La politica di Quagliariello è una ed è la stessa sia a Roma che in Puglia
22 Dicembre 2010
Trovare un senso alle tesi finiane, ormai, è diventato quasi un mestiere. Questa volta bisogna addirittura improvvisarsi criminologi per cercare di dare un significato alla teoria del "Quagliariello finiano e bifronte", sostenuta da Farefuturo Web Magazine in una lunga analisi sulla presunta duplice personalità politica del vicecapogruppo vicario del Pdl al Senato, nonché presidente onorario della Fondazione Magna Carta (e non Magna Charta, piccola precisazione per i futuristi sbadati).
Vedremo a breve perché, ma prima riprendiamo un attimo l’articolo in questione, pubblicato a firma di Francesco De Palo. Per chi non lo avesse letto la tesi sostenuta è che Quagliariello, berlusconiano doc a Roma, in Puglia si comporterebbe come Fini. Già, perché lì -secondo l’autore – sarebbe in corso una battaglia del senatore pidiellino contro il presunto despota del Pdl pugliese, il ministro Raffaele Fitto. Ecco l’ingegnoso passaggio attraverso cui Quagliariello diventerebbe suo malgrado finiano, accomunato al leader di Futuro e Libertà dal comune tentativo di contrastare una leadership inespugnabile e imporre il proprio modello di partito.
Ora, dicevamo che per dare un senso a questa trama è necessario dotarsi di un buon manuale di criminologia. L’unica spiegazione logica all’elaborazione della tesi del "Quagliariello finiano", infatti, è che chi la sostiene conosca la teoria dell’etichettamento di Becker e Lemert, quella secondo cui una persona, etichettata in un certo modo e non avendo un’immagine ben definita di sé, può arrivare ad accettare quella che gli attribuiscono gli altri e, addirittura, a modificare la propria identità iniziale. In parole povere, questa teoria sostiene che si può essere criminali perché gli altri ci etichettano come tali. E se si potesse anche essere finiani perché qualcun altro ci dice che lo siamo? Evidentemente, deve essere stato questo il passaggio logico che ha messo in moto il think tank al completo, pur di trovare un modo per trasformare Quagliariello in un finiano che non sa di esserlo.
Oltretutto, visto che Farefuturo pare seguire attentamente le vicende del Pdl pugliese, dovrebbe sapere che il metodo difeso da Quagliariello – a Roma come a Bari – è quello dell’ufficio di presidenza del partito berlusconiano, improntato a principi di discussione e decisione democratica, contro a una visione chiusa e litigiosa delle dinamiche interne al partito. Un metodo che parte dal presupposto che non è pestandosi i piedi all’interno della stessa casa politica che si conquistano la fiducia e il voto degli elettori, necessari per vincere le elezioni. Un metodo, peraltro, distante anni luce dalla tecnica dello stillicidio continuo di critiche pregiudiziali. Quelle che, per intenderci, hanno scandito per circa un anno l’andamento – presunto normale da alcuni – della dialettica finiana.
Osservando la realtà, quindi, tanto la teoria del "Quagliariello finiano" quanto quella del "Quagliariello bifronte" cadono di fronte a una serie di prove contrarie. Popper ci insegna che ne basterebbe una per falsificare la teoria, ma è meglio abbondare quando si può farlo.
Ammesso e non concesso che alcuni – tra cui Farefuturo – si arroghino persino il diritto di decidere le modalità con cui andrebbero scambiati gli auguri natalizi, ignorando che nessuno fosse stato escluso dagli inviti e ipotizzando complotti e guerre intestine piuttosto surreali, esiste un’ulteriore prova incontrovertibile dell’unicità della politica quagliarielliana: l’opposizione a Futuro e Libertà sia a Roma che a Bari. Non tanto per motivi generali di antipatia verso il leader, sentimento di cui non sarebbe giusto togliere l’esclusiva ad altri, quanto per una valutazione obiettiva delle scarse prospettive politiche di Fli e degli intenti che animano questo nuovo partito. Ben lontani dall’idea, che ha ispirato invece la nascita del Pdl, secondo la quale soltanto riunendo tutto il centrodestra in un unico contenitore politico è possibile portarne avanti i valori e i programmi.
Il problema che Fli dovrebbe porsi, piuttosto, a Roma come a Bari, è quello di come restare nell’alveo del centrodestra. Giocare di fantasia è un esercizio divertente, ma per fare politica bisogna stare nella realtà.