La piazza pro Trump rende tutto più facile, ma il mainstream “illuminato” non lo capisce

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La piazza pro Trump rende tutto più facile, ma il mainstream “illuminato” non lo capisce

15 Novembre 2020

Una folla oceanica, un’immagine imponente comunque la si pensi. Sarebbe opportuno che tutti potessero vederla, la “notizia” oggettivamente c’è. Le strade di Washington letteralmente invase da sostenitori di Donald Trump, manifestanti contati nell’ordine dei milioni. E altre città mobilitate con altri cortei di diverse proporzioni ma non meno significativi.

Sarebbe opportuno, dicevamo, che tutti potessero vederla. Che questo dispiegamento di forze popolari avesse la stessa attenzione mediatica delle origini del cane di Joe Biden o dei gusti sessuali del capo staff di Kamala Harris. Sarebbe opportuno non solo per dovere di cronaca, ma anche perché – se così le cose dovranno andare – la possibilità dell’avvio di una transizione passa anche da quella piazza.

Quella piazza certifica, più di qualsiasi riconteggio o ricorso in sede giurisdizionale, la portata dello strappo che si è compiuto alle presidenziali americane. Uno strappo che va oltre il tema del risultato che dovrà essere proclamato e della regolarità formale o meno del modo in cui esso è stato computato. Uno strappo che risiede nelle distorsioni determinate da una situazione inedita ed eccezionale sul più grande rito democratico del pianeta, delle quali una delle due parti ha avuto oggettivamente, per ragioni molteplici e diversissime, maggiore facilità ad avvantaggiarsi. Brogli o non brogli.

Nonostante le notizie talvolta clamorose che provengono da questo o quell’altro Stato, i sostenitori di Trump in tutto il mondo sanno che la speranza di un ribaltamento della situazione appare ogni ora più flebile. Il tempo per riuscire a provare che il popolo avrebbe scelto altro si assottiglia. La strada appare segnata, e la sensazione è che lo sappia anche il Presidente.

L’avvio di una transizione è probabilmente solo questione di tempo, piaccia o non piaccia (e a molti non piace). Ma la grande piazza di Washington, checché se ne possa pensare, rende tutto più facile. Concede a Donald l’onore delle armi, gli consente di uscirne senza umiliazione, gli dà la forza per cambiare rotta potendo rivendicare con un’immagine plastica che le elezioni potranno anche incoronare il suo avversario, ma che quando lui affermava che il Paese era spaccato e che una parte consistente del popolo era al suo fianco, non mentiva.

Per questo il mainstream mediatico dovrebbe essere il primo a diffonderle e benedirle, le immagini di quella folla. Ma in qualche modo dovrebbe smentire se stesso e le insopportabili censure di queste settimane. Per questo non lo farà. Decidendo che metà del popolo americano è fuori dal suo concetto “illuminato” di democrazia. E rinunciando, da parte sua, a ricucire una lacerazione la cui esistenza da oggi nessuno può più negare.