
La politica si è arresa. Ora siamo nelle mani della bidella dell’Europa

16 Gennaio 2012
Scende sulle invernali speranze dissipate il velo dell’incomprensione che ispessisce il disincanto. Quelli che soltanto fino a ieri erano cittadini sono adesso sudditi trascurabili di potenze sconosciute, numeri che devono danzare sui diagrammi folli delle agenzie di rating e dei listini borsistici, quantità informi da ammassare nelle capaci sacche delle statistiche macroeconomiche.
Leggo giornali che non capisco, ascolto parole vuote dai notiziari televisivi e radiofonici, il web rimanda convulsioni planetarie prive di un racconto unitario. Cresce dentro di me, come in chiunque, credo, un senso di frustrazione e di spaesamento. Non so se il freddo che si avverte debba essere attribuito alla politica che ha imboccato la strada dell’esilio, non soltanto in Italia naturalmente. Ma noi, creature perdute e annoiate e dimenticate, neppure riusciamo più a soffrire della robotica aziendalista che ha preso il posto delle calde discussioni ideologiche o almeno soltanto politiche, per quanto piccole piccole.
I passi incerti che muoviamo è come se fossero trattenuti da una forza invisibile. Nel cuore del tormento una consapevolezza finalmente si fa strada: siamo sul crinale tra due epoche; forse ad una svolta di civiltà. La sola cosa che non sappiamo è quanto durerà il trapasso.
Nell’attesa, accarezziamo la nostra malinconia tanto per tenerci vivi o sembrare tali. Del resto cos’altro ci rimane dopo aver ceduto ad inconoscibili truffatori i nostri destini? Di italiani, di europei, di occidentali e di altri dei quali m’importa assai meno. Non ci rimane più niente. Forse la speranza di coltivare illusioni che in un futuro lontano, quando la lunga transizione sarà terminata – ma non è una passeggiata di pochi decenni, sia chiaro – si possa affermare qualcosa che abbia a che fare con l’umanizzazione che per adesso abbiamo perduto o, più probabilmente, affidata a congelatori delle passioni che classificano i popoli in base agli interessi di alcuni centri di potere finanziario che si stanno comprando il lavoro e le economie reali, le produzioni ed i debiti sovrani, l’anima della gente e le loro memorie posto che alla fine della fiera non resterà più niente.
Questo è quello che accade quando la politica abdica, quando l’uomo, zoòn politikon, perde la sua natura e resta soltanto biologicamente “animale”, del quale, come è chiaro, tutto si può fare, perfino impiccarlo alle sue idee stravolte per puro compiacimento ludico e consumistico. Insomma, ci danno quel che vogliono facendoci credere di assecondare la nostra bramosia a prezzi sempre più cari. Ma in cambio ci tolgono l’amore per noi stessi riducendo le nostre vite ad un trogolo di consumatori che devono crescere (non si sa come) per aumentare il fatturato di chi se ne impossessa imprestando risorse finanziarie a tassi usurari.
Saranno contenti coloro che sostenevano la virtù della cessione di sovranità ad organismi acefali e crudelmente ostili ai popoli, anzi indifferenti alle loro ragioni? Lo credo bene.
Ogni giorno fanno affari con il nostro sudore e le nostre privazioni. E giocano quotidianamente ad impartirci lezioni di buon vivere senza neppure sospettare che quando la politica c’era e veniva vissuta con la passione che qualcuno probabilmente ricorda, si stava moralmente e spiritualmente meglio.
Hanno voluto imbrogliarci, insomma, gli stessi politici, purtroppo, facendoci credere che il nostro fine, l’essenza stessa della nostra vita non dovesse essere altro che il profitto, l’accumulo, l’avidità. Ed ora becchiamoci Standard & Poor,s, Moodys, Fitch e persino qualche agenzia orientale di rating che ci dicono quanto valiamo secondo loro e le loro bilancia starate. Facciamo i compiti che la Bce ci assegna e cerchiamo di farli bene se no, la bidella dell’Europa dei mercanti, nata e cresciuta nel favoloso mondo comunista della Ddr, ci viene a bacchettare. Speriamo che dalle parti del Fondo Monetario Internazionale non s’incazzino troppo di fronte alle nostre pretese e non ci trattino come hanno trattato lo Zambia, il Ghana, la Sierra Leone, il Burundi ed altri splendidi recinti dove la disumanità spietata trionfa a maggior gloria di un capitalismo senz’anima.
No, non prendetevela con Monti: dopotutto è stato chiamato a fare un po’ di pulizia nelle stalle dove la politica aveva messo tutto in disordine. Prendiamocela con noi stessi, ognuno per la parte che gli compete, per non aver capito dieci, venti o trent’anni fa quello che dei pazzi meravigliosi avevano capito ottanta, novanta o cento anni or sono. Leggetevi una pagina di Oswald Spengler. E buona notte.