La riforma della giustizia si farà ma senza separazione delle carriere

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La riforma della giustizia si farà ma senza separazione delle carriere

05 Febbraio 2009

La riforma per la giustizia penale è pronta e approderà domani in Consiglio dei ministri. I tecnici della maggioranza stanno lavorando di comune accordo con il ministro Alfano in questa direzione. Gli ultimi due giorni sono stati fitti di impegni per limare gli ultimi punti del testo della legge e non è detto che anche oggi stesso vengano apportate ulteriori modifiche. A sentire gli esponenti del governo c’è una condivisione generale sulla riforma. Ma non sarà un riforma perfetta, infatti nel Cdm di venerdì non verrà discusso nulla in merito alla separazione delle carriere. Rimane quindi al palo uno dei punti sui quali il premier spingeva tanto. Il motivo? Per procedere servirebbe una modifica costituzionale con un iter troppo lungo di cui nemmeno gli alleati sono troppo convinti: hanno infatti un sapore strano quelle affermazioni fatte da leghisti ed esponenti di An che, proprio su questo punto, hanno affermato che sì la separazione delle carriere “è un qualcosa di necessario, ma non è certo la madre di tutti i problemi”.

Cosa prevede la riforma in procinto di essere approvata? Ci sarà l’allargamento delle competenze della Corte di assise ai reati di maggiore allarme sociale, a cominciare da quelli di mafia, l’ elezione diretta dei pm onorari attraverso persone altamente qualificate appartenenti al circondario, una maggiore autonomia e poteri di indagine per la polizia giudiziaria. Snellimento delle procedure con notificazioni e comunicazioni giudiziarie per via informatica. Dal testo resta fuori la parte relativa alla cosiddetta messa alla prova, che era già stata esaminata all’interno della maggioranza nei giorni scorsi. Il Carroccio canta vittoria, perché ha ottenuto una netta distinzione dei ruoli tra pm e polizia giudiziaria, che potrà fare indagini fino all’acquisizione della notizia di reato . Da parte sua l’opposizione, per bocca di Fassino, apre al dialogo sulla riforma purché, ha sottolineato il ministro ombra del Pd, “non sia persecutoria contro le toghe”. Che ci fosse una apertura sostanziale non sorprende. Per chi è abituato alle dietrologie del palazzo è la conferma dell’accordo sul doppio binario “riforma giustizia – legge elettorale”. Il Pd incassa lo sbarramento al 4% alle europee, grazie al quale potrà fiaccare ulteriormente la sinistra radicale e quindi mettersi al riparo da eventuali sciagure elettorali, e di contro apre al dialogo con la maggioranza sulla giustizia.

Rimane da affrontare il passaggio, volontario o obbligatorio che sia, dalla funzione di pubblico ministero a quella di giudice e viceversa. Un caso su tutti ha fatto riflettere il ministro Alfano su questo argomento quando si è trovato a dover firmare i provvedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati coinvolti nello scontro tra procure di Catanzaro e di Salerno. Secondo la legge infatti i magistrati
“puniti” hanno diritto ad essere trasferiti al distretto giudiziario più vicino alla sede di lavoro precedente o alla residenza anagrafica e assegnati alla funzione disponibile.

Proprio per questo motivo Luigi de Magistris è stato trasferito a Napoli e da pubblico ministero è stato comandato nella funzione disponibile in quel momento, ritrovandosi così giudice del tribunale del riesame di Napoli. Un caso questo che ha spinto un quotidiano attento a queste vicende come Italia Oggi dello scaltro Bechis a titolare in prima pagina: “Giustizia, niente riforma” e chiosare il fondo con queste righe amare, “ Per un cittadino resta incomprensibile sentir dire che un Pm non è equilibrato e poi sapere che viene punito facendogli fare il giudice. Impedirlo è la sola urgenza”. Per ora quindi difficilmente carriere e ordini verranno separate, fondamentalmente perché non c’è tempo. Ma rimane sempre un vecchio obiettivo del Cavaliere e, assicurano fonti vicine a palazzo Chigi, tornerà ad affrontarlo come avrà modo.