La riforma della giustizia  infiamma il Senato

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La riforma della giustizia infiamma il Senato

13 Luglio 2007

Che aria tira in Senato? “Non lo so, ho alzato il dito (medio, ndr) ma non ho sentito il vento…”. Lontano qualche centinaio di chilometri, Silvio Berlusconi ci scherza su. Ma Cinzia Bonfrisco, senatrice di Forza Italia destinataria del poco elegante gesto da parte del collega diessino Goffredo Bettini, di ridere non sembra avere proprio alcuna voglia.

La bagarre che ha incendiato Palazzo Madama è esplosa nel pieno del dibattito sulla riforma dell’ordinamento giudiziario, approvata dalla camera alta col voto determinante dei senatori a vita e il conseguente abbandono dell’aula da parte della Cdl. Mentre l’ex pm di “Mani pulite” Gerardo D’Ambrosio pronunciava il suo intervento evocando l’indipendenza della magistratura, la Bonfrisco si è rivolta verso di lui dicendo: “Assassino, oggi è il tuo giorno”, per poi spiegare: “Ovviamente la mia non è un’offesa personale ma è un’accusa politica legata a ciò che il pool di Milano ha fatto quindici anni fa, spazzando via un’intera classe dirigente con quello che per me può essere paragonato a un vero e proprio colpo di stato. In molti, e anch’io, dovrebbero chiedere scusa a quei magistrati di essere ancora vivi”.

Nel frattempo, dai banchi dell’Unione, un dito medio si sollevava in direzione degli avversari. Quello del veltroniano Goffredo Bettini, autentico king-maker del sindaco di Roma e senatore della Quercia. “Bettini ha alzato il dito medio verso di me – ha denunciato la Bonfrisco -. Bella dimostrazione di sensibilità. E mi dispiace che nessuna delle colleghe della maggioranza abbia detto niente. Se un senatore del mio partito avesse fatto una cosa del genere sarei stata la prima lanciargli una scarpa”.

E invece dalle donne dell’Unione non una parola. Solo Rosa Calipari ha aperto bocca, ma per esprimere – come altri colleghi uomini – solidarietà a D’Ambrosio. Di opposto tenore le dichiarazioni delle parlamentari di Forza Italia, a cominciare da Chiara Moroni (“nelle parole appassionate della collega, che indubbiamente risentono di un clima poco sereno che si vive al Senato, ci sono condivisibili e fondate accuse politiche”), deputata e figlia del socialista Sergio Moroni evocato da Cinzia Bonfrisco nell’esplicitare le ragioni “del mio giudizio politico, certo molto pesante ma ben consapevole”: “Conoscevo Sergio Moroni – ha detto la senatrice -, sono stata al suo funerale dopo che si era sparato un colpo di pistola in bocca”.

Al Ds Esterino Montino che chiedeva “pesanti sanzioni” da parte della presidenza del Senato, l’esponente azzurra ha replicato con l’ironia: “Se per le parole grosse che talvolta possono volare nelle aule parlamentari dovesse esserci una graduatoria, allora Pajetta avrebbe dovuto essere spedito agli arresti domiciliari”. A Bettini, che in una nota ha negato che il suo “gesto di rabbia” fosse rivolto alla Bonfrisco bensì “ad alcuni colleghi dell’opposizione”, la senatrice ribatte che “lui non dovrebbe sedere in quest’aula, perché ha dimostrato il ritorno della volgarità e dell’arroganza nell’esercizio del proprio ruolo”.

Quanto alle colleghe della sinistra, la parlamentare di Forza Italia ne ha “registrato con grande tristezza il silenzio, una reazione offensiva nei confronti di qualsiasi donna si fosse trovata al mio posto”. “Probabilmente – spiega la Bonfrisco – sul ruolo della magistratura nella storia del nostro Paese io ho una sensibilità maggiore rispetto ad altri, perché ricordo una classe politica spazzata via dalla politica e talvolta anche dalla vita. E ricordo anche di essere stata tenuta in galera per quarantacinque giorni per poi essere scarcerata dal tribunale della libertà, rifiutare ogni patteggiamento, affrontare il processo, essere assolta e risarcita dallo Stato. Per affrontare tutto questo ci vogliono tanta forza e valori che qualche collega della sinistra probabilmente neanche conosce. Quanto al dibattito di questi giorni – conclude la senatrice -, ritengo che quando un magistrato richiama gli altri all’indipendenza dell’autorità giudiziaria, non può sottrarsi al giudizio, che tutti possono esprimere, su quanto questa indipendenza sia effettiva”.