La nuova “verità sconveniente” di Al Gore
25 Giugno 2010
di redazione
C’eravamo fermati alla massaggiatrice che aveva dato una bella “ripassata” al capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso. Intercettato lui, intercettata lei, nel corso delle indagini dei Ros per conto della procura di Firenze che indaga sugli appalti del G8 alla Maddalena. Grande scandalo, benpensanti che s’indignano, titoloni sui quotidiani asessuati, e sullo sfondo la melliflua figura dell’imprenditore Diego Anemone. Ora tocca a un’altra massaggiatrice, al di là dell’oceano, ma il caso rischia di complicarsi. Non più di semplice ripassata si tratta ma di presunte molestie sessuali, e a finire nel mirino, questa volta, è il guru dell’ambientalismo mondiale, l’ex vicepresidente americano Al Gore.
Il caso risale al 2006. Siamo in una suite dell’Hotel Lucia di Portland e Gore ha appena concluso uno dei suoi seguitissimi quanto applauditissimi convegni sul “global warming”. Sale nella sua camera d’albergo, si mette in vestaglia e chiama la massaggiatrice per una prestazione di 500 dollari, o almeno questo sostiene lei. Fin qui niente di male, un bel massaggio ayurvedico è il sogno di qualunque essere umano stressato dal tedio della vita quotidiana, se non fosse che, dopo averle detto “Chiamami Al”, Gore inizia a chiederle di procedere “un po’ più in basso”, “ancora un po’”, fino a prenderle la manina tutta laccata e condurla sapientemente sotto le lenzuola.
La donna, all’epoca cinquantenne, lascia fare, poi nel gennaio del 2009 ci ripensa e decide di testimoniare l’accaduto alla polizia – dopo averlo già fatto tramite il suo avvocato qualche anno prima. In America, dove il rapporto fra procure e giornali non è immediato come avviene in Italia, passa un bel po’ di tempo prima che un sito che pubblica dispacci polizieschi, “The Smoking Gun”, riprenda la testimonianza incastrando Gore. “Un uomo violento,” racconta la donna, “dagli atteggiamenti estremamente dittatoriali dietro quella immagine da Mr Smiley”. La massaggiatrice giura di non volerci lucrare sopra ma poi vende la sua storia per un milione di dollari al “National Enquire”.
Una cosa è certa, però. Forse per Gore è venuto il momento di girare il seguito di An Inconvenient Truth, il documentario premiato al Sundance Film Festival del 2005 e premio Oscar nel 2007. La seconda puntata di questa “verità sconveniente” sarebbe molto più interessante della prima.