La piovra iraniana si estende alla Libia

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La piovra iraniana si estende alla Libia

09 Luglio 2011

Secondo fonti d’intelligence “intercettate” dalla giornalista di Le Monde, Natalie Nougayrè, l’intervento armato in Libia ha portato ad un’alleanza segreta tra l’Iran e il colonnello Muammar Gheddafi. Per l’ex corrispondente del quotidiano francese in Russia, l’Iran teme le conseguenze delle operazioni europee e americane in Nord Africa e così ha sviluppato un piano per trasformare Tripolitania e Cirenaica in un pantano per gli alleati della NATO. L’obiettivo di Teheran sembra quello di voler protrarre il conflitto più a lungo possibile ed evocare in Occidente lo spettro di un nuovo Afghanistan. In questo modo l’Iran riuscirebbe a distogliere l’attenzione della comunità internazionale dal suo programma nucleare a scopi militari e anche ad indebolire la posizione dell’Occidente in Medio Oriente, dove la lotta per l’egemonia tra sciiti (Iran) e sunniti (Arabia Saudita) è sempre più accesa.

All’inizio di maggio, Ali Khamenei, la Guida suprema iraniana, stando al report divulgato dalla Nougayrè, ha incaricato le Brigate di al-Quds – la milizia ideologica del regime – di fornire assistenza militare al colonnello Gheddafi contro “l’asse del male Usa-Francia-Regno Unito". Per realizzare al meglio questa operazione è stato coinvolto addirittura il vice-capo dei servizi segreti della Guardia rivoluzionaria iraniana, Hosain Taeb, che ha inviato a Tripoli un piccolo gruppo di alti comandanti dei Guardiani della Rivoluzione per insegnare tattiche di occultamento di attrezzature militari, tecniche di guerriglia nelle zone urbane e come spiare le comunicazioni dei ribelli.

Inoltre, il piano prevedeva il trasferimento di armi, tra cui missili terra-terra, terra-aria e lanciagranate, da utilizzare contro le forze dell’opposizione libica. Le armi sono state contrabbandate dai pasdaran nella Terra (ancora) di Gheddafi attraverso l’Algeria, il Sudan e l’Egitto: un traffico che permette al vecchio Mad Dog di resistere ancora agli attacchi dei ribelli sostenuti dalla NATO. Eppure, Gheddafi non gode di grande simpatia nella città santa di Qom (tantomeno presso Ahmadinejad), da quando il carismatico leader sciita libanese Moussa Al-Sadr scomparve nel 1978 durante un viaggio in Libia.

La strategia di Ali Khamenei è di mantenere aperto il fronte libico come quello afghano ed iracheno. In questo modo, oltre a distrarre la comunità internazionale dal programma nucleare, Teheran riuscirebbe ad imbrigliare la capacità occidentale di rispondere adeguatamente alla repressione in Siria, un alleato importante per il regime khomeinista.

Già nel mese di aprile gli Stati Uniti avevano accusato il regime siriano di cercare l’aiuto dell’Iran per silenziare le proteste nelle strade e di aver richiesto attrezzature utili a censurare internet. E l’Unione europea ha accusato Teheran di favorire le ignobili atrocità che si stanno consumando in Siria. Bruxelles, inoltre, ha accusato tre personaggi di rilievo (o capri espiatori) all’interno delle Guardie Rivoluzionarie di avere "aiutato il regime siriano nella repressione delle manifestazioni". Così Mohammad Ali Jafari, comandante delle Guardie rivoluzionarie iraniane, il generale Qasem Soleimani, capo delle brigate Qods dei Pasdaran e Hossein Taeb, sono stati accusati dall’Unione europea di “essere coinvolti nel sostegno e nella fornitura di materiale per aiutare la Siria e reprimere le proteste”.

La Guida suprema Khamenei, dal canto suo, ha rispedito le accuse al mittente inveendo, in un discorso pubblico dei primi giorni di luglio, contro Usa e Israele, il motore della rivolta contro Assad, per poi assicurare che “la grande nazione dell’Iran, insieme ad altre nazioni musulmane, rimarrà vigile e non permetterà che gli americani e i sionisti devino la corrente del risveglio islamico [della Primavera Araba] dalla retta via”.