La Puglia non è un’idea
11 Maggio 2011
di Gianni Donno
La convinzione che i governanti locali e nazionali, debbano avere una “visione”, un “progetto”, un’”idea” dello sviluppo delle diverse comunità, credo sia un modo di pensare che appartiene al passato e che ha dato ripetute pessime prove di sé. Basti rimanere nella Puglia. Federico Pirro ha ricordato ieri su queste colonne come le uniche idee qualificanti per lo sviluppo della Puglia siano state la riforma agraria degli anni Cinquanta e l’industrializzazione “per poli” degli anni Sessanta. Ma non è andato oltre. Avrebbe dovuto ricordare anche come sia l’una sia l’altra fecero fallimento, E sì può aggiungere: fecero fallimento non perché buone o cattive in sé, ma perche frutto di una visione dirigistica, programmatoria (potrebbe definirsi: sovietica), che nulla ha a che spartire con il libero sviluppo di una società o di una economia. Eppure, pur essendo ormai tutti diventati liberali, si continua a parlare di un’idea di fondo che le classi dirigenti dovrebbero avere (ed attuare) per i rispettivi territori.
Credo che questa cultura di governo tanto ricercata sia in verità obsoleta, perché è impossibile pensare di progettare lo sviluppo di una società complessa e, come la Puglia, fortemente differenziata. A parte la qualità del personale politico, chiamato a governate questa regione, mediamente bassa, è difficile che questa domanda possa rivolgersi agli intellettuali o agli economisti. Perché sia gli uni sia gli altri vengono in gran parte da quella “cultura del progetto”, che dette ripetute prove di velleitarismo e di utopismo. Quindi sarebbe più utile parlare meno di progetti generali, “idee di regione”, e di un futuro indeterminato, e ci si soffermi di più a parlare del presente. La politica, infatti, dovrebbe essere arte del governo della cosa pubblica, qui ed ora. Un esempio di quanto pericoloso sia realizzare un’”idea di Puglia” lo ha dato l’indirizzo ambientalista, con leggi sull’eolico ed il fotovoltaico. Non è esagerato dire che si è ottenuto l’esatto opposto con scempio del paesaggio, speculazione ed anche corruzione.
Un ceto di governo dovrebbe studiare l’esistente, quale viene formandosi dalla libera iniziativa e creatività dei cittadini, e lì favorire il miglior sviluppo di essa. La Puglia da diversi anni richiama flussi crescenti di turismo balneare? Migliorare, quindi, il settore in ascesa. Proteggere le coste dall’erosione, accrescere la viabilità e le comunicazioni con l’interno, potenziare i depuratori, favorire le iniziative strutturali. Ed invece si tende a spendere milioni di euro in sagre no-global, che alimentano il commercio da terzo-mondo e gratificano i piccoli ras del governo locale. Così come se i beni artistici ed architettonici richiamano, a loro volta, turismo, bisogna sostenere le attività di recupero degli immobili, creare itinerari culturali, promuovere attività di livello.
In conclusione: discettare sull’”idea dì Puglia”, che il governatore Vendola e la regione dovrebbero darsi, significa, tempo, restare ancora una volta pervicacemente estranei rispetto alla realtà. Essa va in molteplici direzioni e volerla ridurre ad un’Idea portante rischia dì essere solo un bello sport per intellettuali nostalgici.
(Tratto da Corriere del Mezzogiorno)