La piazza di Benedetto
21 Gennaio 2008
Il passaparola è iniziato quando il lungo saluto del Pontefice, dopo l’Angelus domenicale, si avviava ormai a conclusione. Uno dopo l’altro, i fedeli (e non) accorsi in massa in piazza San Pietro hanno distolto lo sguardo dalla finestra del Palazzo Apostolico e si sono girati verso i grandi schermi che trasmettevano, ingigantite, le immagini di Papa Ratzinger intento a salutare, a ringraziare, a far risuonare fra le colonne del Bernini – e molto oltre – il suo invito alla libertà, alla ricerca della verità, al rispetto delle opinioni altrui.
Ai duecentomila accorsi alla chiamata del cardinale Vicario Camillo Ruini (che il Papa ha espressamente ringraziato), i monitor installati tutt’intorno hanno restituito due occhi felici, grati, commossi. Un volto paterno e sorridente sotto lo stesso sole generoso che per tutta la mattina aveva accompagnato il lento e ininterrotto afflusso dei pellegrini, credenti e non credenti.
Era visibilmente contento, Benedetto XVI. Ha esordito, prim’ancora dell’Angelus, ringraziando. Ha parlato dell’unità dei cristiani, ha pregato secondo il rito. Poi ha dissipato ogni dubbio, e immediatamente, rivolgendosi agli studenti universitari, ha fatto intendere che non si sarebbe sottratto, e avrebbe affrontato apertamente la questione che aveva trasformato una normale domenica in un evento di prima grandezza.
Così è stato. Il mite, dotto professor Joseph Ratzinger ha impartito urbi et orbi una lezione di libertà che i censori della “Sapienza” non dimenticheranno facilmente. Il suo pubblico, eterogeneo come non mai, ha sottolineato con vigorosi applausi i passaggi salienti di un discorso tanto irrituale quanto esente dalla benché minima sgrammaticatura. Tanto esplicito e diretto quanto privo di qualsivoglia accento “politico”, al punto che persino un radicale solitamente fantasioso come Marco Cappato, lasciato a corto di argomenti da un Papa che ha saputo chiamare a San Pietro ogni sorta d’umanità, per tentare di lasciare il segno è dovuto ricorrere ad un poco convincente parallelo tra la “piazza San Pietro” di ieri e la “piazza Venezia” del Ventennio.
Chi aveva preventivamente imbracciato il fucile, già caricato con le facili accuse di strumentalizzazione, buone per tutte le stagioni, è rimasto deluso. In una giornata che ha probabilmente fatto registrare il record di presenze politiche alla recita dell’Angelus, la politica è straordinariamente rimasta al di fuori del colonnato, confinata lungo i corridoi di via della Conciliazione dove gli esponenti di entrambi gli schieramenti rilasciavano le loro dichiarazioni. Al posto della politica, ad animare le centinaia di migliaia di presenti c’era la preoccupazione per il dilagare di un malinteso e distorto concetto di libertà, il cui copione la minoranza rumorosa della “Sapienza” – e la maggioranza troppo silenziosa – hanno recitato fino all’estremo.
Chi invece aveva notato con preoccupazione gli spazi vuoti fra la folla, temendo che fossero sintomo di scarsa partecipazione e pretesto per le malevole interpretazioni di chi ha fino all’ultimo ha sperato in un flop, s’è ben presto accorto che quegli spicchi deserti coincidevano con i coni d’ombra prodotti dai grandi striscioni di solidarietà nei confronti di Benedetto XVI. Nessuno voleva finirci dietro per timore di non riuscire a vedere il Pontefice, e appena al di là dello sventolio dei cartelloni la folla era grande e festosa.
Così, tra un coro da stadio e il silenzioso stupore di chi, non credente, all’Angelus non aveva mai messo piede, si è conclusa questa memorabile domenica di gennaio. Dopo la straordinaria lezione di libertà del Papa sorridente, le miserie dell’università italiana e dei campioni della democrazia a senso unico appaiono ancora più piccine.