La riforma elettorale detta i tempi dell’agenda politica

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La riforma elettorale detta i tempi dell’agenda politica

12 Dicembre 2007

La riforma della legge elettorale continua a dettare i tempi
dell’agenda politica e soprattutto a influenzarne gli umori.

Nella maggioranza la discussione sulla riforma si è fatta sempre più aspra al punto che
oggi i gruppi minori dell’Unione hanno minacciato il blocco dei lavori sulla
legge Finanziaria in assenza di una data precisa per il vertice del
centrosinistra che dovrà chiarire le rispettive posizioni sulla legge
elettorale.

Situazione che ha ritrovato un po’ di calma solo dopo l’annuncio del capogruppo
alla Camera del Pd, Antonello Soro, che ha comunicato come  il super vertice sarà convocato per il
prossimo 10 gennaio.

Nel frattempo, però, i “cespugli” affilano le armi per la
riunione della Commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama di mercoledì
prossimo dove sarà messa in votazione la bozza Bianco: un voto ad alto rischio.

Ma anche nel
centrodestra si registra un grande fermento, come conferma la riunione dei
capigruppo al Senato proprio per trovare una posizione comune in vista delle
prossime scadenze in Commissione. Fuori il Palazzo, intanto, l’attività ferve.

Il leader di An, Gianfranco Fini, ha partecipato a Palazzo Wedekind ad un incontro
con Walter Veltroni proprio sul tema delle riforme. In realtà un confronto aspro
più che un semplice incontro, che è servito soprattutto ad evidenziare le
differenze tra i due segretari. Divisi su tutto. A conferma di quanto l’incontro
di tre settimane fa alla fine sia andato male.

In particolare, a dividere i due, è il
tema del vincolo di coalizione e la scelta preventiva del premier. Per Fini
elementi necessari e che dovrebbero essere inseriti all’interno della nuova
legge elettorale, così da rendere “impossibile il passaggio tra un fronte e l’altro
una volta eletti e una chiara indicazione del premier”. Ma è soprattutto sulla indicazione
preventiva del premier che Fini rilancia considerandola “una questione
dirimente”. Da qui il rifiuto della bozza
Bianco.

Più sfumata la valutazione
di Veltroni, il quale non disdegna la bozza Bianco. e che sulla questione
indicazione del premier e vincolo di maggioranza parla di eventuale “obbligo
politico” ma non legale.

Ma a dividere di netto i due è soprattutto la
questione referendaria come proprio lo stesso Veltroni durante l’incontro fa
notare: “La differenza tra me e te è che tu pensi che il referendum sia una
soluzione, per me non lo è. Per il semplice motivo che spinge a fare due grandi
partiti che portano dentro le stesse contraddizioni che oggi hanno al loro
interno le coalizioni”.

Referendum a cui Fini guarda con interesse tanto da
invitare lo stesso Veltroni a sostenerlo. Appello che chiaramente il sindaco di
Roma non ha raccolto rispondendo piuttosto con una sorta di previsione:
“Solo se si fa la legge elettorale si riusciranno a fare le riforme, altrimenti
la legislatura scivolerà, perchè ci sarà chi non vuole fare il referendum e farà
la crisi, non noi. E ne vedremo di tutti i colori”.

Nel centrodestra non è solo Fini ad essere attivo. Anche Casini non disdegna incontri e soprattutto pranzi. Come quello con i rappresentanti delle cooperative “bianche”. Occasione che non
gli ha impedito di uscire allo scoperto sulla bozza Bianco spiegando che “si
deve modificare”. Dichiarazione che suona come una preferenza per “il
modelloTedesco”. E a chi gli domanda se questo sistema non favorisca troppo la
frammentazione politica l’ex presidente della Camera ribatte che così si evita
“la frammentazione in una miriade di piccoli partiti che rappresentano elementi
di confusione e degenerazione del sistema. Lo sbarramento al 5 per cento ci
garantisce da questo rischio”.

Non rimane fuori dal dialogo sulla legge elettorale nemmeno
Silvio Berlusconi che ribadisce la sua volontà di “dialogo ed a trattare purchè
tutto in tempi ben precisi”. Nella mente del Cavaliere però c’è sempre
l’obiettivo di una riforma per andare subito dopo al
voto. Mentre sulla scelta del modello non si sbilancia tracciando solo un
quadro molto generico: “Una legge proporzionale con uno sbarramento dignitoso
che faccia sì che i piccoli partiti si uniscano insieme per formare uno
schieramento più grande”. Senza dimenticare l’indicazione preventiva delle
alleanze che per Berlusconi rimane “una conquista che non va dimenticata”.

Grande fermento sia a destra sia a sinistra insomma, dove almeno per ora nessuno vuole
scoprire le carte e limitandosi a delimitare il proprio campo.

Intanto già
mercoledì prossimo dovranno essere prese le prime decisioni e solo allora il quadro
sarà più chiaro. Dal voto della Commissione si capirà quale strada prenderà la
riforma del sistema elettorale. E se davvero ci sarà.