fine appassire), sarà politica americana quella di opporsi all’inclusione di partititi totalitaristi – la Fratellanza Musulmana o, se è per questo, anche i comunisti – in qualunque governo, eletto o provvisorio che sia, nei nuovi stati arabi appena liberati.

Potremmo non avere la forza per impedire tutto questo. Così sia. A questo proposito, la Fratellanza può essere così forte che – per esempio – un posto a tavola è inevitabile. Ma in nessun caso un portavoce della presidenza può affermare, come ha fatto Robert Gibbs, che il nuovo ordine debba “comprendere un’intera schiera d’importanti attori non laici”. Perché legittimare immotivatamente gli islamisti? Gli americani dovrebbero invece dare con urgenza il proprio appoggio ai partiti laici democratici in Egitto e altrove tramite formazione, risorse e diplomazia.

Siamo parte, di nuovo senza volerlo, di una lunga lotta oscura, questa volta con l’islamismo – e più di tutti con l’Iran, i suoi delegati e i suoi alleati potenziali, Sunniti e Sciiti. Dovremmo essere realisti sugli esiti che preferiamo – democrazie autentiche governate da democratici impegnati – e sviluppare politiche in grado di andare sino in fondo.

Una dottrina della libertà è un piano per la libertà indirizzato da principi guida. Truman c’è riuscito. Possiamo farlo anche noi.

© The Washington Post
Traduzione Andrea Di Nino