La riduzione del cuneo fiscale serve ma sarà graduale
10 Novembre 2022
“Imprese e lavoratori chiedono da tempo, come priorità non rinviabile, la riduzione del cuneo fiscale e contributivo. L’eccessivo carico fiscale sul lavoro è uno dei principali ostacoli alla creazione di nuova occupazione e alla competitività delle nostre imprese sui mercati internazionali”. Parole e musica di Giorgia Meloni che, lo scorso 25 ottobre, nel discorso di insediamento alla Camera dei Deputati, ha evidenziato l’urgenza della riduzione del cuneo fiscale e contributivo.
L’alleggerimento del peso delle tasse sul lavoro comporterebbe benefici immediati: salari più alti, rilancio dei consumi, più potere d’acquisto. Nel corso della campagna elettorale, la coalizione di centrodestra aveva speso fortemente il tema, come epicentro delle politiche a favore del rilancio occupazionale. Meno tasse per chi assume, più opportunità di lavoro in un mercato depresso e immobile.
E ora che la prima manovra di bilancio dell’era Meloni si avvicina a grandi passi?
La premier ha deciso di avviare il percorso che porterà alla definizione del documento convocando le parti sociali a Palazzo Chigi e rilanciando, con Cgil, Cisl e Uil, una nuova stagione di dialogo.
Riduzione del cuneo fiscale a vantaggio dei lavoratori ma anche una politica industriale che non si limiti ad affrontare l’emergenza i principali temi oggetto del confronto avvenuto ieri tra Meloni e i leader sindacali.
Un’interlocuzione che guarda naturalmente anche a Confindustria. Resta infatti sul tavolo la proposta degli industriali di “un taglio da 16 miliardi per i redditi sotto i 35 mila euro, due terzi a favore dei lavoratori e un terzo alle imprese con cui mettere in tasca 1200 euro netti in più per ogni dipendente”.
Nel 2020, il cuneo in Italia era pari al 46,0% del costo del lavoro, tra i più elevati nell’area dei paesi avanzati (34,6% la media Ocse). “Il taglio contributivo proposto, – sottolineano da viale dell’Astronomia – se realizzato solo sui redditi fino a 35 mila euro, farebbe scendere il cuneo sul lavoro a 42,1%, avvicinandolo a quello medio nell’Eurozona (41,7%).
La ministra del Lavoro, Marina Calderone, ha sostenuto, in un intervento lo scorso 5 novembre all’assemblea di Federmeccanica, che “una riflessione profonda va fatta sull’incremento del potere d’acquisto delle retribuzioni” e ha sottolineato che questo e la riduzione del cuneo fiscale e contributivo “devono essere obiettivi raggiungibili in tempi brevi”.
Dalla teoria ai fatti. In questo momento, appare praticamente impossibile ipotizzare che, nel 2023, si possa procedere a una riduzione che vada verso i 5 punti percentuali. Vista la linea prudente e l’attenzione ai conti che filtra dal Governo, ministro Giorgetti in primis, sembra più verosimile che la premier voglia puntare a un primo aumento parziale degli stipendi, da incrementare possibilmente nel corso degli anni.