La rete delle spie iraniane in Europa
22 Maggio 2007
In Iran il regime degli ayatollah e di Mahmoud Ahmadinejad ha deciso di usare la mano dura. Anzi durissima. La paura è quella di un movimento di massa che rovesci il loro potere. La resistenza armata iraniana in esilio a Parigi, cioé la People mojaheddin organization of Iran (Pmoi), che fa parte del Consiglio nazionale della resistenza iraniana (Cnri), ha infatti appena pubblicato un documento di 13 pagine che rivela i nomi delle spie iraniane in Europa, tra cui una cittadina inglese, e le Ong cui si appoggiano per fare contro-informazione nei confronti degli esponenti della resistenza stessa.
La cosa è stata resa nota ieri dalla Unacr, un’organizzazione internazionale i cui membri fanno parte del “pacemaker group” delle Nazioni Unite. Poi è stata diffusa in rete dal blogger “Secondoprotocollo” nella piattaforma di Radio Radicale che si chiama “Fainotizia”.
Venerdì e sabato a Teheran ci sono quindi stati scontri di piazza dove poliziotti hanno arrestato non meno di cento persone pestandone a sangue altrettante. Il sito della resistenza iraniana ha diffuso in rete oltre 15 foto di questi pestaggi.
Secondo dati ufficialmente comunicati all’agenzia di stampa MERH da Gholam Ali-Haddad-Adel, presidente del Majilis (il parlamento iraniano) e dal comandante delle Forze di Sicurezza dello Stato, generale Ismail Amhadi-Moghadam, sarebbero state circa centocinquantamila le ragazze fermate per la strada, al volante delle automobili, sugli autobus, all’ingresso delle scuole e dei posti di lavoro. Le ragazze arrestate vengono caricate su pullman guardati a vista dai poliziotti, e direttamente condotte in prigione “per violazione del codice d’abbigliamento e turbamento della vita privata e sociale”
La vera notizia però è la pubblicazione del dossier che contiene nomi, cognomi, recapiti di aziende e persino Ong legate al potentissimo MOIS (il Ministero dell’Intelligence e della Sicurezza). Il fatto più preoccupante che emerge dalla lettura di questo rapporto, che è al vaglio dei servizi europei, è la vastità della rete europea e i mezzi a sua disposizione.
Il MOIS punta a eliminare la resistenza iraniana direttamente in Europa adottando tecniche classiche, che vanno dal rapimento all’omicidio, fino all’uso raffinato dei mezzi di comunicazione attraverso società e testate costituite ad hoc per denigrare la resistenza iraniana e contrastare così la sua espansione, sempre più evidente e pericolosa per il regime dei Mullah.
Peraltro il Pmoi che dispone di 30 mila armati ai confini tra l’Iran e il Kurdistan, benché inserita tra le formazioni terroristiche su input di Teheran dopo l’11 settembre 2001, è ampiamente tollerata e forse finanziata da americani ed europei. La Ue recentemente ha proposto di toglierla dalla black list e loro, gli interessati, si definiscono islamici moderati e democratici.
Ed ecco i nomi delle “spie” iraniane in Europa pubblicato nel dossier in questione: Mohammad Hussein Sobhani, Ali Akbar Rastgou, Saeed Shahsavandi, Adam Tayebi, Abbas Sadeghi, ali Ghashghai, Farad Javaheriyar, in Germania; Karim Haghi, Hadi Shams Haeri, Mohammad Reza Eskendari, Gholam mehdi GholiM ;asoud Jabani e habib Khorami, Olanda; Rabea Shahrokhi, Mitra Yousefi, Batoul Armadi Parvaneh, Nasser Rezvani, rasoul Mohammadi Nejad, Svezia; Jafar Baghalnejad, Ali Reza Bashiri, Hassan Khalaj, Norvegia; Hassan Sadeghiyan, Danimarca; Javad, Firouzmand, Mohsen Abbaslou e Behzad Alishai, Francia; Masoud Khodabandeh e Anne Singleton in Khodabandeh, Gran Bretagna.
Per ognuno di loro nel dossier è contenuta una breve descrizione delle proprie azioni di contro informazione. Il caso più eclatante è quello dell’inglese Anne Singleton che militava nel Pmoi e che poi ha tradito i propri compagni di lotta. La donna, secondo la testimonianza di un ex deputato inglese del partito di Blair, Win Griffiths, organizzava in America e Inghilterra, tramite la ong del marito Masoiud Khodabandeh, la Iran interlink, conferenze stampa che denunciavano i metodi terroristici e la violazione dei diritti umani da parte dei guerriglieri anti Ahmadinejad.
E molti le davano anche retta. “Poi però – ha scritto l’ex deputato di ritorno da un viaggio umanitario a Teheran nel 2004 per conto del Parlamento inglese – quale non fu la mia sorpresa nel trovare Ann Singleton Khodabandeh nella prigione di Evin che sedeva nella sala vicina a quella degli interrogatori aspettando il mio incontro con le autorità della prigione..le chiesi chi era e lei mi rispose di essere Anne Singleton, a quel punto realizzai che in pratica c’era una donna inglese che mi aspettava nella sala dei colloqui di una prigione iraniana e mi chiesi che diavolo di situazione fosse mai questa?”
La situazione in realtà era molto semplice, secondo le fonti della resistenza iraniana: l’inglese moglie di un iraniano che aveva fatto parte della resistenza anti Khomeni era stata reclutata insieme al marito dal Mois e nelle carceri dove si torturano gli oppositori di Teheran era di casa come consulente. E siccome era prevista la visita di una delegazione britannica, il deputato del partito di Blair trovò lei ad attenderlo per le pubbliche relazioni del caso.