La Puglia ha ricevuto tanto dall’unificazione italiana
17 Marzo 2011
C’è una certa contraddizione nel celebrare l’Unità d’Italia scrivendone, come se ne sta facendo, da pugliese o da toscano, da siciliano o da lombardo, se non da nordista o sudista: un segno anch’esso triste ed inquietante di un’involuzione nel nostro sentimento nazionale, che non alla Lega e al federalismo prossimo venturo si deve imputare, ma semmai al regionalismo della prima Repubblica, contro il quale si batterono soltanto patrioti dimenticati come Malagodi ed Almirante. Ciò detto, anche soltanto da pugliese ho mille ragioni per festeggiare un evento epocale al quale i nostri avi parteciparono attivamente, e che a questa Regione e ai suoi cittadini ha comunque dato infinitamente più di quanto ha preso.
Anche la Puglia, come tutto il resto d’Italia, ha pagato un pesante tributo di sofferenze e di sangue alla causa dell’Italia unita e indipendente nella libertà degli italiani. A migliaia i suoi figli conobbero la persecuzione borbonica, dal martirio della Repubblica partenopea di Ciaia ed Albanese alle prigioni di Castromediano. Dal 1799 al 1848, la Puglia fu percorsa da crescenti movimenti liberali, in cui si mobilitò e spesso s’immolò la sua migliore gioventù, spesso anche costretta all’esilio. Migliaia di pugliesi, dopo avere liberato da soli le loro terre – senza in verità incontrare molte resistenze, a conferma delle condizioni agoniche in cui versava un regime che, da illuminato quale era nel Settecento, si era trasfigurato nel più reazionario d’Europa -, raggiunsero Garibaldi in marcia verso Napoli e parteciparono alle ultime, vittoriose battaglie della sua straordinaria impresa.
Un pugliese come Liborio Romano – ingiustamente calunniato dimenticando che era stato tre volte imprigionato per le sue ben note idee liberali e che aveva aderito per spirito di servizio all’invito di un giovane incolpevole Re, il quale aveva comunque concesso, sia pur troppo tardi, la Costituzione e adottato la bandiera tricolore – ricevette Garibaldi a Napoli garantendo (a differenza di quel che era avvenuto nel 1799 quando l’arrivo dei Francesi costò 8 mila morti) il più pacifico dei trapassi tra i due regimi. Egli non mancò anche di protestare apertamente con Cavour per la cattiva partenza dei suoi referenti locali, dimostrando di essere un uomo libero ed un servitore leale della sua Terra sotto qualsiasi regime. Suo fratello Giuseppe, come lui perseguitato ed esule e come lui deputato nella Camera che il 17 marzo 1861 proclamava l’Unità d’Italia, era mio trisnonno.
Un pugliese come Giuseppe Massari fu segretario di Cavour prima e di Vittorio Emanuele II poi, e non a caso anche l’estensore di una relazione al Parlamento sullo stato miserando in cui versavano le nostre classi più umili all’atto dell’Unità, con una valutazione del brigantaggio come frutto di queste intollerabili condizioni, peraltro del tutto pre-esistenti, come il brigantaggio medesimo, alla stessa unificazione dell’Italia.
Tutto questo non restò senza premio. La Ferrovia Napoli-Barletta, il cui progetto Re Ferdinando aveva tenuto per trent’anni nel cassetto perché “con i treni, viaggiano anche le idee”, fu appaltata da Garibaldi in persona nel suo breve interregno, nel 1864 Vittorio Emanuele II inaugurava a Foggia il tratto da Pescara e nel 1867 i treni avevano già raggiunto Taranto e Lecce. Nel 1865 il Consiglio Provinciale di Bari diede avvio, poi, alla straordinaria epopea che avrebbe dotato una Regione assetata del più grande Acquedotto d’Europa, felicemente risoltasi con una legge giolittiana, tenacemente voluta dal ministro barese Nicola Balenzano, che lo metteva a carico dello Stato, cosicché il 15 marzo 1915 l’acqua del Sele zampillò a Bari.
La Puglia è stata delle Regioni del Sud quella che più si è avvalsa della insuperabile spinta al progresso della rivoluzione liberale, grazie alle attitudini antiche all’intraprendenza e al lavoro di un Popolo che aveva dovuto sempre costruire da solo il proprio destino, caricandosi anche il peso di corti lontane quali quelle feudali, che a Napoli godevano dei frutti della nostra fatica. Non a caso è quella culturalmente più vicina alle Regioni più avanzate del Nord, tant’è che i pugliesi vi si integrano molto prima e molto meglio di quanto non facciano i loro vicini. Ed altrettanto non a caso è l’unica Regione del Sud in cui la mafia non sia fenomeno radicato di costume, tant’è che quella nostrana è nata soltanto nel 1980, è stata rapidamente sgominata e non è mai comunque entrata nell’anima della nostra gente.
Più “italiani” degli altri meridionali, abbiamo dimostrato di esserlo anche con il sangue dei nostri Caduti, come nella “Grande guerra” in cui i nostri nonni hanno difeso le frontiere settentrionali della Patria come se fossero le mura delle loro masserie. Il voto massiccio, quasi plebiscitario, dei pugliesi a favore della monarchia sabauda nel Referendum del 1946, è stata la prova più definitiva della loro condivisione dei sentimenti e delle ragioni dei loro Padri, che alla causa della Patria italiana avevano dedicato la loro esistenza. Piaccia o non piaccia.