La politica deve dare risposte alte. E’ l’ora del popolarismo

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La politica deve dare risposte alte. E’ l’ora del popolarismo

Caro direttore,

si è esplicitamente aperto il cantiere per la costruzione di una rappresentanza politica unitaria dei moderati. Si tratta di un’impresa necessaria e possibile. E realizzabile ad alcune condizioni. Che costituisca una novità sostanziale nel modo di dialogare con gli elettori, di formare e selezionare la classe dirigente, di finanziarsi, come ha proposto Alfano. Che si rimuovano opportunismi e rendite di posizione che viziano una parte delle nomenclature che vi dovrebbero concorrere. E, soprattutto, che si vogliano rappresentare le caratteristiche profonde della società italiana e le loro potenzialità per superare la crisi. Vi è infatti l’esigenza di definire un profilo identitario forte — ma inclusivo — di questo progetto al quale possono concorrere le fondazioni con dichiarata valenza politica come Magna Carta.

Nei giorni scorsi essa ha aperto un confronto, innanzi tutto interno al PdL, sulla necessità di ripartire dagli elementi fondamentali della proposta politica, collocando la novità che vogliamo costruire nel solco di quelle più antiche tradizioni del nostro popolo che hanno saputo resistere alle intemperie dei secoli. E ciò non solo per renderla resistente alle spinte disgreganti, ma ancor più per definire una offerta politica tendenzialmente maggioritaria in quanto percepita come idonea a contrastare la crisi in atto, la più grande dell’epoca moderna. Grande perché espressione di un circolo vizioso che ha investito la vitalità stessa delle società occidentali, determinandone il declino demografico e, con esso, quello economico e sociale.

Abbiamo assistito infatti al progressivo allontanamento dagli elementari valori della vita, della famiglia naturale, delle forme comunitarie e solidali e alla diffusione di un pericoloso individualismo tecnocratico, fonte di solitudine nella dimensione privata e di fallimenti nell’ambito pubblico. Mai come ora le nostre società inquiete e disorientate invocano una risposta alta della politica. La stessa antipolitica ne è, a suo modo, una manifestazione disperata.

Tocca ai moderati — a coloro che hanno saputo resistere al fascino delle ideologie stataliste e totalitarie del 900 e alle loro derive decadenti —opporre vitalismo a nichilismo secondo una visione positiva dell’uomo e della sua attitudine alla socialità. Solo da questa premessa antropologica può infatti derivare la ripresa demografica, una libera educazione morale, un senso del lavoro e della responsabilità che sia parte del senso della vita, un rinnovato dinamismo produttivo, una concezione liberale delle regole e del rapporto tra spese e tasse, una solidarietà che capacita più che assistere.

Si tratta di fondare ogni politica pubblica su un umanesimo condiviso da credenti e non credenti accomunati da quella laicità matura che riconosce la verità rivelata dall’esperienza e rifiuta ogni forma di relativismo etico. E in questo percorso bisogna saper assumere, quale basico contenuto distintivo, quei principi essenziali e connaturati alla persona che nessun calcolo politico contingente può far ritenere negoziabili. La stessa Europa ne ha bisogno se vuole ritornare nel solco tracciato dai padri fondatori e da esso trarre la motivazione per definire finalmente gli strumenti comuni per la stabilità e la crescita.

Per questa ragione è l’ora del popolarismo nonostante i limiti di alcuni suoi interpreti europei. Solo coloro che sanno conservare i valori della tradizione popolare possono infatti aspirare ad essere autentici modernizzatori, in quanto ansiosi di rendere quei valori effettivi nella realtà che cambia. Il futuro ha un cuore necessariamente antico.

(dal Corriere della Sera)