La realtà è che nè Kofi Annan nè l’Onu otteranno alcun risultato con Assad

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La realtà è che nè Kofi Annan nè l’Onu otteranno alcun risultato con Assad

14 Aprile 2012

Alle 6 del mattino di Giovedì 12 Aprile scorso si era finalmente giunti a una tregua in Siria, dopo più di un anno di sangue (iniziato il 15 marzo 2011) che, secondo le stime Onu, ha causato circa dieci mila morti. Neanche il tempo dell’annuncio, che già dopo qualche ora ci sono già state violazioni del cessate il fuoco voluto dai partecipanti alla conferenza dei “Friends of Syria”, tenutasi il 1° aprile ad Istanbul e capeggiata dal mediatore delle Nazioni Unite e della Lega Araba Kofi Annan.

L’ambasciatore siriano Bashar Ja’afri ha riferito che un ufficiale militare è rimasto ucciso e 24 persone ferite ad Aleppo, dove un autobus è esploso, mentre altre tre persone sono morte nella zona di Hama, città della Siria centrale, a poco più di 50 km a nord di Homs, uno delle città simbolo degli scontri di quest’ultimo anno.

Il regime di Damasco ha accusato i rivoltosi di ben otto violazioni dell’accordo Annan, mentre ’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, con sede a Londra e facente capo alle organizzazioni politiche e militari che si oppongono al regime di Bashar al Assad, ha denunciato proprio ieri l’uccisione di 11 civili da parte delle forze armate governative.

Non stupisce che il governo di Damasco non risponda come ci si sarebbe aspettati al cessate il fuoco: il governo siriano di Damasco non è neanche stata invitato alla conferenza di Istanbul (ma in effetti a che pro invitarla, viste le immutate posizioni di Bashar Al-Assad?) e non si è neanche mai arrivati ad un reale accordo tra il regime e gli oppositori (l’uno rimane deciso a continuare la repressione, gli altri a proseguire la rivolta, pur nelle divisioni interne).

C’è voluta la Russia, storica alleata degli Assad in tandem con il governo della Repubblica Islamica iraniana, per imporre una “fragile calma”, come l’ha definita Susan Rice, ambasciatrice americana alle Nazioni Unite e attualmente presidente di turno Consiglio di Sicurezza al Palazzo di Vetro.

L’opposizione siriana, appoggiata anche militarmente dalla Turchia e dalle monarchie petrolifere del Golfo ( in primis Arabia Saudita e Qatar) riunite nella Lega Araba, è scettica sul fatto che la tregua possa reggere. D’altra parte, anche l’atteggiamento del premier turco è ambiguo: infatti se da un lato Erdogan consente il passaggio della frontiera ai profughi siriani, dall’altro ospiterà nella giornata di oggi il governo iraniano per una conferenza sul nucleare (a cui parteciperanno anche emissari del governo statunitense), il che non preannuncia certo nulla di buono per la stabilizzazione della regione e neanche della stessa Siria.

Dal canto suo, l’Iran continua a sostenere Damasco, una posizione che ha acuito le tensioni tra sciiti persiani e sunniti arabi, tensioni che si erano in parte ricomposte a partire dal 2005 con la sostanziale alleanza araba con il gruppo sciita libanese Hezbollah contro Israele.

Assad nel frattempo spera in una legittimazione da ottenere con le prossime elezioni parlamentari previste per il 7 Maggio prossimo in Siria.

Di fatto, nulla è stato in verità risolto e la situazione è resta tesa. Infatti Kofi Annan è tornato in queste ore a chiedere al Consiglio di Sicurezza dell’Onu di esercitare nuove pressioni sul governo centrale di Damasco. E a poco varranno i tentativi di ‘buoni offici’ intrapresi dal governo norvegese che lo scorso 13 Aprile ha inviato un proprio graduato, il generale Robert Mood per cercare di concordare l’invio di osservatori internazionali. Una trentina entro 48 ore (per cominciare) e gli altri 300 tra qualche settimana. Un’eternità per la Siria insanguinata, tanto che anche il ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi, dal G-8 di Washington, ha chiesto una “missione di ricognizione”, come da richiesta da Annan, per dare poi il via libera a quella dell’ONU.