La politica deve difendere le nostre donne musulmane
01 Luglio 2007
Una risposta politica ad un problema al quale la politica non può e non
deve sottrarsi. Con l’aggressione a Dounia Ettaib (vicepresidente
dell’associazione delle donne marocchine in Italia) da parte di due
connazionali, e con l’inedita mobilitazione sviluppatasi attorno al
processo per l’uccisione di Hina, torna prepotentemente d’attualità la
proposta di una Commissione parlamentare d’inchiesta sulla condizione
delle donne immigrate in Italia, presentata in Senato da Gaetano
Quagliariello e Alfredo Mantovano, approvata dalla Commissione Affari
Costituzionali e in attesa d’essere calendarizzata e discussa a Palazzo
Madama.
E’ probabile che della questione sentiremo parlare nei prossimi giorni,
dal momento che Quagliariello ha già comunicato l’intenzione di
adoperarsi in sede istituzionale affinchè l’iter proceda in tempi
spediti. “Non si può rivendicare le quote rosa e contemporaneamente
dimenticarsi delle condizioni di schiavitù in cui vivono centinaia di
migliaia di nostre potenziali concittadine”, spiega il senatore. Non
solo: è di questi giorni la decisione dei magistrati di respingere la
richiesta dell’associazione delle donne marocchine di costituirsi parte
civile nel processo per la morte di Hina. E ai promotori
dell’iniziativa parlamentare questo dato ha suggerito una riflessione
ulteriore.
In un simile quadro, infatti, con l’approvazione del ddl e
l’istituzione di una commissione che godrebbe degli stessi poteri
inquirenti dell’autorità giudiziaria, una volta tanto la politica
potrebbe dimostrarsi capace di dare risposte sollecite e condivise ad
un problema largamente sentito senza sovrapposizioni o interferenze con
la sfera prettamente giuridica. Garantendo dunque al processo in corso
le sue prerogative tecnico-procedurali, e fornendo nello stesso tempo
alla battaglia socio-politica delle donne immigrate un adeguato
contesto nel quale potersi esprimere.