La prima settimana di lavoro di Morsi è tutta una sopresa (restare vigili però)

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La prima settimana di lavoro di Morsi è tutta una sopresa (restare vigili però)

30 Giugno 2012

L’Egitto sembra essere passato indenne alla prima settimana retto dal presidente ‘Fratello musulmano’ Mohamed Morsi. Una settimana in cui l’uomo sembra aver compiuto i passi giusti. Innanzitutto ha deciso di nominare suoi vice una donna e un copto (i cui nomi non sono stati ancora resi noti): è la prima volta che ciò accade nella storia egiziana. Abdel Fattah, esponente di spicco del partito di Morsi, “Libertà e Giustizia”, ha spiegato che il neo-presidente egiziano lascerà a tutti coloro che ne abbiano la capacità, cristiani compresi, la possibilità di contribuire alla crescita del Paese in ogni campo: quello scientifico, quello amministrativo, quello economico, quello militare e della polizia.

Mercoledì 27 e Giovedì 28 Giugno Morsi, presso il palazzo presiden-ziale del Cairo, ha anche avuto incontri tutti sorrisi e cordialità con alcuni vescovi della Chiesa cattolica egiziana e con una delegazione della Chiesa ortodossa ( guidata ad interim dal vescovo Pakhomius, a seguito della morte dell’ ottantanovenne Papa Shenouda III, avvenuta il 17 marzo scorso).

Mohamed Morsi intende proporsi come “il presidente di tutti gli egiziani” e ha chiesto al “grande popolo d’Egitto” di “rafforzare l’unità nazionale”, affermando che musulmani e cristiani sono entrambi “fautori della civilizzazione e della costruzione dell’Egitto”. Tuttavia ha “dimenticato” di dire che l’unità nazionale è minacciata dagli integralisti islamici, che discriminano e perseguitano i veri autoctoni del Paese, i cristiani per l’appunto.

Questi ultimi, la maggior parte dei quali ha votato per Ahmed Shafiq alle elezioni, vivono in una condizione di incertezza e paura per quale sarà la loro sorte con un Fratello musulmano al potere: al di là delle belle e rassicuranti parole, “vogliono vedere i fatti” prima di giudicare Morsi, ha spiegato ad Asia News padre padre Rafic Greiche, portavoce della Chiesa Cattolica egiziana.

Poiché i cristiani ben conoscono le difficoltà che hanno sempre avuto con i Fratelli musulmani; ben sanno che i Fratelli musulmani fanno ampio uso della taqiya, la “dissimulazione”, il doppio linguaggio permesso dall’islam, per mostrarsi al mondo come “moderati”; i cristiani ben sanno che essi vogliono imporre la sharia, la legge islamica, nel Paese (peraltro il secondo articolo della Costituzione egiziana prevede già che nessuna norma possa contrastarla). Neanche Morsi ha fatto mistero di ciò: con lui dunque i cristiani dovranno convertirsi all’islam o pagare la jizya, oppure dovranno andarsene dalla loro terra (come in molti già fanno)?

Anche le prospettive per le donne non sono delle migliori (nonostante la nomina di una vicepresidente donna). Sintomatico di questo è il fatto che, sotto il regime di Mubarak, Morsi (che è stato anche in carcere per 6 mesi nel 2006 come oppositore) abbia compiuto una sorta di crociata moralizzatrice dei costumi, intendendo vietare la comparsa di nudi sui giornali, scene della tv considerate troppo osè, e abbia bollato il concorso di Miss Egitto come “contrari alle "norme sociali, alla sharia e alla Costituzione". Poco importa perciò che in campagna elettorale abbia promesso “niente velo obbligatorio per le donne” in caso di vittoria (anche perché sua moglie, Naglaa Mahmoud, sarà la prima first lady egiziana ad indossarlo).

Ora al mondo e all’Egitto non rimane che restare a guardare.