La Regione Abruzzo alla prova delle “Pari Opportunità”
24 Febbraio 2012
di V. S.
Donne sempre più protagoniste, nei fatti e nel concreto. Ma sempre più in difficoltà e sempre ingiustamente relegate ai margini della vita pubblica. Una situazione che negli ultimi tempi è sotto i riflettori e che sembra finalmente destinata a cambiare. Non solo a livello nazionale, ma anche a livello locale. Per esempio in Abruzzo, dove già da mesi le donne sono al lavoro per elaborare proposte e trovare una soluzione al deficit di rappresentanza. L’occasione propizia è la modifica della legge elettorale regionale. Che però sarà discussa già a partire dai prossimi mesi.
Il tempo quindi stringe. E così in questi giorni si stanno susseguendo incontri e tavoli di lavoro. Come quello che la Commissione Pari Opportunità regionale ha organizzato con le consigliere di Parità provinciali e con le componenti delle Commissioni Pari Opportunità comunali e provinciali. L’obiettivo è chiaro: definire la proposta per il riequilibrio delle rappresentanze di genere e per concordare un programma di iniziative per la raccolta delle firme a supporto di tale proposta. Già fissata anche la data per l’inizio della raccolta firme. Si parte il 15 marzo fino al 30 maggio 2012.
La tabella di marcia prevede incontri programmati sul territorio con associazioni di donne, con le rappresentanze sindacali e di categoria, con il mondo della scuola, nei luoghi di lavoro e di aggregazione. Mentre tra le proposte da inserire nella nuova legge elettorale regionale ed elaborate dalla Commissione Pari Opportunità ci sono l’obbligo della presenza in lista del 50% di donne, con i candidati e candidate in posizione alternata; la possibilità per l’elettore di esprimere, nelle apposite righe della scheda, uno o due voti di preferenza, scrivendo il cognome ovvero il nome ed il cognome dei due candidati compresi nella lista stessa.
Nel caso di espressione di due preferenze, una deve riguardare un candidato di un genere e l’altra un candidato dell’altro genere della stessa lista, pena l’annullamento della seconda preferenza. E ancora, sanzioni come l’inammissibilità delle liste o delle candidature, per il mancato rispetto della quota del 50% delle donne in lista, con l’eventuale alternativa, nel caso di liste proporzionali, della riduzione d’ufficio del numero dei candidati del genere sovra rappresentato; infine, la ‘par condicio di genere’ per l’accesso ai mass media in campagna elettorale e un sistema di incentivi e di sanzioni sui rimborsi elettorali ai partiti a sostegno delle candidature e della elezione di donne.
Inoltre nella proposta della Commissione si fa richiesta che durante la campagna elettorale per l’elezione del Consiglio Regionale i soggetti politici debbano garantire la presenza di donne candidate alla carica di consigliere regionali in misura proporzionale al 50% del tempo riservato al soggetto politico da ciascuna emittente. Inoltre, i messaggi autogestiti previsti dalla vigente normativa sulle campagne elettorali devono evidenziare la presenza di donne candidate alla carica di consigliere regionali nelle liste presentate dal soggetto politico che realizza il messaggio.
Donne in campo, dunque, per quelle che vengono definite azioni positive. Un cammino non facile, ma necessario che però ha a monte una questione più profonda: è necessario cambiare prospettiva e trovare il modo di far uscire le donne dalle mura domestiche. Di certo bisognerebbe partire dai servizi e da una organizzazione del lavoro che consenta una migliore conciliazione tra vita e lavoro. Tradotto in “buone pratiche” significherebbe aumentare gli asili nido, ricorrere maggiormente al part-time e ai congedi parentali condivisi. E ancora pensare a detrazioni fiscali da concedere alle donne che lavorano e sono costrette a delegare il lavoro di cura della casa. Insomma, per “rivoluzionare” ruoli ingessati basterebbe davvero poco. L’ostacolo maggiore, infatti, è nella mentalità, che fatica a cambiare. Perché non occorre inventare nuovi ruoli, ma rimodulare quelli esistenti. Così le donne potranno avere una famiglia, senza per questo dover rinunciare alla carriera.